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Il diritto di usufrutto può essere ceduto o costituito con atto di donazione?
Prima di rispondere premettiamo alcuni cenni sull'atto di donazione e sul diritto di usufrutto.
L'atto di donazione è disciplinato dagli artt. 769 e ss. del codice civile.
Si tratta sostanzialmente di un atto di liberalità, di un contratto nel quale, appunto per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra disponendo a suo favore di un proprio diritto oppure assumendo nei suoi confronti un'obbligazione (v. art. 769 c.c.).
La donazione deve essere redatta per atto pubblico, dunque da un pubblico ufficiale, e deve essere accettata, anche con atto successivo, ma ha effetto solo dalla ricezione da parte del donante della notifica dell'accettazione (v. art. 782 c.c.).
Si tratta di un contratto che può essere a effetti reali, dove cioè l'effetto, che si produce con la prestazione del consenso, è il trasferimento oppure la costituzione di un diritto, oppure a effetti obbligatori, qualora si assume un obbligo verso qualcuno.
La donazione di usufrutto appartiene alla prima categoria.
L'usufrutto è un diritto reale, disciplinato dagli artt. 978 e ss. c.c. e consiste nel diritto di godere di una determinata cosa, rispettandone la destinazione economica, traendo dalla cosa ogni utilità (v. art. 981 c.c.).
Gli atti che costituiscono o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili devono essere redatti per atto pubblico o scrittura privata autenticata ed essere trascritti presso i pubblici registri.
Mediante donazione, l'usufrutto può essere ceduto (se già esistente), oppure costituito (se creato ad hoc, diciamo così).
La cessione dell'usufrutto è prevista dall'art. 980 c.c., secondo il quale:
L'usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo.
La cessione dev'essere notificata al proprietario; finché non sia stata notificata, l'usufruttuario è solidalmente obbligato con il cessionario verso il proprietario (art. 980 c.c.)
La costituzione può invece avvenire mediante riserva di usufrutto di un bene donato a favore del donante o per altri (dopo di lui, altri che possono essere anche più persone, ma non successivamente) (v. art.796 c.c.).
Si è statuito che In tale secondo caso abbiamo due donazioni: una riguardante la nuda proprietà, l'altra riguardante l'usufrutto (v. Trib. Napoli 17.05.2006).
La legge disciplina i casi in cui la donazione può essere revocata.
In particolare, le relative norme sono contenute negli artt. 800 e ss. c.c.
La donazione può essere revocata in caso di ingratitudine o per sopravvenienza di figli.
L'ipotesi dell'ingratitudine è descritta dall'art. 801 c.c., che, nel rimandare ad altre norme, prevede in sostanza che integrano l'ingratitudine che legittima la revoca della donazione: l'omicidio, o tentato omicidio del donante, del coniuge, o di un discendente, o un ascendente, salvo casi di esclusione della punibilità (es. legittima difesa); il compimento, a danno di tali persone, di un fatto per cui la legge prevede l'applicazione delle disposizioni sull'omicidio; l'avere denunciato una di tali persone per un reato punibile con l'ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denuncia viene dichiarata calunniosa in giudizio penale, oppure l'aver testimoniato contro le stesse persone imputate dei predetti reati, se la testimonianza viene poi dichiarata falsa in giudizio penale; l'essersi resi colpevoli d'ingiuria grave verso il donante o l'aver dolosamente danneggiato il suo patrimonio o non avere prestato gli alimenti (dovuti ai sensi degli artt. 433 e 436 c.c.).
Sono irrevocabili le donazioni remuneratorie (cioè effettuate per gratitudine, riconoscimento di meriti o remunerazione ex art. 770 c.c.) o in riguardo di un determinato matrimonio (v. art. 805 c.c.).
Le norme sulla revoca della donazione trovano applicazione anche nei casi di donazione di usufrutto?
Sì, la risposta è affermativa.
Innanzitutto teniamo presente che è possibile la revoca della donazione della nuda proprietà, con conseguente riunione in capo alla stessa persona dell'usufrutto e della proprietà e, dunque, l'estinzione dell'usufrutto (v. art. 1014 c.c.).
La donazione può essere revocata se, ove sia previsto un onere a carico del donatario, questo non sia adempiuto (c.d. donazione modale, di cui all'art. 793 c.c.):
Così, ad esempio, è stato deciso dal tribunale di Cagliari (sent. n. 1421/2016) in un caso di donazione di nuda proprietà con riserva di usufrutto da parte di un genitore nei confronti del figlio con l'onere da parte di questi di prendersi cura di lui: non avendo il figlio ottemperato, il tribunale di Cagliari, con la sentenza citata, ha deciso per la revoca della donazione.
Ancora, la donazione della nuda proprietà con riserva di usufrutto è stata revocata per ingratitudine dal tribunale di Lecce (Trib. Lecce 16.10.2013) nei confronti di una donna che aveva ricevuto dal marito la donazione della nuda proprietà dell'immobile, per avere mantenuto un comportamento di avversione e disistima verso il marito.
Peraltro, nel caso di specie, il giudizio era stato attivato dalla donna che chiedeva la pronuncia della decadenza del marito dal diritto di usufrutto per disinteressamento nei confronti dell'immobile e pronunciamento della suo esclusivo e pieno diritto di proprietà.
Per quanto non risultino a chi scrive casi giudiziali concreti, non sembra possa escludersi che, al verificarsi dei presupposti di legge, anche la donazione di usufrutto possa essere revocata dal donante, evidentemente nel caso di cessione o di costituzione in capo ad altri del diritto.
Ricordiamo poi che l'usufrutto può estinguersi per:
- prescrizione;
- riunione di usufrutto e proprietà sulla stessa persona;
- perimento della cosa (v. art. 1014 c.c.).
Inoltre, l'usufrutto può cessare anche nei casi di abusi dell'usufruttuario (ex art. 1015 c.c.).
Infatti, prevede l'art. 1015 c.c. che l'usufrutto può anche cessare nel caso in cui l'usufruttuario abusa del diritto alienando i beni o deteriorandoli o lasciandoli perire senza l'effettuazione delle ordinarie riparazioni (co.1).
In tali casi, a norma del secondo comma dell'art. 1015, il giudice può, a seconda delle circostanze, disporre che l'usufruttuario dìa garanzia, qualora sia esente, oppure che i beni vengano locati o posti sotto amministrazione a spese dello stesso usufruttuario o anche dati in possesso al proprietario con l'obbligo di pagare annualmente all'usufruttuario, durante l'usufrutto, una somma determinata (cv. art. 1015, co.2 c.c.).
I creditori dell'usufruttuario possono intervenire nel giudizio per conservare le loro ragioni, offrire il risarcimento dei danni e dare garanzia per l'avvenire (v. art. 1015, co.3 c.c.).
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