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Azione di rivendicazione

L'azione di rivendicazione, esperibile senza limitazioni di tempo, fatta salva l'usucapione, consente al proprietario di escludere gli altri dal godimento del bene.
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Proprietario della cosa e poteri di tutela


Il proprietario, dice l'art. 832 c.c., ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.

ProprietàAl concetto di cose è strettamente legato quello di bene, ossia ciò che può formare oggetto di diritto. I beni, ci dice la legge, sono mobili e immobili o materiali ed immateriali (per questi ultimi si pensi ai brevetti delle opere dell'ingegno).

In ambito giuridico chi è proprietario di una cosa è in verità titolare del diritto di proprietà sulla medesima.

Il possesso del bene, ossia l'averlo a disposizione materialmente, è altra cosa sempre disciplinata dal codice civile (cfr. art. 1140 c.c.)

In ogni caso il proprietario del bene ha diritto di porre in essere tutte quelle azioni utili e necessarie a tutelare il proprio diritto: tra di esse spicca l'azione di rivendicazione.

Si tratta di un'azione prevista dal Capo VI del Titolo II del Libro III del Codice civile a difesa della proprietà ed è disciplinata dall'art. 948 c.c., che recita:

Il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e può proseguire l'esercizio dell'azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal caso il convenuto è obbligato a ricuperarla per l'attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno.

Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.

L'azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell'acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione.


Aspetti pratici dell'azione di rivendicazione


Partiamo dall'ultimo comma che esprime il concetto più importante: l'azione di rivendicazione della proprietà di un bene è imprescrittibile: chiaramente poiché il passaggio del tempo produce effetti giuridicamente rilevanti in merito alla possibilità di acquistare la proprietà dei beni, il codice civile fa salvo l'effetto dell'usucapione.

Insomma se è vero che il proprietario può rivendicare la titolarità del diritto anche dopo trent'anni, è altrettanto vero che chi lo possiede può, se del caso, eccepire l'intervenuta usucapione.

Azione di rivendicazioneL'azione di rivendicazione può essere portata avanti tanto quanto contro il possessore, quanto contro il detentore.

Possiede chi si comporta come il proprietario o il titolare di altro diritto reale, detiene chi ha la materiale disponibilità di un bene senza potersi comportare come il possessore.

L'azione di rivendicazione, ci ricorda la Suprema Corte di Cassazione, presuppone un conflitto di titoli, determinato dal convenuto che nega la proprietà dell'attore contrapponendo al titolo da costui vantato un proprio diverso ed incompatibile titolo di acquisto, originario o derivativo (Cass. 3 settembre 2013 n. 20144).

Chiaramente chi agisce per rivendicare la proprietà di un bene deve poter essere in grado di dimostrare d'essere tale.

La proprietà può essere rivendicata dal singolo titolare del diritto così come, nel caso di bene in comunione o condominio, dal comproprietario del bene oggetto di contesa, senza che sia necessario che alla causa partecipino tutti i comproprietari (così detto litisconsorzio necessario), ciò purché il convenuto nell'azione di rivendicazione si limiti a eccepire d'essere il proprietario senza chiederlo specificamente.

In tal senso s'è espressa la Corte di Cassazione a Sezioni Unite nel novembre 2013; l'eccezione riconvenzionale di proprietà esclusiva sollevata da un condomino – si legge in sentenza – non dà corpo a un'ipotesi di litisconsorzio necessario dei restanti condomini, che si verificherebbe, invece, ove egli proponesse, ai sensi degli artt. 34 e 36 cod. proc. civ., una domanda riconvenzionale diretta a conseguire la dichiarazione di proprietà esclusiva del bene, con effetti di giudicato estesi a tutti i condomini.
Si è quindi osservato che se il convenuto oppone il proprio diritto al solo fine di far respingere la pretesa altrui, ne scaturisce un accertamento domandato incidenter tantum, al solo fine di paralizzare la pretesa avversaria.


A tal fine è stato ricordato che la parte convenuta in un giudizio di carattere reale può utilmente contrastare l'azione cosi1 esercitata nei suoi confronti, anche sollevando un'eccezione riconvenzionale di usucapione, senza necessità di formulare la relativa domanda (Cass. 20330/07).
Inoltre si è precisato che il giudice, nell'esercizio del suo potere-dovere di controllare d'ufficio il rispetto del principio del contraddittorio nei casi di litisconsorzio necessario, deve prendere in considerazione esclusivamente le domande proposte dalle parti e non anche le eventuali eccezioni, ancorché riconvenzionali (Cass. n. 26422 del 2008)
(Cass. SS.UU. 13 novembre 2013 n. 25454).

La differenza tra eccezione e domanda riconvenzionale riguarda due situazioni del processo civile e, semplificandola può essere così esplicitata: con l'eccezione si chiede al giudice di prendere atto d'un fatto già esistente, mentre con la domanda si chiede al giudice di accertarlo o dichiararlo.

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