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Le piante non devono sporgere dalle inferriate dei giardini, sia pubblici che privati sulle pubbliche vie. Lo stabiliscono una serie di norme e va da sé che il senso di tale divieto è quello di evitare problemi alla circolazione stradale nonché al transito dei pedoni sui marciapiedi delle nostre città.
Il motivo del divieto non è solo questo ma è collegato anche alla caduta di rami e foglie sul marcipaiede o sulla strada: la non corretta tenuta delle piante comporta anche che queste, una volta cadute dall'albero (perché seccate o per altri motivi) giungano sul marciapiede o sulla strada, ostacolando il passaggio dei pedoni e divenendo una vera e propria fonte di pericolo per la circolazione stradale.
Inoltre, in caso di pioggia, i detti residui rischiano di intasare i tombini della raccolta dell'acqua piovana provocando allagamenti e disagi vari. A questo si può aggiungere che senza dubbio la scarsa manutenzione del giardini, privati o pubblici, lede il decoro urbano.
La cura di un giardino richiede tempo, voglia e risorse che non sempre ci sono: purtroppo, infatti, vediamo noi tutti che le nostre città ci offrono, accanto a giardini ben tenuti, la vista di situazioni di abbandono e degrado.
Le norme che regolano la materia sono contenute, per quanto a noi qui interessa, nel Codice della strada e nei regolamenti comunali.
Anche il codice civile si occupa dell'argomento, prevedendo e regolando la recisione di rami protesi e di radici, in particolare all'art. 896 c.c. (ma v. in generale gli art. 892 c.c. e ss.) anche, ma bisogna considerare che è stato statuito (v. Cass. n. 19035/2008) che tale norma riguarda i rapporti di natura privata e tale non è quello deciso dalla sentenza in commento.
Aggiungiamo, inoltre, che anche gli alberi, i parchi e i giardini a determinate condizioni possono rientrare nella particolare disciplina a tutela dei beni culturali e del paesaggio (v. D. Lgs. n. 42/2004).
Per quanto riguarda il Codice della strada (D.Lgs. n. 285/1992), l'art. 29 prevede che:
I proprietari confinanti hanno l'obbligo di mantenere le siepi in modo da non restringere o danneggiare la strada o l'autostrada e di tagliare i rami delle piante che si protendono oltre il confine stradale e che nascondono la segnaletica o che ne compromettono comunque la leggibilità dalla distanza e dalla angolazione necessarie.
2. Qualora per effetto di intemperie o per qualsiasi altra causa vengano a cadere sul piano stradale alberi piantati in terreni laterali o ramaglie di qualsiasi specie e dimensioni, il proprietario di essi è tenuto a rimuoverli nel più breve tempo possibile.
3. Chiunque viola le disposizioni del presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 169 a Euro 680.
4. Alla violazione delle precedenti disposizioni consegue la sanzione amministrativa accessoria dell'obbligo, per l'autore della stessa, del ripristino a sue spese dei luoghi o della rimozione delle opere abusive art. 29, C.d.S).
L'Autorità preposta al controllo è soggetta, per quanto qui interessa, al rispetto dell'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento.
Tale obbligo è previsto dall'art. 7, L. n. 241/1990, secondo cui, per quanto qui interessa,
ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, v. art. 7, D. Lgs. n. 241/1990
l'avvio del procedimento stesso deve essere comunicato ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale produrrà effetti diretti e a quelli che per legge debbono intervenirvi.
Ove poi non sussistano le dette ragioni di impedimento, nel caso in cui da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, che siano diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire anche loro notizia dell'inizio del procedimento.
Resta salva la facoltà per l'amministrazione di adottare, anche prima delle dette comunicazioni di avvio del procedimento, provvedimenti cautelari.
Le modalità con cui deve essere data notizia dell'avvio del procedimento sono indicate dall'art. 8. L. n. 241/1990, secondo cui, in sintesi, la comunicazione deve essere personale e deve indicare: l'amministrazione competente; l'oggetto del procedimento promosso; l'ufficio e la persona responsabile del procedimento; la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione; nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza; l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti.
Se, per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o sia particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede con forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima.
L'art. 8 cit. prevede anche che l'omissione di una delle comunicazioni prescritte può esser fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista.
Come si evince, l'amministrazione può omettere la comunicazione solo in caso di particolari esigenze di celerità del procedimento.
Il principio è stato espressamente affermato dalla sentenza del TAR Veneto n. 1018, depositata il 30 ottobre 2018.
Succedeva nei fatti che un'ordinanza dirigenziale del Comune di Bassano del Grappa ingiungeva a un uomo il taglio della vegetazione radicata nel fondo di sua proprietà che si protendeva sulla pubblica via, la potatura delle siepi che invadevano la strada e la rimozione di quanto già caduto sulla sede stradale.
Premesso che nel terreno di proprietà dell'uomo sono presenti alberi secolari e di pregio, egli impugnava il provvedimento contestando, per quanto interessa, la violazione dell'art. 7 della l. n. 241/1990, per avere la P.A. omesso la comunicazione di avvio del procedimento; eccesso di potere, ai sensi dell'art. 21-octies, co. 1, L. n. 241/1990, in quanto l'ordinanza sarebbe stata emessa non rispettando i criteri di economicità, efficacia ed efficienza ex art. 1 della l. n. 241/1990, e sarebbe corredata una motivazione generica e carente, anche per quanto riguarda l'urgenza della sua adozione.
Ricordiamo in proposito che gli atti amministrativi devono essere adeguatamente motivati, ex art. 3, L. n. 241/1990.
Il tribunale amministrativo accoglie l'eccezione relativa al difetto di comunicazione dell'avvio del procedimento, la cui assenza ha impedito all'uomo di partecipare al procedimento.
La difesa comunale si era giustificata facendo riferimento a particolari esigenze di celerità procedimentale la cui presenza, come su detto, ai sensi dell'art. 7, co. 1, L. n. 241/1990, consente l'omissione della detta comunicazione.
Ma, osserva il TAR, in contraddizione con tale argomento, il Comune afferma, poi, che l'interessato avrebbe comunque la possibilità di presentare memorie e documenti nel procedimento attivato con l'ordinanza impugnata.
Ciò sul presupposto che questa costituisca un mero atto interno al procedimento e non atto finale (in quanto atto interno, la stessa difesa affermava anche che esso non poteva essere impugnato).
Inoltre, continua il TAR menzionando anche un proprio precedente (TAR Liguria n. 2677/2010), la P.A., nel caso decida per ciò di omettere la comunicazione dell'avvio del procedimento, ha comunque l'onere di specificare le ragioni di impedimento date da particolari esigenze di celerità - previste dall'art. 7 su citato - che giustificherebbero l'omissione di dette garanzie; asserisce infatti, anche qui richiamando altra decisione (TAR Valle d'Aosta n. 5/2002), che è illegittima l'omissione dell'avviso di avvio del procedimento motivata da esigenze di celerità del procedimento indicate genericamente.
Nel caso concreto, osserva il TAR, non solo il richiamo al detto impedimento è generico, ma appare pretestuoso: nelle more dell'espletamento del contraddittorio procedimentale, il comune potrebbe adottare accorgimenti (come recintare l'area collocare cartelli e segnalazioni di pericolo, ecc.), utili ad evitare rischi per persone e cose.
Per quanto detto, è accolto anche il terzo motivo di ricorso, il quale fa riferimento alla carenza di motivazione dell'atto in ordine all'urgenza.
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