|
Pagare le spese condominiali è un obbligo che discende direttamente alla titolarità del diritto reale sull'unità immobiliare ubicata in condominio.
Quelle condominiali sono dette obbligazioni propter rem: esse, cioè, sono legate al diritto sul bene e col diritto circolano. La trasferimento della proprietà consegue il trasferimento dell'obbligo di pagamento.
Si badi: ciò che si trasferisce non è l'obbligazione già sorta, il titolare di essa è il proprietario dell'appartamento al momento della spesa (o della sua deliberazione in caso di lavori straordinari).
Ciò che si trasferisce è l'obbligo: dalla cessione dell'unità immobiliare in poi il nuovo titolare è anche, automaticamente titolare dell'obbligo.
Due eccezioni:
- la solidarietà in capo a chi subentra nei diritti del condòmino per i debiti inerenti all'anno precedente e a quello nel corso del quale è avvenuta la cessione (art. 63, terzo comma, disp. att. c.c., a riprova del fatto che il debito già sorto non si trasferisce);
- la solidarietà in capo a chi cede l'unità immobiliare, per tutti i debiti successivi alla cessione fintanto che non sia comunicata all'amministratore copia autentica del rogito notarile o la dichiarazione equivalente, come specificato dal consiglio notarile (art. 63, quinto comma, disp. att. c.c.).
La misura delle partecipazione alle spese, cioè qual è la parte di spesa che il condòmino deve pagare, è determinata grazie alle tabelle millesimali, strumento essenziale nella gestione del condominio.
Ciò detto è utile comprendere due aspetti fondamentali:
- chi può disporre le spese condominiali
- qual è l'utilità del piano di riparto
L'amministratore ha il potere, ai sensi di quanto disposto dagli artt. 1130 e 1133 c.c., di disporre spese condominiali ordinarie.
Secondo parte della giurisprudenza (si veda Cass. n. 454/2017) tale potere è soggetto alla successiva verifica e ratifica da parte dell'assemblea: chi scrive è d'accordo solo in parte. Determinati poteri dell'amministratore sono suoi in quanto riconosciutigli dalla legge.
Se c'è da pagare il corrispettivo per un intervento ordinario non preventivato, al termine dell'anno l'assemblea dovrà prenderne atto, non avrà potere di contestarlo.
Si pensi al caso in cui, per mera svista, sia stato approvato un preventivo senza l'indicazione della spesa per il consumo di energia elettrica: davvero si può pensare che l'assenza dal documento infici la possibilità di pagare gli importi richiesti dal fornitore?
Nessun dubbio nemmeno sull'autonoma legittimazione dell'amministratore ad erogare spese straordinarie urgenti, così come specificamente disposto dall'art. 1135, secondo comma, c.c.
La disposizione delle spese da parte dell'amministratore, salvo il caso di presenza di fondo cassa all'uopo destinato, è accompagnata dalla richiesta ai condòmini; richiesta effettuata sulla scorta della ripartizione della spesa medesime in ragione dei criteri di riparto applicabili. In buona sostanza è prassi che l'amministratore che ordina la spesa predisponga altresì il piano di riparto.
Senza dubbio l'organismo che ha il principale potere di disporre le spese condominiali è l'assemblea: spetta ad essa approvare il preventivo annuale di gestione, il rendiconto condominiale predisposto dall'amministratore, le spese straordinarie ed in generale ogni altro intervento sulle cose comuni.
L'approvazione delle spese da parte dell'assemblea solitamente avviene unitamente all'approvazione del così detto piano di riparto.
Il piano di riparto, cui sé accennato in precedenza, altro non è che un documento contenente la suddivisione della spesa (o delle spese) sulla base della tabella millesimale applicabile.
Nel caso di singola spesa, sarà lo specifico costo (es. riparazione straordinaria portone d'ingresso) ad essere oggetto di suddivisione tra i condòmini.
Nel caso di spesa inserita nel preventivo o nel rendiconto, essa confluirà nel gruppo di spese omogenee per piano di riparto.
Si supponga che nel condominio Alfa ci siano da ripartire con la tabella di proprietà le spese per il compenso dell'amministratore, quelle per l'assicurazione, quelle per la manutenzione della facciata, ecc.
L'amministratore esporrà singolarmente questi costi nel preventivo (o rendiconto) e poi li raggrupperà complessivamente in ragione del medesimo criterio di riparto applicabile, per poi provvedere alla suddivisione tra i condòmini. Così, ad esempio, nel piano di riparto del condominio Alfa, sotto la voce tabella A (generale di proprietà) il condòmino Tizio troverà la somma delle voci di spesa suddivisibili con quella tabella.
Nulla di irreparabile: l'assenza del piano di riparto, questa la conclusione che possiamo trarre dalla lettura dell'art. 63 disp. att. c.c., impedisce all'amministratore di domandare all'Autorità Giudiziaria l'emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
Meglio: l'assenza del piano di riparto non preclude la domanda, la esclude che il decreto richiesto possa avere tale provvisoria esecutività.
Se poi questa viene concessa, tanto ci dice la giurisprudenza (App. Campobasso n. 223/2018), l'eventuale opposizione non potrà avere come risultato la revoca del suddetto decreto.
Motivo? La ripartizione della spesa e quindi il suo piano di riparto è mera operazione matematica da farsi su specifici criteri dettati dalla legge. Come dire: ciò che manca è facilmente calcolabile e quindi la sua assenza non è poi così grave.
|
||