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Sul blocco degli sfratti, in tutta Italia imperversa la polemica!
Danese, Benelli, Fucito, gli assessori alle politiche abitative delle tre città più popolate d'Italia, rispettivamente Roma, Milano e Napoli, chiedono al governo Renzi una proroga al blocco degli sfratti, assente nel decreto Milleproroghe del 31 dicembre 2014.
Secondo gli assessori sarebbero ben 40mila le famiglie a rischio, un dramma sociale di vastissima portata.
E ancora, proseguono, sollecitando una riunione urgente della consulta della casa dell'Anci affinché ci sia una reale presa di coscienza sull'annosa questione.
Ogni giorno si contano circa 140 sfratti, dicono gli assessori, che si fanno portavoce di un appello collettivo al fine di uscire dalla logica di emergenza, una situazione che metterebbe a rischio sfratto esecutivo tra le 30mila e le 50mila famiglie in tutta Italia.
Secondo le statistiche, una sentenza di sfratto colpisce una famiglia ogni 335; tuttavia, escludendo coloro che hanno casa di proprietà e gli assegnatari di alloggi pubblici, questo dato implica che ogni anno nel nostro Paese una sentenza di sfratto, spesso per morosità incolpevole, tocca una famiglia su quattro.
Non tarda a venire la replica del governo, attraverso la voce del ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Maurizio Lupi che giustifica il mancato rinvio con lo stanziamento di fondi per 446 milioni di euro, di cui 200 milioni per gli affitti e 226 per la morosità incolpevole, oltre ai 400 milioni previsti per ristrutturazioni e finalizzati quindi a risolvere la rovente questione dell'emergenza abitativa.
Il Ministro ribatte: non è drammatizzando che si risolvono i problemi. Non bisogna confondere casi generalizzati di sfratto con quelli per cui veniva concessa la proroga, che si applicava ai nuclei familiari in possesso di determinati requisiti: reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro; che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni; malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purchè non siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
È bene chiarire che non può esserci indifferenza nei confronti di un problema così serio, di una crisi generale che investe tutti i settori e del diritto sacrosanto ad avere un tetto sopra la testa.
Ciò detto, viene da chiedersi come mai nessuno pensa a salvaguardare i diritti dei proprietari di casa. La continua violazione dei contratti di affitto altro non è che una violazione della legge e del diritto di salvaguardare la proprietà privata.
Questo atteggiamento di leggerezza, se non addirittura di indifferenza nei confronti dei proprietari, non fa che acuire le problematiche di un settore, quello immobiliare, già ai piedi di Pilato.
Non bastavano crisi e Imu; a rigirare il coltello nella piaga ci pensa una politica abitativa decisamente scoraggiante e mortificante nei confronti di chi si è sacrificato una vita intera per l'acquisto di un immobile, senza avere una garanzia di tutela su quest'ultimo.
Bisogna tra l'altro considerare che molte persone investono nell'acquisto di una proprietà potendo contare in parte sui risparmi di una vita e in parte sull'accensione di un mutuo, le cui rate andranno pagate anche con i proventi del canone mensile.
Senza contare poi gli anziani che hanno investito i risparmi in una seconda casa e hanno attualmente bisogno del reddito derivante dalla locazione per poter sopravvivere.
A queste persone, violate nella loro proprietà, senza una protezione politica alle spalle, controcorrente rispetto a un populismo diffuso, chi ci pensa?
Un contratto di affitto è per definizione un accordo sottoscritto tra due parti, il proprietario e l'inquilino, affinché quest'ultimo possa usufruire per un determinato periodo di tempo dell'immobile, in cambio del pagamento di un canone o corrispettivo mensile.
La legge italiana prevede la possibilità di stipulare differenti tipologie di contratto, per ognuna delle quali ciò che resta invariata è la funzione del contratto, ovvero quella di garantire il rispetto dei termini e delle modalità stabilite, il tutto secondo la normativa specifica vigente in Italia.
Un tale atteggiamento di superficialità nei confronti delle politiche abitative porta a conseguenze gravi, non solo sotto il profilo strettamente economico ma in primis giuridico e sociale poiché si corre il rischio di trasformare un contratto, la cui funzione è quella di tutelare i contraenti e limitare atteggiamenti arbitrari, in un inutile pezzo di carta.
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