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Decoro architettonico e contestazioni delle violazioni successiva alla prima

La violazione del decoro architettonico può portare alla condanna alla rimozione dell'opera, ma se questa è inserita in un contesto degradato la situazione può cambiare.
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Decoro architettonico degli edifici in condominio


Decoro architettonicoChe cosa s'intende per decoro architettonico di un edificio?

Che cosa s'intende per alterazione del decoro architettonico?

Che cosa succede se chi altera il decoro architettonico di un edificio non è il primo ad averlo fatto?

La risposta ai quesiti appare a prima vista facile ma, in realtà, questi nascondono delle insidie che non trovano una soluzione di carattere generale; vediamo perché.

La legge non fornisce la definizione di decoro: secondo la giurisprudenza esso è dato dall'insieme delle linee sia pur estremamente semplici che caratterizzano l'estetica di un edificio (Cass. n. 851/07).

Proprio in ragione di questa definizione è possibile affermare che quello del decoro architettonico non è argomento che riguarda solamente edifici di particolare pregio storico artistico o magari edifici di lusso, potendo anche riguardare stabili di edilizia economica e popolare.


Alterazione del decoro di un edificio


Violare il decoro di uno stabile significa alterarne l'estetica in senso peggiorativo, ossia recare un danno, economicamente valutabile, alle parti di proprietà comune e alle unità immobiliari di proprietà esclusiva (cfr. Cass. n. 1286/10).

La valutazione dell'alterazione dev'essere eseguita caso per caso tenendo in considerazione anche la tipologia dell'intervento in relazione al tempo in cui è stato realizzato. Che cosa vuol dire ciò?

Significa che ciò che era percepito come una bruttura dieci anni fa oggi potrebbe non esserlo più: in tal senso il Giudice di pace di Grosseto, in un'isolata ma apprezzabile pronuncia, ha affermato che le invenzioni che si succedono nel tempo sono divenute e divengono di uso comune, hanno modificato e modificano il comune senso dell'estetica e del decoro. Come dire: ciò che prima era strano e appariva un peggioramento in termini estetici, oggi è considerato parte integrante della conformazione degli stabili.

Decoro architettonico condominialeCosì, ad esempio, la televisione e la ricezione del segnale satellitare o i telefoni e ancora i condizionatori d'aria, ecc., ha detto il giudice toscano, hanno comportato l'immissione nelle parti esterne degli edifici di parti d'impianto (unità esterne, antenne e antenne paraboliche) che non vengono più percepiti come causa di alterazione dell'estetica degli edifici e, più in generale, dell'ambiente circostante (cfr. Giudice di Pace di Grosseto 19 agosto 2011 n. 1038).

Si tratta, si diceva, di una pronuncia isolata che tuttavia ha il pregio di porre uno spunto di riflessione: non tutto il nuovo dev'essere considerato a priori lesivo, fermo restando, ad avviso di chi scrive, la necessità di contestualizzare il tutto.

Tale contestualizzazione, in caso di controversie, viene eseguita dal giudice adito sulla base delle prove offerte dalle parti. Insomma spetta a chi lamenta un peggioramento dell'estetica dell'edificio darne dimostrazione.


Alterazioni del decoro in un contesto già alterato


Le particolarità della valutazione dell'alterazione del decoro non finiscono qui. Oltre a giudicare in relazione ai tempi, è necessario farlo anche con riguardo allo stato del palazzo.

In tal senso, quando sono stati chiamati a intervenire sull'argomento, gli ermellini hanno avuto modo di ribadire che in tema di condominio, non può essere considerata lesiva del decoro architettonico di un edificio un'opera compiuta da un condomino, allorquando sussista uno stato di degrado dell'estetica dell'edificio a causa di precedenti interventi alterativi che non siano stati oggetto di contestazioni ai fini della riduzione in pristino dello stato dei luoghi.

La valutazione del degrado della facciata del condominio è oggetto di valutazione del giudice di merito ed è incontestabile in Cassazione se adeguatamente motivato (cfr. in tal senso, Cass. 7 settembre 2012, n. 14992).

Come dire: chi costruisce una veranda (ferme restando le necessarie autorizzazioni amministrative) non può essere accusato di aver leso il decoro dell'edificio se esso è stato oggetto di simili (o anche differenti) interventi peggiorativi mai contestati. L'incidenza sul decoro architettonico delle pregresse modificazioni è rimessa alla valutazione del giudice adito. In sostanza nulla vieta che il giudice possa dire che le precedenti modificazioni erano ininfluenti e che quella oggetto di contestazione debba essere considerata la prima alterazione dell'estetica dell'edificio.

