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Il patrimonio edilizio di un Paese subisce nel tempo le modifiche conseguenti alle trasformazioni sociali che si susseguono nel corso degli anni.
Le parti più rilevanti dal punto di vista storico e architettonico, riescono a mantenere una identità, grazie anche ai vincoli di tutela imposti dalle varie leggi avvicendatesi nei diversi periodi, limitando in qualche modo il deterioramento delle parti più importanti di essi.
Gli agglomerati minori, costituiti da abitazioni rurali e da edifici non di pregio, sono stati nel tempo e anche tuttora, suscettibili di trasformazioni conseguenti alla continue modifiche in atto nel tessuto sociale.
Grazie all'entrata in vigore di nuove norme urbanistiche, più vicine alle necessità della collettività, molte costruzioni sono state abbattute e ricostruite, seguendo nuove configurazioni e distribuzioni interne, altre invece hanno subito delle trasformazioni nell'uso di alcuni spazi non più necessari alle attività odierne.
Un esempio in tal senso è rappresentato dalla trasformazione che hanno subito gli androni di accesso di alcune costruzioni principalmente destinate ad uso agricolo.
In tale ambito, l'androne rappresentava l'ingresso principale attraverso il quale accedevano alla corte retrostante i carri agricoli al ritorno dal lavoro nei campi.
Mentre le corti retrostanti di dimensioni più consistenti sono rimaste nel tempo adibite a parcheggi interni o ad altre destinazioni d'uso, quelle di dimensioni più piccole, destinate a giardino padronale retrostante a un androne di uso esclusivo, hanno subito nel tempo diverse trasformazioni.
Alcuni di questi spazi sono stati arredati in modi differenti, in relazione alle nuove destinazioni d'uso dei locali che li racchiudono. Così l'androne di un palazzo gentilizio che ospita attualmente un hotel, lo ritroviamo trasformato in un salotto passante o in uno spazio espositivo.
Gli edifici più comuni, principalmente quelli ad uso esclusivo di una sola famiglia, hanno potuto usufruire della possibilità di trasformare l'androne di accesso coperto, in uno spazio abitato con diversa destinazione d'uso, li dove tale trasformazione è stata legittimata da una normativa indirizzata in tal senso.
Le recenti leggi emanate a favore della riqualificazione del patrimonio immobiliare destinato ad abitazioni, hanno reso possibile tali trasformazioni in virtù di specifiche disposizioni di ampliamento delle volumetrie esistenti.
Tra i provvedimenti più rilevanti troviamo i provvedimenti regionali per il recupero dei sottotetti e il Piano casa.
Attualmente, il Piano casa introdotto con il Dlgs 112/2008 e operativo dal 1 aprile 2009, è spesso utilizzato per trasformazioni di vario tipo, essendo infatti possibile attraverso il suo impiego ottimizzare, in termini di prestazioni energetiche, di qualità architettonica e di eliminazione delle barriere architettoniche, il patrimonio edilizio esistente.
In origine, il Piano casa prevedeva un solo periodo di un anno e mezzo di applicazione come misura eccezionale, in deroga agli strumenti vigenti, consentendo a chi ne avesse bisogno di usufruire di aumenti di volumetrie, in caso di demolizione e ricostruzione, a condizione di migliorare gli edifici esistenti.
In seguito, è stato prorogato da alcune Regioni con provvedimenti specifici, pertanto, al momento alcune Regioni come Abruzzo, Campania, Calabria, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana lo hanno prorogato fino al 31 dicembre 2020, mentre la sola Sardegna ha limitato tale proroga al 30 giugno 2020.
Altre Regioni hanno trasformato tale provvedimento, in norma integrativa di altri strumenti urbanistici, in virtù delle caratteristiche urbanistiche locali, al punto tale da renderlo permanente.
Le sole Regioni in cui il Piano non è più applicabile restano l'Emilia Romagna, la Lombardia e la Provincia autonoma di Trento.
L'intervento che di seguito illustro si riferisce al progetto di trasformazione di un androne di proprietà esclusiva, sito all'interno di una costruzione utilizzata per molti anni per usi agricoli, che in seguito alle nuove esigenze degli attuali proprietari ha richiesto un diverso utilizzo.
