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Una cosa è umida, si dice comunemente, quando è impregnata, o anche soltanto bagnata superficialmente.
In molte unità immobiliari ai piani terra o, laddove esistano, ai piani interrati, assistiamo al fenomeno dell'umidità sui muri nella loro parte bassa.
Questo fenomeno, che prende il nome di umidità di risalita, si ha in quanto l'acqua naturalmente presente nel sottosuolo e nel suolo sul quale poggia l'edificio risale in modo capillare e si diffondende sulla superficie, manifestandosi nei modi suindicati e non di rado anche sugli stessi pavimenti.
Quali sono le cause della così detta umidità di risalita?
Di fronte a costruzioni moderne o datate le risposte possono essere:
a) inesistenza di sistemi di isolamento dell'edificio;
b) logoramento (per il caso di edifici vecchi) o cattiva posa in opera (per il caso di quelli di nuova costruzione) del sistema impermeabilizzante posto alla base dello stabile.
Chiaramente il fenomeno dell'umidità di risalita provoca dei danni al proprietario dell'unità immobiliare che li subisce, sia in relazione allo stato di manutenzione del bene, sia guardando alla salubrità degli ambienti e quindi alla loro comfortevolezza.
Negli edifici in condominio, poiché il suolo ed il sottosuolo sono parti comuni, la responsabilità per i danni da umidità di risalita sono attribuibili alla compagine, che ne risponde a titolo di responsabilità per danni da cose in custodia ai sensi dell'art. 2051 c.c.
Ma se questo fenomeno si presenta nei primi momenti (o anni) di vita di un edificio, il proprietario (o i proprietari anche nella forma di condominio) possono pretendere la sistemazione ed il risarcimento del danno dal costruttore?
Alla domanda, in sostanza, ha risposto il Tribunale di Monza con la sentenza n. 2695, depositata nella cancelleria il 16 ottobre 2014.
La soluzione al quesito è stata positiva, in quanto s'è ritenuto che l'umidità di risalita sia annoverabile tra i gravi difetti dell'edificio.
L'art. 1669 c.c. specifica che la garanzia che l'appaltatore è tenuto a prestare quando l'opera ha avuto a che vedere con edifici o cose immobili destinate a lunga durata, ha durata decennale, o meglio può essere azionata se, nel corso di dieci anni dalla realizzazione dell'opera, questa, in ragione di vizi del suolo o a causa di difetti della costruzione:
a) rovina in tutto o parzialmente;
b) oppure manifesti chiari pericoli di rovina o gravi difetti.
Per far valere la garanzia decennale, dice la norma, bisgona proporre denunzia entro un anno dalla scoperta dei difetti ed il diritto del committente ad agire in giudizio si prescrive in un anno dalla denunzia.
Il termine di denunzia, ha spiegato la giurisprudenza, inizia a decorrere da quando il proprietario del bene ha effettiva contezza della tipologia di difetti dal quale è affetto l'edificio (cfr. Cass. 9 dicembre 2013 n. 27433).
L'art. 1669 c.c. prevede un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale; ciò vuol dire che l'azione per gravi difetti può essere condotta tanto dal committente dell'opera, quanto da chi ne risulti essere il proprietario al momento della manifestazione del difetto (chiaramente sempre nel rispetto dei termini sopra indicati); è questa la ragione per la quale il costruttore-venditore può essere chiamato in causa per i gravi difetti da chi ha acquistato senza essere committente dell'opera (cfr. Cass. 15 novembre 2013 n. 25767).
La giurisprudenza di merito e di legittimità è letteralmente disseminata di pronunce nelle quali è specificato che i fenomeni riconducibili nella categoria dei gravi difetti dell'edificio atti a rendere configurabile la responsabilità dell'appaltatore (o comunque del costruttore) nei confronti del committente (o dell'acquirente) si configurano quando si manifestano dei vizi che, pur senza compromettere la stabilità dell'opera, la pregiudichino e lesionino gravemente la normale funzionalità e/o l'abitabilità dell'edificio; in poche parole ne diminuiscano il godimento recando un danno sia in tal senso, sia avendo riguardo al valore intrinseco del medesimo edificio. Tra i gravi difetti dei quali il costruttore risponde ai sensi dell'art. 1669 c.c., dice la giurisprudenza, sono ricomprese le carenze costruttive vere e proprie, ossia quelle riguardanti la realizzazione dell'opera con materiali inidonei e/o non a regola d'arte. (cfr. in tal senso App. Ancona 14 febbraio 2012 n. 116 e tra le tante Cass. Civ., n. 4622/2002, Cass. Civ., n. 12406/2001).
In questo contesto s'inserisce l'umidità di risalita.
In una causa intentata da un condominio contro l'impresa costruttrice dell'edificio – risolta dal Tribunale di Monza con la sentenza 16 ottobre 2014 n. 2695 – la compagine lamentava la presenza del fenomeno dell'umidità di risalita, attribuendone la responsabilità all'impresa edile per la cattiva esecuzione dei lavori di costruzione dell'edificio.
Nel corso della causa, il CTU ha potuto accertare che l'umidità di risalita era dovuta ad una cattiva impermeabilizzazione del suolo su cui sorgeva l'edificio.
In questo contesto fattuale, il giudice ha avuto modo di specificare che rientrano nel novero dei gravi difetti l'ammaloramento ed il deterioramento dell'intonaco della facciata causato da umidità per risalita capillare dal terreno dovuta alla mancanza di un idoneo sistema di isolamento delle fondazioni.
Come dire: non è l'umidità di risalita (fenomeno naturale) il grave difetto, ma è tale ciò che ne consente la manifestazione e le conseguenze materiali.
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