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L'appalto, specifica l'art. 1655 del codice civile, è quell'accordo con cui una parte, detta appaltatore, assume l'incarico di eseguire un'opera o prestare un servizio in favore dell'altra, detta committente, a fronte di un corrispettivo in denaro.
La norma codicistica specifica che quanto pattuito è con organizzazione di mezzi e gestione del rischio in capo all'appaltatore. Semplificando, ciò vuol dire che se qualcosa va storto, salvo forza maggiore, la responsabilità è dell'appaltatore medesimo.
Dottrina e giurisprudenza (es., tra le tante, Cassazione civile, sezione I, 9 ottobre 2017 n. 23594) sono concordi nell'affermare che con la sottoscrizione del contratto l'appaltatore assuma una obbligazione di risultato.
La differenza è con le obbligazioni di mezzo, in relazione alle quali chi le assume non ha l'obbligo di raggiungere un risultato, ma di adempiere in modo tale che quel risultato possa essere raggiunto e se ciò non avviene non è per colpa sua.
Classico esempio dell'obbligazione di mezzo è quella del medico, che ha l'obbligo di curare, non di guarire, o dell'avvocato, che ha l'obbligo di difendere diligentemente il cliente, non di vincere la causa.
L'appaltatore, invece, assume l'obbligo di realizzare l'opera. Nel caso di ristrutturazione, di manutenere l'edificio o le parti dell'edificio oggetto d'intervento.
Con il contratto di appalto per ristrutturazione, il committente affida all'appaltatore il compito di eseguire opere di manutenzione – dette anche interventi conservativi – dell'edificio nella sua interezze, o, molto più probabilmente, di una parte di esso.
Gli interventi manutentivi concordati tra le parti possono essere catalogati nell'ambito di quelli elencati nel testo unico dell'edilizia, il d.p.r. n. 380/01, ed essere quindi così distinti:
- interventi di manutenzione ordinaria;
- interventi di manutenzione straordinaria;
- interventi di restauro e di risanamento conservativo;
- interventi di ristrutturazione edilizia.
Si badi: nella definizione di queste varie tipologie d'intervento sono inclusi anche interventi che, in termini comuni, non possono essere considerati veri e propri interventi di ristrutturazione. Nelle opere definite di restauro e risanamento conservativo, ad esempio, sono inclusi interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria dell'edificio preesistente.
Ad li là di queste ipotesi particolari, quando si parla di ristrutturazione, in gergo tecnico si fa riferimento a queste quattro tipologie d'intervento, la cui consistenza incide anche e soprattutto sul regime autorizzativo, passandosi ad opere in edilizia libera, che non necessitano di alcuna comunicazione al comune competente, ad opere che necessitano di una SCIA.
Uno degli elementi fondamentali in relazione al contenuto del contratto di appalto, è il termine di consegna delle opere concordate.
Non esiste un termine di legge entro il quale le opere vanno eseguite, cioè che imponga che per una particolare lavorazione i tempi sia un giorno, ovvero due mesi.
Esiste al più esiste un termine di legge di validità delle autorizzazioni amministrative alla esecuzione delle opere. Ad esempio nel permesso di costruire bisogna indicare l'inizio e la fine delle opere e il permesso, salvo proroghe ha validità per tre anni dal loro inizio.
Il termine, comunque, è sempre inserito in contratto in quanto in relazione ad esso si sviluppano delle vicende di rispettivo interesse delle parti.
Spieghiamoci meglio: se committente e appaltatore concordano che per le opere da eseguirsi sono necessari e sufficienti trenta giorni lavorativi, sarà interesse del primo specificare ciò in contratto, così rientrando la tempistica negli elementi di valutazione del corretto adempimento, e dell'appaltatore la specificazione delle eccezioni alla nozione di giorno lavorativo, specificando ad esempio che tali non possono essere considerati quei giorni con condizioni metereologiche contrarie alla specifica lavorazione da eseguire.
È classico l'inserimento a contratto di una clausola penale, la quale preveda la diminuzione del corrispettivo in denaro dovuto al ritardo nella consegna dell'opera.
Sebbene la giurisprudenza non abbia negato la compatibilità tra termine di fine opere non essenziale e clausola penale (Cass. 4 marzo 2005 n. 4779), è bene che il contratto di appalto prevede espressamente la essenzialità del termine ai fini di una certa applicazione della clausola penale.
La misura della clausola penale può essere diminuita dal giudice (art. 1384) c.c.;
- nel caso in cui l'obbligazione principale sia stata eseguita in parte;
- qualora l'ammontare della penale sia manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento.
A dire il vero, è possibile prevedere anche che al mancato rispetto del termine essenziale segua la risoluzione del contratto per inadempimento dell'appaltatore, fermo restando il diritto al risarcimento del danno causato dall'inadempimento in esame (mancata fine dei lavori di ristrutturazione entro il termine pattuito.
Qual è il migliore rimedio contro gli effetti del ritardo, quindi, va valutato a monte, cioè prima della sottoscrizione del contratto, fermo restando che la giurisprudenza ritiene compatibili (ma autonome tra loro) la previsione di una penale e la risoluzione del contratto (Cass. 24 aprile 2008 n. 10741).
Nessuna responsabilità ergo nessuna penale e risarcimento potranno essere applicati ottenuti se il ritardo è giustificato.
Si supponga che una copiosa nevicata, in una località che solitamente non è investita da questo genere di lavori, abbia bloccato la esecuzione delle opere per più d'una settimana e che in considerazione delle avversità atmosferiche la fine dei lavori sia slittata oltre il termine pattuito.
In tale situazione, evidentemente, l'appaltatore potrà invocare l'accadimento di un fatto di forza maggiore che non ha consentito la consegna nei termini pattuiti. Ciò, chiaramente, dove l'evento possa essere considerato davvero imprevedibile anche solamente nella portata, ossia che si sarebbero potuti adottare accorgimenti per evitarne effetti negativi sulla durata dei lavori.
Del pari giustificati devono essere considerati i ritardi dove il committente abbia ordinato variazioni al progetto o nel caso di variazioni necessarie in cui il ritardo non sia imputabile all'appaltatore.
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