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Il verificarsi di rumori molesti in condominio è spesso un problema che molti condomini si trovano spesso ad affrontare.
Sebbene vi siano normative a livello comunale chiare e altrettanto chiari regolamenti condominiali a stabilire le ore di quiete, sovente le liti, che contrappongono condomini, riguardano il mancato rispetto delle disposizioni che disciplinano tali ore di riposo.
Cosa fare in questi casi?
Come tutelarsi?
Prima di ricorrere alle c.d. via legali, è consigliabile provare a instaurare un dialogo costruttivo con il vicino rumoroso,per evitare giudizi caratterizzati da tempistiche molto ampie e da un elevato grado di aleatorietà, sull'esito del procedimento.
Ciò nondimeno, qualora tale tentativo non raggiunga il successo atteso, il nostro ordinamento giuridico mette a disposizione di ogni condomino una serie di strumenti finalizzati a ristabilire la situazione e far cessare la turbativa.
Ulteriore tentativo che può essere esperito, prima di adire le vie legali, consiste nel mettere al corrente l'amministratore di condominio della situazione, al fine di consentire a questi di emanare una serie di provvedimenti, previsti dalla riforma del condominio, per far rispettare quanto prescritto nel regolamento.
In primis, dopo aver informato l'amministratore di condominio, questi solitamente provvede a apporre, presso locali comuni o presso luoghi di passaggio (vano scale, ascensore ecc.) appositi avvisi, con i quali esorta i condomini a rispettare le elementari norme di comportamento, contenute nel regolamento condominiale o stabilite a livello comunale, invitando tutti i condomini a far cessare le immissioni moleste di rumore.
Qualora tale ulteriore tentativo rimanga infruttuoso, è possibile agire ad personam nei confronti del condomino irrispettoso del regolamento condominiale, comminando specifiche sanzioni.
Come noto, infatti, ai sensi dell'art. 70 c.c. per le infrazioni al regolamento di condominio e l'applicazione delle conseguenti sanzioni, devono essere approvate dall'assemblea dei condomini, con le maggioranze di cui al secondo comma dell'articolo 1136 c.c., ovverosia con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
Allorquando i rumori arrecati da un condomino siano ritenuti da più vicini non tollerabili e nel caso in cui i citati tentativi non sortiscano l'effetto desiderato, è possibile chiedere l'intervento delle forze dell'ordine.
Da tale intervento, è possibile che ne scaturisca un contenzioso in sede penale, atteso che tale chiamata può costituire denuncia a tutti gli effetti.
Come rilevato, è sempre consigliabile, prima di adire le vie legali, tentare di risolvere la questione in via bonaria.
Qualora ciò non sia possibile, la strada percorribile prevede l'intervento di un legale di fiducia, per ottenere dal giudice (giudice di pace competente territorialmente) un provvedimento che possa stabilire e attestare la non tollerabilità del rumore e il conseguente risarcimento.
Al riguardo, occorre rilevare come la normativa non stabilisce espressamente dettagliati parametri per ritenere superata la soglia di tollerabilità.
Tale limite dipende, infatti, da una serie di fattori da valutare caso per caso quali, in particolare, l'orario, la frequenza e l'intensità dei rumori e certamente anche il livello determinato in decibel.
In assenza di apposita regolamentazione sul punto, la giurisprudenza, spesso ondivaga, ha stabilito, in linea generale, l'estensione della legge in materia di inquinamento acustico (Legge n. 447/1995 e DPCM del 14 novembre 1997, afferente alle attività commerciali produttive e professionali), anche in ambito privatistico, con la conseguenza che il rumore non deve essere superiore a 3 decibel durante la notte e 5 decibel durante le ore del giorno.
Al di sotto di tali limiti, il rumore è considerato di normale tollerabilità, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 844 c.c. non si può impedire le immissioni di rumore che non superano la normale tollerabilità.
A contrariis, al di sopra di tali limiti, il comportamento può integrare gli estremi di un illecito civile o penale.
In linea generale, il rumore sopra la normale tollerabilità, se avvertito da un numero anche ristretto di condomini, può eventualmente costituire illecito civile.
In tale caso, al fine di far valere il proprio diritto alla quiete, occorre dunque rivolgersi a un legale e citare in giudizio il condomino controparte, al fine di ottenere, da parte del giudice, inibitoria alla cessazione del rumore e, in determinati casi, allorquando sia dimostrato il danno, anche il relativo risarcimento, solitamente non patrimoniale.
In ordine alla determinazione della non tollerabilità del rumore in condominio, occorre precisare che la giurisprudenza è ormai pacifica nel ritenere di primaria importanza la misurazione del rumore, in particolare, di fondo (Cass. 17 febbraio 2014 n. 3714), attraverso appositi strumenti.
Ne consegue che, la mancata misurazione di tale tipologia di rumore non consente di dimostrare l'intollerabilità delle immissioni sonore (Cass., n. 16601/2017).
Come in precedenza rilevato, allorquando le immissioni rumorose siano avvertite come intollerabili da più condomini (in alcune occasioni la giurisprudenza ha considerato sufficienti tre condomini, in tale senso, Cass. ord. n. 33708/2020), queste possono integrare gli estremi di un comportamento penalmente rilevante, allorquando sia dimostrata la lesione di un diritto fondamentale della persona ovverosia il diritto alla salute, protetto dall'art 32, Costituzione.
In tali casi, è, infatti, possibile configurare la fattispecie delittuosa del disturbo alla quiete pubblica, prevista e disciplinata dall'art. 659 c.p.p., a norma del quale, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 309 euro chi, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche o ancora suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone in ambito condominiale.
Al fine di dimostrare la sussistenza degli estremi di reato di disturbo alla quiete pubblica, dopo avere presentato apposita querela nei confronti del condomino rumoroso, è possibile avvalorare, in giudizio, il proprio diritto alla quiete mediante la testimonianza di condòmini, i quali affermino di percepire il rumore come non sopportabile (Cass., 25 settembre 2020, n. 36329).
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