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Immaginiamo che due coniugi abbiamo acquistato una casa dopo il matrimonio.
L'immobile è entrato a far parte della comunione di beni. Successivamente il marito, da solo, stipula un contratto di compravendita al fine di vendere il predetto immobile.
Sarà valido il contratto concluso senza il consenso della moglie?
Il terzo acquirente è tutelato?
La vendita avvenuta senza l'autorizzazione dell'altro coniuge avente ad oggetto un bene facente parte della comunione legale è annullabile entro un anno dalla stipula.
Lo afferma la Corte di Cassazione con un'importante sentenza che chiarisce alcuni punti essenziali. Analizziamo i vari aspetti della questione, spiegando i concetti principali.
Precisiamo in primo luogo che il regime previsto dalla legge per disciplinare i rapporti patrimoniali tra i coniugi è quello della comunione legale dei beni.
Si parla di regime legale poiché esso opera in automatico, in mancanza di una scelta diversa che venga effettuata dai coniugi al momento delle nozze o successivamente.
Con il regime patrimoniale di comunione, i beni acquistati dagli sposi, insieme o separatamente, dopo il matrimonio, appartengono ad entrambi i coniugi (comproprietà indivisa).
La contitolarità comporta, in caso di separazione, la divisione in parti uguali tra i due coniugi.
L'amministrazioneordinaria dei beni facenti parte della comunione spetta a entrambi i coniugi disgiuntamente. Per gli atti di straordinaria amministrazione e per quelli concernenti la concessione o l'acquisto di diritti personali di godimento (tipico caso è il contratto di locazione) la legge impone il consenso di entrambi come disposto dall'articolo 180 del Codice Civile.
Tra gli atti di straordinaria amministrazione figurano sicuramente la vendita e la donazione.
Insomma, non si può vendere o donare da soli la casa acquistata durante il matrimonio.
L'altro coniuge ha diritto a rifiutarsi anche senza una valida motivazione.
Riepilogando, il marito o la moglie possono quindi impedire che l'altro venda o doni una casa se si verificano le seguenti condizioni:
Questo non vuol dire necessariamente che alla stipula dell'atto vi debba essere la presenza di tutti e due i coniugi ma è indispensabile che anche il coniuge non presente, presti il proprio consenso.
Il coniuge che non sottoscrive direttamente il contratto può delegare l'altro mediante procura risultante da atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Cosa può fare il coniuge cui è stata sottratta una parte della comunione attraverso la vendita?
Per quel che qui ci interessa, ovvero la vendita di un bene immobile, si segnala che l'atto di per sé è efficace, cioè produrrà i suoi effetti ma è annullabile.
È affetto cioè da quella particolare forma di invalidità in base alla quale l'atto posto in essere è soggetto alla domanda di annullamento della persona che ne abbia interesse, ovvero, in questo caso il coniuge il cui consenso non sia stato dato.
Il coniuge estromesso potrà impugnare l'atto concluso dall'altro coniuge da solo e farne dichiarare la nullità.
Per evitare le conseguenze derivanti dalla comunione legale, i coniugi possono optare per il regime della separazione dei beni che consente maggiore autonomia di azione. Si consiglia tale scelta soprattutto se i coniugi svolgono un'attività imprenditoria o professionale.
In caso di vendita di un immobile in regime di comunione legale, il coniuge che non ha dato il proprio consenso avrà il termine di un anno per poter rivolgersi al giudice e invocare quel rimedio che è l'azione di annullamento del contratto.
L'articolo 184 del codice civile afferma che:
Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell'articolo 2683. L'azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l'atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l'azione non può essere proposta oltre l'anno dallo scioglimento stesso. Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell'altro è obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione. Art. 184 cod. civ.
Dunque, il codice civile dispone che l'alienazione dell'immobile effettuata solo dal marito o dalla moglie, pur viziata dalla mancanza del consenso dell'altro, rimane efficace a meno che non vi sia l'impugnazione del contitolare.
Il termine di prescrizione concesso dal legislatore al coniuge pretermesso decorre:
Quali sono dunque gli effetti dell'annullamento dichiarato dal giudice a scapito del terzo acquirente?
L'annullamento della compravendita travolge i diritti acquisiti dal compratore che sarà obbligato a restituire l'immobile al coniuge che non aveva prestato il suo consenso.
A sua volta il coniuge che aveva concluso l'atto senza l'autorizzazione dell'altro dovrà restituire il prezzo nel frattempo incassato.
Qualora riesca a dimostrare di aver subito un pregiudizio economico, il terzo acquirente potrà anche avanzare una richiesta di risarcimento del danno.
Il coniuge che non ha prestato il consenso può decidere di rinunciare all'azione di annullamento una volta venuto a conoscenza della compravendita. Potrà dare attuazione a quella che la legge definisce convalida del contratto annullabile.
L'atto di compravendita verrà così sanato e non potrà più esserne dichiarata la nullità.
Quindi, le alternative che si pongono al coniuge che non ha dato la propria autorizzazione sono due: la richiesta di annullamento dell'atto compiuto dal coniuge senza il suo consenso o la convalida dello stesso se ne abbia interesse.
La convalida preclude la possibilità di esercitare successivamente la domanda di annullamento.
Per la convalida il coniuge che non ha firmato può procedere con una dichiarazione espressa, mediante la quale si manifesti l'intenzione di convalidarlo.
Non è prevista una forma particolare. Applicandosi le norme in generale relative alla convalida di un contratto annullabile, la convalida potrebbe essere effettuata anche in modo tacito dalla parte cui spetta l'azione di annullamento, dando volontariamente esecuzione al contratto pur conoscendo la causa di annullabilità.
Si sottolinea che il rimedio dell'annullamento spetta unicamente all'altro coniuge; il contratto non può essere impugnato dal terzo acquirente che dovesse scoprire la mancata autorizzazione di uno dei due coniugi. Non può domandare inoltre lo scioglimento del contratto come se avesse acquistato da chi non era proprietario dell'immobile.
L'unica cosa che può fare l'acquirente al momento dell'acquisto è verificare il regime patrimoniale cui è soggetto la coppia.
A tal fine ci si dovrà rivolgere al Comune dove sono state celebrate le nozze, chiedendo un estratto dell'atto di matrimonio. Potrà comunque domandare il risarcimento del danno, qualora l'altro coniuge chieda ed ottenga l'annullamento della compravendita. Non vi è alcun divieto per il notaio ad effettuare il rogito poiché l'atto è comunque valido.
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