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Torna la solidarietà tra condomini per le spese comuni?
A leggere la sentenza n. 1133 resa dal Tribunale di Bari lo scorso 30 marzo parrebbe proprio di si.
Calma e gesso, verrebbe da dire: si tratta di una pronuncia che, per quanto ad una prima lettura possa dare quest'impressione, non pare essere in aperto contrato con il principio espresso dalla Cassazione.
Prima d'entrare nello specifico esame di quanto detto dal giudice barese è bene svolgere alcune premesse di carattere generale.
Capita spesso che in un condominio uno dei comproprietari sia moroso, vale a dire non adempia all'obbligazione di pagamento delle quote condominiali.
Molto frequentemente tale inadempimento genera dei contenziosi giudiziari in ragione del fatto che non si riesce a far fronte a tutte le spese per la gestione delle cose comuni.
Sebbene la legge riconosca all'amministratore gli strumenti utili a recuperare il credito della compagine, può accadere che le lungaggini processuali si scontrino con le ben più impellenti esigenze di far fronte alle spese per evitare azioni giudiziarie.
Accade così che in molte compagini si proponga di ripartire il debito del moroso tra gli altri condomini, salvo restituzione del maggior esborso una volta recuperato il giusto dovuto.
È lecita una decisione del genere?
Il Tribunale di Bari ci dice di no, in quanto, sul punto la giurisprudenza, ormai consolidata, ha statuito che, in mancanza di diversa convenzione adottata all'unanimità, espressione dell'autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell'art.1123 c.c. e, pertanto, non è consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi. (Trib. Bar. 30 marzo 2011 n. 1133).
Fin qui nulla di nuovo.
Tuttavia, prosegue il giudice estensore nell'ipotesi di effettiva improrogabile urgenza di trarre aliunde somme - come nel caso di aggressione in executivis da parte del creditore del condominio, in danno di parti comuni dell'edificio - può ritenersi consentita una deliberazione assembleare, la quale tenda a sopperire all'inadempimento del condomino moroso con la costituzione di un fondo cassa ad hoc, tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti dal vincolo di solidarietà passiva.
(Cass. sez 2 sent. n.13631 del 5 novembre 2001) (Trib. ult. cit.)
A ben vedere se l'intento è quello di salvaguardare le parti comuni dalla vendita forzata, l'assemblea, giustamente, potrebbe deliberare il pagamento per la cessazione della procedura esecutiva.
Ad ogni modo non pare ipotizzabile, in virtù di quanto chiaramente detto dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 9148/08, che il creditore del condominio, oltre ai beni comuni, possa attaccare anche il patrimonio degli altri comproprietari adempienti.
Solidarietà passiva, dunque, solo per ciò che concerne i beni comuni e non anche per le cose di proprietà dei singoli.
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