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La revoca dell'assegnazione della casa coniugale è un titolo esecutivo.
Ciò significa che nel caso in cui il giudice revochi il provvedimento con cui ha assegnato l'abitazione ad uno dei due coniugi, se questo poi non la libera spontaneamente, il coniuge rimasto fuori casa può ricorrere all'azione di rilascio, cioè ad una procedura giudiziale che consente di ottenere la liberazione dell'immobile per via coattiva.
Delimitato il tema cui si dedica l'articolo, entriamo ora nel dettaglio, spiegando in breve cos'è la revoca dell'assegnazione della casa coniugale e cosa ha statuito la giurisprudenza in proposito alla esecutività del provvedimento.
La revoca dell'assegnazione della casa coniugale è il provvedimento adottato dal giudice per revocare, appunto, l'assegnazione precedentemente statuita.
Normalmente l'assegnazione è data nei confronti del coniuge cui sono affidati i figli.
Infatti, per quanto le norme (e cioè gli artt. 337 sexies c.c. e 6, L. n. 898/1970) creino qualche dubbio interpretativo, secondo la giurisprudenza maggioritaria il provvedimento può essere emanato solo quando con il genitore vivano figli minori o maggiorenni non indipendenti economicamente, avendo la detta decisione la funzione precipua di assicurare alla prole quella stabilità e quella continuità che in parte si perdono con la separazione coniugale.
La casa familiare rappresenta infatti il luogo in cui la vita familiare fino a quel momento si è svolta e assume dunque un valore, non semplicemente materiale, ma anche psicologico per i figli.
Ove sopraggiungano nuovi elementi, il provvedimento riguardante l'assegnazione della casa familiare può essere modificato o revocato: ad es. ciò può succedere se i figli divengono maggiorenni e indipendenti economicamente, venendo così meno la ragione per cui la casa è stata assegnata al coniuge con cui i figli hanno convissuto.
Il principio della centralità dei figli e dunque della possibilità di revoca dell'assegnazione al mutare delle condizioni dei figli è ribadito ad es. dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 772 del 2018, la quale ricorda che il diritto di abitazione in parola si estingue soltanto per il venir meno dei presupposti che hanno portato all'assegnazione (e, cioè, la morte del beneficiario dell'assegnazione, il conseguimento, da parte dei figli, della maggiore età o dell'indipendenza economica, il trasferimento altrove dell'abitazione) ovvero a seguito dell'accertamento delle circostanze (oggi codificate dall'art. 337 sexies c.c.) che legittimano una revoca giudiziale, come il passaggio a nuove nozze, oppure la convivenza del genitore assegnatario ovvero la mancata utilizzazione da parte dell'ex assegnatario, sempre previa valutazione dell'interesse prioritario dei figli.
Si veda anche – per quanto riguarda la modificabilità in ogni tempo delle condizioni di separazione/divorzio riguardanti l'assegnazione della casa e della centralità dei figli - quanto statuito dalla sentenza della Cassazione n. 15367/2015 (per quanto con riferimento all'art. 155 quater c.c., preesistente all'art.337 sexies c.c. che lo ha sostituito.
La modifica del provvedimento di assegnazione dell'abitazione può avvenire in ogni momento: dal procedimento di separazione in poi. Con l'espressione in poi intendiamo anche dopo il divorzio.
Cosa può fare a quel punto il coniuge rimasto con il cerino in mano, diciamo così, cioè fuori casa in attesa che l'altro si decida ad uscire o, comunque, si decida a consentire anche all'altro di usare l'immobile?
Sappiamo che nella maggior parte dei casi le cose si risolvono bonariamente, ma non in tutti.
I casi che a questo punto giungono nuovamente in tribunale non sono pochi, ahimé.
Purtroppo i rapporti possono inasprirsi e incancrenirsi ben oltre la sentenza di divorzio a tal punto che, per tornare a utilizzare l'immobile, si debba ricorrere nella pratica allo strumento previsto dalla legge, che è appunto l'azione di rilascio.
Abbiamo già visto in un precedente articolo che il provvedimento di assegnazione è un titolo esecutivo.
Ciò è previsto dall'art. disp. 189 disp. att. e trans. c.p.c.
Ebbene, l'esecutività vale anche per il provvedimento contrario, quello che successivamente (ed eventualmente) predispone la revoca dell'assegnazione precedentemente prevista.
Il principio, per quanto non espressamente previsto dalla legge, è da questa ricavabile ed stato affermato dalla giurisprudenza.
D'altronde, non potrebbe avere senso che una previsione che rafforza un provvedimento assunto in via sommaria (all'inizio del procedimento di separazione ex art. 708 c.p.c.) non valga con riferimento a provvedimenti assunti dopo il procedimento di cognizione, a posizioni invertite, successivamente, quando il procedimento di separazione è ancora in corso, oppure ben oltre, anche anni dopo.
Tale principio è stato affermato in particolare, con riferimento alla separazione, dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 1367 del 2012, secondo cui la sentenza che definisce il giudizio di separazione, con la quale si dispone la revoca del provvedimento di assegnazione della casa coniugale senza un esplicito ordine di rilascio dell'immobile da parte dell'ex assegnatario, costituisce titolo esecutivo per il rilascio dell'immobile.
La sentenza evidenzia che se questo vale già per un provvedimento emesso in via sommaria, cioè quello ex art.708 c.p.c., a maggior ragione deve valere per quello emesso successivamente, dopo l'esperimento completo del giudizio di cognizione.
Spiega la Corte in conclusione che la specialità del diritto di abitazione della casa familiare, che non può esistere senza allontanamento dalla casa familiare di chi non è titolare dello stesso, fa sì che, quando detto diritto cessa di esistere in seguito al provvedimento di revoca, si determini una situazione eguale e contraria in capo a chi lo ha perduto; ne consegue la necessità di allontanamento dall'abitazione dell'ex titolare del diritto; ciò consente che il provvedimento/sentenza possa essere eseguito per adeguare la realtà al decisum, anche laddove alla condanna al rilascio non sia esplicitata, in quanto la condanna è implicita, perché connaturale al diritto, sia quando lo stesso viene attribuito, sia quando viene revocato.
L'azione di rilascio è esperibile anche con riferimento alla revoca dei provvedimenti assunti con il divorzio.
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