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Il diritto di proprietà o gli diritti reali (usufrutto, uso, diritto di superficie) possono spettare in comune a più persone. In particolare, se sulla medesima cosa coesistono diritti di proprietà più persone si parla di comproprietà.
Genericamente, la comunione è una condizione giuridica che può verificarsi in un triplice ordine di situazioni:
A seguito della comunione, qualunque essa sia, ciascun partecipante avrà la titolarità del diritto in base a una quota ideale. Si può essere comproprietari della cosa per un mezzo, per un terzo e così via. Considerata nella sua materialità, invece, la cosa appartiene per intero a tutti i partecipanti.
La quota di appartenenza identifica la misura della partecipazione di ciascuno alla comunione.
In base alla quota astratta, ciascun partecipante concorre nei vantaggi e negli oneri inerenti alla cosa comune. In linea di principio le quote si presumono uguali. Tuttavia, per legge o per volontà delle parti possono essere diverse tra loro.
Come vengono esercitate le facoltà di godimento e di disposizione della cosa comune?
L'uso della cosa comune spetta in linea di principio separatamente a ciascun comproprietario, il quale non deve però alterarne la destinazione economica e deve comportarsi in modo da non impedire l'uso da parte degli altri. Non sempre la natura del bene è tale da consentire l'uso individuale per ciascun partecipante. Se si tratta di un appartamento che appartiene a due fratelli che lo hanno ricevuto in eredità, ad esempio, e i comproprietari non possono (a causa delle dimensioni) o non ritengono opportuno coabitarlo, si potrà stabilire un uso turnuario o lo si dovrà dare in locazione.
Le modalità di utilizzo di un bene in comunione comporta delle regole precise in merito alla ripartizione delle spese che devono essere sostenute per la conservazione e per il godimento dello stesso. La situazione è tanto più evidente nel momento in cui il bene è un immobile.
Prima di affrontare più nel dettaglio la questione relativa alle spese, dobbiamo fare un cenno sulle modalità di amministrazione di un immobile in comproprietà.
L'amministrazione del bene comune spetta collettivamente ai partecipanti.
Essi delibereranno a maggioranza di quote e non di numero. Ne consegue che il singolo con una quota superiore al 50% può imporre la sua decisione sugli altri, in merito a spese di ordinaria amministrazione, anche se i restanti partecipanti sono numericamente superiori.
Per eventuali innovazioni o atti di straordinaria amministrazione è necessaria una doppia maggioranza: del numero dei partecipanti che costituisca almeno i due terzi del valore della cosa.
Non richiedono alcuna delibera le decisioni in ordine a spese di conservazione che si rendano necessarie, come vedremo in seguito.
Iniziamo facendo un esempio.
Due fratelli titolari al 50% di un appartamento convengono che solo uno dei due abiterà tale unità immobiliare, poiché l'altro vive altrove.
Chi deve pagare le spese per il godimento dell'alloggio?
Solo chi abita l'appartamento o entrambi, tenendo conto del valore delle rispettive quote?
Facciamo in primo luogo riferimento a cosa dice la Legge. In base all'articolo 1104 codice civile ciascun partecipante deve contribuire alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune. Ci si potrà liberare delle spese deliberate solo rinunciando alla comproprietà.
La legge parla di spese per la conservazione del bene e di spese per il godimento.
Tra le due voci di spesa sussiste una differenza. Le spese per la conservazione sono quelle sostenute per la tutela o il ripristino dell'integrità del bene: si pensi ali interventi di manutenzione dello stesso che si rendano necessari per evitare la sua rovina o deterioramento.
Le spese per il godimento riguardano l'uso della casa in comproprietà da un punto di vista materiale.
Alle spese di conservazione, in quanto rientranti nell'ambito di interesse di tutti i partecipanti, a essi devono essere imputati tali oneri. Alle spese di godimento devono contribuire tutti coloro che ne facciano uso.
Quindi, se le prime si ripartiscono in base alle quote astratte di appartenenza, le seconde si suddividono in base all'uso effettivo che ciascuno faccia del bene.
Per rispondere alla domanda iniziale, in caso di immobile in comproprietà abitato da un solo proprietario, sarà quest'ultimo a dover sostenere le spese per l'uso e il consumo.
Ove invece si tratti di una spesa di conservazione si dovrà fare riferimento alle quote di ognuno.
L'articolo 1110 codice civile afferma che il partecipante, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune ha diritto al rimborso.
Il rimborso delle spese, come stabilito dalla norma e e dall'interpretazione della giurisprudenza, è previsto unicamente in caso di spese di conservazione volte a evitare il deterioramento del bene.
Quando la spesa per la conservazione dell'immobile in comproprietà può dirsi necessaria?
Quando dunque uno dei comproprietari, in assenza dell'altro, è legittimato a eseguire dei lavori di ristrutturazione del tetto, chiedendo poi il rimborso, come abbiamo specificato prima?
Su questo punto ci sono spesso controversie e si finisce molte volte in tribunale, soprattutto se le spese sono ingenti. Solo la spesa necessaria, pur se non urgente, può essere effettuata dal singolo comproprietario che ne assume l'iniziativa, salvo poi il diritto di ottenere il rimborso dagli altri, in base alle varie quote.
Requisito per poter ottenere il rimborso, come stabilito dalla Corte di Cassazione, è che colui che abbia assunto l'iniziativa, prima di effettuare il pagamento, abbia avvertito gli altri comproprietari dell'opportunità di effettuare dei lavori di manutenzione. Si deve avvisare gli altri partecipanti per poter eventualmente attivarsi. In caso di inerzia da parte degli altri, egli potrà procedere rivolgendosi alla ditta esecutrice e versando la somma richiesta per l'intervento.
Qualora il rimborso venga negato il soggetto sarà legittimato ad agire davanti al giudice, tenendo presente che su di lui incomberà l'onere di dimostrare il carattere necessario della spesa nonché l'inerzia degli altri comproprietari. Dunque in mancanza di accordo tra le parti sarà il giudice a dover decidere.
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