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Il tema degli abusi edilizi è spesso al centro di ampi dibattiti e la questione diviene ancora più calda nel momento in cui si parla di sanatorie e condoni edilizi.
Su quest'ultimo punto si è di recente pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n.694 del 9 gennaio 2024 che fa riferimento al terzo condono.
I Giudici Supremi, nell'esaminare il caso concreto sottoposto alla loro attenzione spiegano le regole da applicare.
Come meglio vedremo, la Corte di Cassazione ha affermato che occorre rispettare due limiti volumetrici, 750 mc, in riferimento alla singola unità abitativa e 3000 mc, se si considera l'edificio nel suo complesso.
Cerchiamo di spiegare meglio le ragioni esposte dai Giudici Supremi.
Il condono è una modalità di sanatoria di un abuso edilizio disposto con una legge speciale in presenza di determinati presupposti stabiliti dal legislatore.
Ha carattere eccezionale e spesso, soprattutto in ambito politico, determina molte discussioni. I condoni edilizi si sono dunque susseguiti negli anni e il primo da menzionare è quello che risale al 1985, il quale, oltre allo scopo di sanare il fenomeno dell'abusivismo, era stato previsto al fine di inserire un adeguato quadro sanzionatorio.
Al 1994 risale un secondo condono volto a fissare dei precisi limiti volumetrici per l'opera non conforme alla legge.
Al fine di rinnovare le linee guida delineate nel secondo condono è stato approvato il terzo con la legge 326/2003.
A seguito di disposizioni difformi emanate dalle Regioni, la materia è spesso oggetto di contrasti che finiscono dinanzi alla Corte di Cassazione chiamata non di rado a intervenire.
Nel caso esaminato Il Tribunale ordinario aveva condannato un privato rigettando la sua richiesta di sospensione e revoca dell'ordine di demolizione.
Il privato era stato condannato dalla Procura della Repubblica a demolire l'opera abusiva costituita da 3 piani fuori terra e la Corte di Cassazione, alla quale giunge la vicenda in questione, confermava i principi enunciati nella legge su cui si fonda il terzo condono.
Gli Ermellini affermano che gli estremi del condono si ravvisano solo nel rispetto di un duplice limite di cubatura:
Altro punto evidenziato è che il fabbricato deve essere considerato come un manufatto unico e non come unità abitative separate.
Ogni edificio deve essere considerato come complesso unitario qualora un solo soggetto sia legittimato alla presentazione della domanda di condono, con l'effetto che eventuali istanze separate e riferite alle singole unità di cui l'edificio è composto devono essere rigettate perché volte a eludere i limiti legali dell'opera.
La sanatoria frazionata non è dunque ammessa.
Solo nel caso in cui vi sia una chiara suddivisione dell'edificio in più parti e vi siano più soggetti legittimati a presentare l'istanza di condono sarà possibile proporre più domande e fare riferimento ai limiti di cubatura previsti per la singola unità abitativa.
Nel caso di specie, la sanatoria frazionata non è stata ammessa dai Giudici di Legittimità poiché il frazionamento della domanda aveva il chiaro intento di eludere i limiti di cubatura complessiva pari a 3000 mc.
L'istanza frazionata, sia pur in linea con i limiti della singola unità pari a 750 mc, nel caso concreto non trova alcun presupposto di ammissione.
Unico è il soggetto legittimato alla sua presentazione e unico è il fabbricato a cui fare riferimento.
La sanatoria frazionata è possibile quando sullo stesso edificio vi sono più titoli abilitativi in capo a soggetti differenti poiché l'edificio risulta già ripartito in più parti.
La sentenza citata della Corte di Cassazione contiene altresì delle specifiche in merito alla tipologia di abuso che viene commesso.
Nel caso trattato, l'ordine di demolizione non poteva essere revocato a seguito della semplice presentazione della CILA poiché si era di fronte a un intervento edilizio che comportava la variazione dell'aspetto esteriore dell'edificio.
Tale elemento è di fondamentale importanza nella valutazione del caso, poiché tale da rendere necessario il permesso di costruire non richiesto.
La Cassazione non ha dunque accolto la richiesta del privato che con il suo intervento intendeva illecitamente superare le cubature previste dalla legge.
Alla luce di quanto esposto è evidente l'importanza di appurare il rispetto dei limiti di cubatura così come ritenuto dalla Cassazione al fine di presentare la domanda.
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