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Ennesima sentenza sull'infinita saga dei parcheggi condominiali.
La materia resta sempre di grande attualità non foss'altro perché i parcheggi "nonostante le varie leggi tese a semplificarne la realizzazione (vedi legge n. 122/89)" scarseggiano.
In questo contesto i condomini, per non lasciare la propria auto nella pubblica via, s'ingegnano trovando soluzioni più o meno ortodosse.
Spesso all'ingegno di qualcuno corrisponde il disappunto dei suoi vicini: è questo il caso che ha portato la Cassazione, lo scorso 24 agosto, a pronunciare la sentenza n. 14633.
Il fatto è di quelli ricorrentissimi e per questo la pronuncia degli ermellini merita di essere citata. In breve: in un condomino esiste una stradina che conduce all'autorimessa.
Alcuni condomino decidono di utilizzarla per delle brevi soste: dei loro vicini, irritati da tale comportamento, iniziano un'azione giudiziaria volta ad ottenere una dichiarazione d'illegittimità di quella condotta.
A loro dire, infatti, l'uso dello stradello (così è chiamato in sentenza) come zona di osta rende estremamente difficoltoso il transito per l'accesso all'autorimessa.
Il tutto come sempre in questi casi attorno alla liceità dell'uso di una parte comune ai sensi del primo comma dell'art. 1102 c.c., che recita:
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
La norma è stata più volta interpretata dalla Corte di Cassazione, la quale, ormai costantemente, afferma che il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di esso, o di non impedire l'altrui pari uso.
La nozione di pari uso della, cosa comune cui fa riferimento l'art. 1102 c.c. non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione (Cass. 5 ottobre 2009, n. 21256).
Anche in ragione di queste considerazioni l'assemblea, con una deliberazione qualunque o con il regolamento condominiale, può disciplinare l'uso delle parti comuni (art. 1138 c.c.).
Stesso potere, salvo ratifica o cassazione da parte dell'assemblea, spetta all'amministratore condominiale (art. 1130, primo comma, c.c.).
Nel caso oggetto della pronuncia n. 14633 resa dalla Corte di legittimità l'uso della stradina condominiale come parcheggio è stato dichiarato illegittimo.
Secondo gli ermellini, i giudici di secondo grado avevano ben interpretato ed applicato l'art. 1102 c.c.: la strada era troppo stretta per garantire la pacifica utilizzazione primaria (vale a dire l'accesso all'autorimessa) e la sosta di veicoli.
Altrimenti detto: in casi simili sarebbe lecita la deliberazione assembleare del divieto di sosta.
È bene ricordare che questo genere di accertamenti dev'essere svolto caso per caso, sicché più che in altri casi le sentenze della Cassazione sono solamente indicative per risolvere fattispecie analoghe.
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