Nel caso risolto dalla sentenza n. 14992/2012, la Cassazione ha ritenuto che la pronuncia su cui era stata chiamata a esprimersi, aveva evidenziato in modo ineccepibile che le originarie linee della facciata erano state abbondantemente alterate da alcuni interventi che nel corso degli anni precedenti erano stati operati da altri condòmini (quali realizzazione di verande e apposizioni di tubazioni di colori tra loro differenti).


Alterazione del decoro e poteri dell'assemblea condominiale


Decoro architettonicoÈ principio consolidato che i condòmini possano utilizzare le parti comuni anche per fini propri differenti da quelli cui sono specificamente destinate le parti dell'edificio, pur nel rispetto dei limiti indicati dall'art. 1102 c.c. (ossia senza pregiudicare decoro, stabilità e sicurezza dell'edificio e senza recare danno al pari diritto degli altri condòmini).

In tal senso il regolamento può contenere le norme a tutela del decoro dell'edificio che disciplinino l'uso delle cose comuni senza, direttamente o indirettamente, vietarlo.

La legge di riforma del condominio ha introdotto nel codice una disposizione specificamente destinata ai casi d'installazione su parti comuni di impianti per la ricezione del segnale Radio-tv e per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili a servizio delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.

Rispetto a tali fattispecie, a dirlo è l'art. 1122-bis c.c., l'assemblea può dettare regole di realizzazione finalizzate anche a tutelare il decoro dell'edificio. Per le opere già esistenti, si fa riferimento all'art. 155-bis disp. att. c.c.


Decoro architettonico e sopraelevazione


L'art. 1127 c.c. consente al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio proprietario esclusivo del lastrico solare di elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo; si tratta della così detta sopraelevazione.

Insomma, il titolare del lastrico può innalzare l'edificio costruendovi sopra oppure il proprietario dell'ultimo piano può spostare in su il tetto sempre con una costruzione.

L'importante, è sempre l'art. 1127 c.c. a dirlo, è che tale sopraelevazione non pregiudichi il decoro dell'edificio, non rechi pericolo per la stabilità del palazzo e non tolga luce e aria ai vicini.

Diversamente, gli altri condomini possono chiedere la rimozione delle opere, sempre che non abbiano agito in tempo per non farle iniziare, ad esempio con un'azione per denuncia di nuova opera.

Per questo genere di azioni esistono dei tempi di prescrizione?

La risposta è negativa per le ultime due citate, mente è positiva guardando al decoro architettonico.

Il limite è quello ventennale, lo stesso dopo il quale si estingue una servitù.

Al riguardo, la Corte di Cassazione, quando è stata chiamata a pronunciarsi sull'argomento nel ricordare che il proprietario esclusivo del lastrico solare o dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuove fabbriche – così come riconosciutogli dall'art. 1127 c.c. e salvo diversa indicazione del titolo – ha altresì specificato che tale diritto è contemperato dal pari diritto degli altri condòmini a non vedere turbate (cioè alterate in senso peggiorativo) le linee architettoniche dello stabile.

Contro l'eventuale abbruttimento, è bene ricordare che gli altri condòmini possono agire per ottenere la eliminazione delle opere. Tale diritto, ricorda la Suprema Corte non è esercitabile senza limiti di tempo.

Ciò perché concretandosi l'alterazione del decoro in una limitazione del diritto di proprietà altrui, non può che estinguersi, al pari delle servitù, per prescrizione ventennale in caso di mancato esercizio e, di contro, non possono non essere salvi gli effetti dell'usucapione in conseguenza del possesso dell'immobile conformemente alle modalità in cui lo si è esercitato per il tempo necessario all'acquisto (Cass. 5 ottobre 2012, n. 17035).

Diverso il caso, si diceva in precedenza, della sopraelevazione che rechi pregiudizio alla stabilità e/o sicurezza dell'edificio: in tal caso evidenti esigenze connesse a tutela di primari interessi generali e diritti impongono l'imprescrittibilità dell'azione di riduzione in pristino (leggasi di eliminazione delle opere).

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Violazione decoro architettonico condominiale
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