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La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo.
Questa la definizione di locazione fornita dall'art. 1571 c.c.
Due le parti: il locatore (chi concede il godimento) ed il conduttore (chi ne usufruisce).
Al di là del dato formale da una parte e dall'altra possono esserci più persone: si pensi all'appartamento in comunione dei beni tra marito e moglie (o magari tra fratelli, ecc.); per una sicura regolarità del contratto è bene che entrambi lo firmino.
Anche gli inquilini possono essere più d'uno: si pensi sempre al caso di marito e moglie oppure agli appartamenti affittati a studenti per i quali sia è preferito il contratto unico all'affitto del posto letto.
Il contratto, si dice, ha valore solamente tra le parti; nel caso della locazione, però, le cose non stanno propriamente così. Vediamo perché.
Che cosa accade se, in costanza di locazione, il proprietario dell'unità immobiliare la vende o decede?
Quanto alla prima ipotesi, ai sensi dell'art. 1602 c.c.:
Il terzo acquirente tenuto a rispettare la locazione subentra, dal giorno del suo acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione.
Per il caso di decesso, la situazione non è differente: secondo la Suprema Corte di Cassazione, infatti, La morte del locatore comporta solo una modificazione soggettiva del rapporto di locazione con il subentro degli eredi nella posizione del locatore e nei suoi obblighi e con il corrispettivo dovere del conduttore di adempiere l'obbligazione relativa al pagamento del canone (cfr. Cass. n. 1811/89).
È evidente che la posizione dell'erede, in casi del genere, è sostanzialmente analoga a quella dell'acquirente.
Non cambia molto per il caso in cui a variare sia il soggetto conduttore, ma in questo caso il subentro nella posizione contrattuale è possibile solamente a determinate condizioni.
Esse sono individuate dall'art. 6 della l. n. 392/78, rubricata Successione nel contratto, che recita:
In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi.
In caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo.
In caso di separazione consensuale o di nullità matrimoniale al conduttore succede l'altro coniuge se tra i due si sia così convenuto.
La Corte Costituzionale, con una sentenza del 1988, è intervenuta sulla norma, per adeguarla ad alcune realtà di fatto non contemplate dal legislatore ma sostanzialmente analoghe.
Così con la sentenza 7 aprile 1988, n. 404, si è deciso di estendere l'applicazione della norma:
a) in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio succede nel contratto di locazione;
b) si è estesa l'applicazione del terzo comma anche al caso di separazione di fatto e all'ipotesi del conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente quando vi sia prole naturale.
Succedere nel contratto ha ben precise conseguenze:
a) il successore subentra nella medesima posizione del conduttore e quindi è tenuto a pagare il canone di affitto e le spese condominiali (salvo particolari accordi nel caso di separazione, accordi tra i coniugi separati);
b) il successore deve pagare la propria parte di tassa di registrazione come se si trattasse del conduttore;
Trattandosi di ipotesi di successione disciplinate dalla legge non è necessaria una riscrittura del contratto ma è consigliabile effettuarla comunque per regolarizzare totalmente ogni rapporto tra le nuove parti.
Nulla osta, infine, a che, per pura causalità, le parti del contratto, da entrambi i lati, possano mutare contemporaneamente.
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