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Gli arresti domiciliari rientrano tra le misure cautelari personali coercitive e sono in particolare previsti dall'art. 284 c.p.p.; in sostanza, si tratta di provvedimenti di limitazione della libertà personale.
Gli arresti domiciliari rientrano nell'ambito delle misure cautelari, in quanto sono provvedimenti adottati dal giudice durante la fase delle indagini preliminari o del processo, quindi prima dell'emissione della sentenza. I casi in cui le misure cautelari sono adotttate sono previsti dall'art. 274 c.p.p. (cui si rinvia), e sono in sintesi: pericolo, concreto ed attuale per l'acquisizione o la genuinità della prova; quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione; quando vi è il concreto pericolo di reiterazione del reato, cioè che il soggetto indagato o l'imputato commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede.
Tali misure possono essere previste solo se esistono gravi indizi di colpevolezza (art. 273 c.p.c.).
In particolare, con il provvedimento di arresti domiciliari è prescritto all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza ovvero, ove istituita, da una casa famiglia protetta; inoltre, per quanto qui interessa, quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono e il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte all'imputato. (art. 284 c.p.p.)
Ai sensi dell'art. 385 c.p.c. commette il reato di evasione colui che, legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade dal carcere. Compie lo stesso reato anche chi sottoposto in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato, se ne allontani (385, c.p.p., co. 3).
Dunque, commette l'evasione anche chi viola gli arresti domiciliari. Ma, quando si violano gli arresti domiciliari? Cioè, qual è il confine dell'abitazione da non oltrepassare?
Già in passato, la Corte di Legittimità ha ritenuto costantemente di rinvenire il reato di evasione dai domiciliari il trovarsi al momento del controllo delle forze dell'ordine, in uno spazio condominiale motivando che per abitazione dalla quale la persona in stato di arresti domiciliari non può allontanarsi, deve intendersi unicamente il luogo in cui il soggetto svolge la propria vita domestica e privata, con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza dell'abitazione e non ne costituisca parte integrante; e ciò anche al fine di agevolare i controlli di polizia sulla reperibilità dell'imputato, che devono avere il carattere della prontezza e della non aleatorietà (Cass. n. 3212/2007, ma vedi anche Cass. n. 4143/2007; Cass. n. 15741/2003; Cass. n. 5770/1995).
L'orientamento è oggi confermato dalla sentenza in commento, la quale spiega che nel concetto di domicilio, si devono comprendere i terrazzi ed i giardini di pertinenza esclusiva dell'abitazione, ma non gli ambienti condominiali, quali i pianerottoli, le scale ed i cortili interni, in quanto di libero accesso ed in uso da parte di altri, come i condomini e coloro i quali siano legittimati da essi ad accedervi.
L'allontanamento dal luogo di restrizione (in regime di arresti domiciliari così come di detenzione domiciliare) può dunque essere legittimamente sanzionato solo ed in quanto il soggetto si allontani dall'abitazione propriamente detta, ovvero dai luoghi che, in quanto in uso esclusivo delle persone che dispongano dell'alloggio, debbano considerarsi a tutti gli effetti parti di essa, in quanto - giusta il delineato carattere di esclusività - precluse all'accesso dei terzi estranei (salvo, ovviamente, il consenso dell'avente diritto).
E ciò a prescindere da considerazioni - all'evidenza extragiuridiche - sulle possibili, e talvolta sensibili, disparità di superficie a disposizione dei diversi soggetti in regime domiciliare, in considerazione della differente metratura dell'alloggio e delle relative pertinenze a disposizione.
È stato spiegato che l'esigenza sottostante e tutelata in questi casi è quella di consentire alle forze dell'ordine di effettuare agevolmente e velocemente i controlli cui esse sono deputate, nonché di impedire al soggetto di intrattenersi e comunicare con esterni (sebbene quest'ultima, come si evince dal testo dell'art. 284 c.p.p., sia una prescrizione e non l'essenza del provvedimento di arresti domiciliari).
L'allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari infatti non è considerato quale violazione di una prescrizione inerente agli obblighi imposti di cui all'art. 276 c.p.p.), in quanto la permanenza nel domicilio costituisce l'obbligo essenziale dell'arrestato, e non una delle prescrizioni ad esso inerenti, dunque la sua violazione integra il reato di evasione (v. Cass. n. 1554/1997).
Lo spostamento di chi è soggetto alle misure degli arresti domiciliari deve avvenire nell'ambito degli spazi dove egli conduce la sua vita domestica e delle pertinenze esclusive degli stessi spazi.
L'esclusività è quella che distingue, in condominio, la parte della proprietà del singolo dalle parti comuni, parti queste ultime, per definizione di legge, aperte a tutti i condomini e normalmente percorse anche da terzi estranei al condominio; in particolare, ai sensi dell' art. 1102 c.c., ciascun partecipante alla comunione può servirsi delle parti comuni.
L'articolo 1102, valevole per la comunione, trova applicazione anche ai condomini negli edifici, in virtù del richiamo operato dall'art. 1139 c.c. alle norme in materia di comunione, per quanto non espressamente previsto dalle norme civilistiche sul condominio.
Nel caso di specie, si legge nella sentenza in commento che il soggetto sottoposto agli arresti domiciliari veniva colto dalle forze dell'ordine deputate ai controlli fuori dall'uscio di casa, intento a conversare con altre persone sulle scale condominiali, dunque in uno spazio certamente posto al di fuori delle mura domestiche, non qualificabile come pertinenza esclusiva dell'abitazione.
Nella fattispecie, la Corte ravvede la sussistenza del reato di evasione, sia per quanto registrato nella relazione di servizio, dalla quale emerge che il soggetto era stato colto a parlare davanti all'ingresso dell'abitazione, che dalle spontanee dichiarazioni dell'imputato, il quale ha ammesso di essere stato trovato dalle forze dell'ordine nelle scale dove si trovava per fare le pulizie e dove si era messo a parlare con altri che di là si trovavano a passare.
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