La committenza, nello specifico, ha richiesto la trasformazione dello spazio adibito attualmente ad androne, in un ambiente articolato su due livelli in cui possano trovare collocazione uno spazio destinato alla convivialità, vista anche la possibilità di accedere al giardino adiacente, oltre a uno spazio destinato ad accogliere una raccolta di oggetti in ceramica, collezionati nel tempo dal padrone di casa.
A tal fine, il progetto, senza stravolgere l'aspetto esterno dell'attuale costruzione, si è limitato ad organizzare i due spazi richiesti, attraverso una serie di interventi minimali, utilizzando materiali come legno e vetro ed esaltando i materiali lapidei propri del luogo.
Lo spazio a piano terra è stato organizzato come una piccola corte, prospettante per due lati con il resto dell'abitazione esistente, e per altri due con il giardino retrostante.
In tale spazio, è stata collocata una scala in legno, attraverso la quale è possibile accedere al ballatoio superiore sottostante alla terrazza esterna della casa.
Lungo il ballatoio, costituito da una struttura leggera a sbalzo, sono stati predisposti dei contenitori in vetro all'interno dei quali disporre gli oggetti da custodire ed esporre.
Dal ballatoio è possibile affacciarsi sulla zona sottostante, oltre a godere della visione degli spazi verdi su cui prospetta.
Nei periodi in cui il clima lo consente, le aperture frontistanti il giardino possono restare libere da chiusure scorrevoli predisposte per proteggere l'interno nei periodi invernali.
In tal modo, lo spazio a piano terra si dilata sempre di più inglobando nella propria dimensione il verde organizzato nel quale trovano accoglimento essenze arboree tipiche della Regione.
L'intervento progettato è stato reso possibile grazie alle dimensioni in altezza dell'androne di circa 5,40 m, cosa che ha permesso di organizzare in verticale le varie parti nel rispetto delle norme locali vigenti.
L'intervento è stato progettato nel rispetto di quanto prevede il Piano Casa Regione Campania – LR n.19 del 28 dicembre 2009 e smi, il quale prevede l'ampliamento degli edifici residenziali fino al 35% della volumetria esistente, oltre a la riqualificazione e cambi di destinazione d'uso degli edifici non residenziali che non incidano sulla sagoma.
Interventi simili non possono essere consentiti qualora la parte preesistente sia stata realizzata in assenza o in difformità del titolo concessorio, in qual caso andrà richiesta la sanitoria degli eventuali abusi.
Altri motivi di diniego sono costituiti dall'assenza dell'accatastamento, da vincoli di natura ambientale, geologici, ecc. Per gli edifici ricadenti entro i centri storici, realizzati o ristrutturati negli anni '50, non sono previste limitazioni alla richiesta di intervento.
Oltre al rispetto di quanto sopra descritto, per dare esecuzione alle opere è necessario presentare la specifica richiesta come SCIA o il Permesso di costruire, corredata di tutta la documentazione relativa alla sicurezza dell'intero stabile, attestata da idoneo certificato di collaudo, oltre a le documentazioni relative agli impianti vari.
Tra gli elaborati richiesti per l'ottenimento del titolo abilitativo, particolare attenzione va posta nel produrre il Protocollo ITACA.
Tale documentazione rappresenta uno strumento di valutazione del livello di sostenibilità energetica e ambientale dell'edificio oggetto d'intervento, mediante la quale verificare le prestazioni dell'edificio progettato in riferimento ai consumi energetici, all'impatto ambientale e relative conseguenze circa la eventuale nocività sulla salute dell'uomo.
Con tale protocollo si cerca di favorire la realizzazione di edifici sempre più performanti dal punto di vista energetico, oltre a migliorarne il comfort ambientale interno ed esterno, riducendo al massimo i costi di esercizio delle opere da realizzare.
A tal proposito, voglio sottolineare un aspetto spesso trascurato da chi presenta tale certificazione, ossia la veridicità degli atti progettuali dai quali si evince la classe energetica del fabbricato. nfatti, in molti casi vengono presentati atti progettuali che non denunciano la reale prestazione del fabbricato e ciò a causa di diversi motivi.
Ciò può rappresentare l'invalidità di atti notarili di compravendita, qualora l'acquirente dimostri la non veridicità degli atti dichiarati al momento della stipula.
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