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Le normali regole in materia di usucapione, di beni mobili o beni immobili, non trovano applicazione nel caso in cui vi sia un rapporto di parentela. Ne consegue che, una volta trascorsi 20 anni di utilizzo continuo del bene, ad esempio, i figli non potranno acquistare la proprietà dell'abitazione dei genitori. La motivazione risiede nel fatto che in tale fattispecie vengono a mancare alcuni dei requisiti tipici dell'istituto dell'usucapione.
Di questo avviso è la giurisprudenza che, all'unanimità, ha escluso in tali circostanze, la configurazione dell'usucapione. Citiamo a tal proposito la pronuncia del Tribunale di Tivoli n. 326 del 22/02/2017 confermata dalla sentenza del Tribunale di Milano 4273/2018.
Prima di entrare nel merito delle decisioni dei giudici esaminiamo quelli che sono gli elementi tipici dell'usucapione.
L'usucapione beni immobili è un modo di acquisto della proprietà o di un diritto reale di godimento a titolo originario che si realizza attraverso il possesso protratto per un determinato periodo di tempo.
Affinché si possa acquistare la proprietà del bene è necessaria la presenza di determinati requisiti:
Il legittimo proprietario deve essere a conoscenza dell'uso del bene da parte di altri e deve essersi disinteressato alla rivendicazione del bene. Il disinteresse del titolare del diritto di proprietà si rende evidente qualora per 20 o 10 anni non vengano da lui compiuti atti di contestazione verso il possessore.
Tenuto conto degli elementi essenziali dell'usucapione che abbiamo sopra evidenziato, possiamo affermare che tra parenti non è possibile tale forma di acquisto della proprietà in quanto in primo luogo il proprietario non ha manifestato il proprio disinteresse nei confronti della casa o del terreno ceduti. Il bene viene infatti concesso in prestito e il proprietario ne tollera la presenza altrui nonché il godimento dello stesso da parte di terze persone.
Il figlio, il fratello o il cugino non possono diventare proprietari qualora abbiano in uso un bene del proprio parente.
Secondo quanto affermato dal Tribunale di Tivoli con sentenza n 326 del 22/02/2017, tra parenti viene a mancare dunque l'elemento del disinteresse da parte del proprietario.
Quest'ultimo concede in comodato d'uso la casa o altro bene e il prestito implica la tolleranza del godimento altrui. Inoltre, il parente al quale il bene viene ceduto per il suo utilizzo non ne è possessore bensì mero detentore che riconosce dunque il carattere altrui della cosa.
Possesso e detenzione sono due concetti giuridicamente differenti e solo il primo è considerato presupposto dell'usucapione.
In conclusione, anche se sono in molti i figli che vorrebbero avviare una procedura di usucapione dopo aver vissuto per più di 20 anni nella casa dei genitori, questo non è possibile.
Il padre e la madre continueranno a essere i legittimi proprietari dell'immobile utilizzato dai figli per un lungo periodo. Alle stesse conclusioni circa limpossibilità dell'usucapione si deve arrivare in caso di rapporto di amicizia o mero spirito di tolleranza.
Non scatta dunque l'usucapione ogni qualvolta il proprietario sia a conoscenza del fatto che un parente o un amico stia godendo del proprio bene e continui per lungo tempo a tollerare tale situazione. In questi casi sussiste il contratto di comodato e l'esistenza di tale rapporto contrattuale comporta l'esclusione a monte dell'istituto dell'usucapione.
Tra parenti l'unico modo affinché possa avvenire un trasferimento della proprietà di una casa è procedere con un atto di donazione davanti a un notaio oppure con un testamento che disponga il passaggio dopo la morte.
Inoltre, non scatta l'usucapione ogni qualvolta il proprietario sia a conoscenza del fatto che un parente o un amico stia godendo del proprio bene e continui per lungo tempo a tollerare tale situazione.
Infine, non è configurabile l'istituto dell'usucapione nemmeno qualora si possieda un bene in comproprietà nell'ipotesi che uno dei comproprietari non utilizzi il bene.
L'altro comproprietario che ne faccia uso a proprio piacimento non potrà accampare ulteriori diritti anche sulla quota spettante all'altro solo perché quest'ultimo abbia consentito godimento pieno del bene.
Anche in questa fattispecie il rapporto materiale con il bene è conseguenza della tolleranza altrui.
L'utilizzo del bene da parte del comproprietario non è idoneo a provarne il possesso ai fini dell'usucapione e dunque a dimostrarne l'acquisto della proprietà per l'intero.
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