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Ai sensi dell'art. 908 c.c.
Il proprietario deve costruire i tetti in maniera che le acque piovane scolino nel suo terreno e non puo' farle cadere nel fondo del vicino.
Se esistono pubblici colatoi, deve provvedere affinché le acque piovane vi siano immesse con gronde o canali. Si osservano in ogni caso i regolamenti locali e le leggi sulla polizia idraulica.
Si tratta della norma che disciplina il così detto stillicidio, ossia la caduta dell'acqua piovana dai tetti di un edificio.
La norma trova applicazione quando il proprietario di un fondo abbia inteso intervenire con delle opere edilizie sulla sua proprietà.
Nel caso, infatti, di scolo naturale non dovuto all'attività dell'uomo, il fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che dal fondo più elevato scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l'opera dell'uomo (art. 913, primo comma, c.c.).
L'evento che solitamente, in tema di scolo delle acque, crea maggiore disturbo è quello dello sciorino dei panni dai balconi e dell'eventuale, annesso, sgocciolamento.
Si tratta di una forma di stillicidio particolarmente fastidiosa che spesso reca disturbo rendendo, di fatto, non fruibile quella parte dell'unità immobiliare soggetta a tale sgocciolamento.
È lecita una simile pratica?
Se sì a che condizioni?
Innanzitutto, per ciò che concerne i profili più propriamente pubblicistici è sempre necessario consultare il regolamento di polizia locale che potrebbe disciplinare orari, modi e divieti dello sciorinamento dei panni soprattutto in quei casi in cui ciò debba essa fatto da appartamenti che aggettano sulla pubblica via.
In secondo luogo è necessario consultare gli atti d'acquisto e se si tratta di condominio con regolamento contrattuale anche quest'ultimo documento.
In sostanza non esiste un diritto riconosciuto dal codice civile a stendere la biancheria bagnata dai propri balconi quanto piuttosto tale facoltà, sotto forma di servitù, potrebbe essere riconosciuta dall'autonomia privata delle parti interessate.
La Cassazione, che è intervenuta proprio in merito alla questione sciorinio dei panni, ha avuto modo di affermare che lo stillicidio, sia delle acque piovane, sia, ed a maggior ragione, di quelle provenienti (peraltro con maggiore frequenza) dall'esercizio di attività umana, quali quelle derivanti dallo sciorinio di panni mediante sporti protesi sul fondo alieno (pratiche comportanti anche limitazioni di aria e luce a carico dell'immobile sottostante), per essere legittimamente esercitato, debba necessariamente trovare rispondenza specifica in un titolo costitutivo di servitù ad hoc o, comunque, ove connesso alla realizzazione un balcone aggettante sull'area di proprietà del vicino, essere esplicitamente previsto tra le facoltà del costituito diritto reale (Cass. 28 maggio 2007 n. 7576).
Chiarito ciò è utile domandarsi: come può agire il proprietario dell'appartamento sottoposto che si ritiene vessato dal continuo sgocciolamento dei panni.
La prima cosa da fare è quella di consultare l'atto d'acquisto ed il regolamento condominiale per comprendere se dagli stessi possa evincersi il riconoscimento di una servitù ad hoc.
Una volta appurato che ciò non sussiste potrà agire legalmente per ottenere la cessazione della condotta lesiva oltre che l'eventuale risarcimento del danno.
Trattandosi di materia relativa a diritto di proprietà dal 2011, prima d'intraprendere un'azione giudiziale, sarà necessario esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione.
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