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Gli usi civici sono dei pesi, o gravami, che sono stati fissati, in epoca feudale, per beni immobili, come appezzamenti di terra o corsi d'acqua, a favore della comunità e cittadinanza avente diritto.
Questa, infatti, grazie alla sussistenza degli usi civici, può e deve avvalersi di tutti quei beni e ricavi che, dall'uso di questi beni, riesce a ottenere.
La normativa attuale in materia di usi civici, muove i propri passi al fine di annullare quei dispositivi giuridici feudali che facevano venir meno il concetto di proprietà privata, solido fondamento per la moderna società.
Alla base della nozione di uso civico, infatti, vi è la Legge n. 1766/1927 e il corrispondente Regolamento attuativo n.332/1928, provvedimenti giuridici scaturiti da leggi di eversione della feudalità, come la Legge del 1 settembre 1806, il Regio Decreto dell'8 giugno 1807, il Regio Decreto del 3 dicembre 1808, la Legge del 12 dicembre 1816, il Regio Decreto del 6 dicembre 1852, il Regio Decreto del 3 luglio 1861 ed altre ancora.
Queste norme in materia di usi civici, sono state poi integrate da successive disposizioni giuridiche, sia nazionali che regionali, accomunate dalla determinazione dell'utilità che può essere ricavata dall'uso, dalla lavorazione o dallo sfruttamento dei boschi, della terra o delle acque presenti su un'area soggetta ad uso civico.
La ratio del legislatore del 1927 fu quella di stabilire che tutti gli usi civici esistenti sino a quel momento, sarebbero dovuti essere rivendicati e regolarizzati.
Questo permetteva al soggetto avente diritto, la possibilità di svincolarli da tale condizione, in maniera da divenirne unico e assoluto proprietario, annullando così il possesso demaniale o la proprietà gravata da usi civici.
La norma punta a identificare, in due grandi famiglie, i vari usi civici sino ad allora conosciuti.
Primo fra tutti è il diritto di uso e godimento relativamente a terre di proprietà privata, su cui pende il diritto di uso civico in favore della collettività.
In questo caso gli aventi diritto possono alienare il gravame, liquidando la comunità in denaro o con lo scorporo di una porzione di terra che, nel qual caso, diviene proprietà della comunità.
In secondo luogo si ha il diritto su terre di proprietà collettiva, ivi compresi i laghi e i corsi d'acqua, definiti beni di demanio civico.
Nel caso in cui i terreni abbiano una destinazione silvo-pastorale vanno tutelati con norme di tutela ambientale e paesaggistica, mentre se a vocazione agraria, sono destinati alla privatizzazione.
La norma stabiliva, infatti, che gli assegnatari potessero alienare e riscattare le quote, divenendone a pieno titolo, unici e soli proprietari.
Il concetto di uso civico è stato introdotto in epoca medioevale e, come abbiamo visto, solo nel Novecento è stato regolamentato in maniera organica.
Il discriminante è imputabile all'esigenza sollevata da alcuni privati, desiderosi di poter esercitare pieno titolo di proprietà su beni gravati da tali pesi.
Gli usi civici, ancora oggi presenti su porzioni di territorio, furono pensati in epoca feudale per assicurare la sopravvivenza e prosperità di determinate popolazioni, oltre alla manutenzione e cura dei vasti territori feudali, altrimenti soggetti ad abbandono.
Quando si parla di usi civici va tenuto presente che i diritti esercitati dalla collettività sulle terre private sono dei diritti imprescrittibili, ossia caratterizzati dalla totale irrilevanza al non utilizzo.
Ciò significa che sono diritti valevoli sempre, a prescindere se vengano, o meno, esercitati.
A seconda della vocazione del terreno, il diritto per uso civico può essere:
Inoltre la norma stabilisce che, nella definizione di usi civici, vanno contemplati anche il diritto di vendita di erbe, la possibilità di fissare il prezzo dei prodotti e l'evenienza di esigere il pagamento di tasse per il pascolo o per altre azioni condotte su terre private.
Capita che il possessore di un terreno, su cui gravi un uso civico, voglia estinguerlo in modo da esserne unico e solo proprietario, senza dover subire intromissioni dall'esterno e presenze indesiderate.
Prima di poter pervenire alla determinazione dell'importo da sborsare per la liquidazione, va accertata l'esistenza effettiva dell'uso civico e la sua estensione temporale.
L'avente diritto presenta una denuncia di parte alla Regione di appartenenza con la quale si denunciano gli usi esercitati o che vorrebbero essere tali.
Il più delle volte, grazie a leggi regionali mirate, questi poteri sono stati trasferiti ai relativi Comuni come, a titolo di esempio, è accaduto per la Regione Calabria.
Il Comune di Rossano, in provincia di Cosenza, precisando che con la Legge Regionale della Calabria 21 agosto 2007 N. 18 Norme in materia di usi civici e ss.mm.ii. la competenza amministrativa in materia di usi civici è stata trasferita dalla Regione Calabria ai Comuni e che nell'ambito di tale competenza assume particolare valore il Procedimento Semplificato (art. 27 della citata legge) che consente ai cittadini che risultano intestatari di terreni a livello e/o che occupano in forma arbitraria o comunque impropria terreni appartenenti al demanio civico comunale di regolarizzare le loro posizioni previo versamento del dovuto al Comune di appartenenza, ha invitato i propri cittadini a presentare domande circa l'affrancazione delle terre in questione.
La liquidazione, ossia il versamento dell'importo stabilito dall'Autorità competente, consente la trasformazione della comproprietà, tra proprietario terriero e collettività, in una proprietà per quote.
Di queste quote, una andrà assegnata alla comunità avente diritto mentre la restante parte rimarrà a pieno titolo al proprietario, in dominio libero ed esclusivo.
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