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L'assegnazione fatta dalla cooperativa edilizia a soggetti aventi requisiti di abitazioni popolari, con i benefici della legge 167/62 relativa a un fabbricato costruito su area PEEP appositamente destinata dal Piano Regolatore Generale del Comune, acquisita, espropriata e concessa in diritto di superficie per 99 anni rinnovabile, previo il pagamento di tutte le spese sostenute dal Comune, non mette al riparo il socio dalle spese per il definitivo riscatto.
Quasi sempre il prezzo di esproprio, calcolato su parametri catastali molto bassi, non è mai quello di mercato. In tanti casi ha costretto il proprietario dell'area, a suo tempo, a fare ricorso al tribunale contro l'ammontare dell'indennità dell'espropriazione, e, vedendo riconosciute le sue ragioni, il Comune ha dovuto versare il maggior prezzo al ricorrente, in aggiunta a quello fatto in sede di esproprio, riferito alla data in cui il terreno è diventato cantiere per i lavori di costruzione dell'edificio.
È palesemente chiaro che il Comune, dovendo reperire tale somma, che di fatto si aggiunge ai costi di acquisizione dell'area, ha dovuto "caricare" sugli assegnatari cooperatori.
Le quote spettanti, per il reperimento della maggior somma, vengono calcolate in proporzione ai millesimi della tabella di proprietà generale (compreso le parti comuni dell'edificio come l'androne, le scale il sottotetto, le aree esterne, giardini, ecc.), e versate nelle casse comunali, anche se nel frattempo sono state anticipate dal Comune.
Ciò premesso, nulla cambia nello stato dei rapporti fra comune e assegnatari per cui, allo scadere del novantanovesimo anno, quando scadrà il diritto di superficie, l'intero complesso immobiliare passerà in proprietà del demanio comunale (articolo 934, Codice civile), salvo un ulteriore rinnovo della concessione per altrettanti anni, previo pagamento dei diritti del caso.
Spesso le aspettative del socio assegnatario sono rimaste deluse davanti ad una ipotesi di vendita o richiesta di mutuo fondiario, anche per la sola ristrutturazione, per il semplice fatto di essere proprietari a tempo e solo in parte.
Anche la prospettiva di ricavare un prezzo congruo dopo vent'anni di mutuo e di sacrifici non è compensata.
Il valore di vendita, a cui l'assegnatario deve adeguarsi, è determinato dal Comune in base al costo di costruzione iniziale, rivalutato di anno in anno, in base agli indici ufficiali Istat.
È agevole capire che il valore venale dell'unità immobiliare è praticamente dimezzato.
L'introduzione della legge n. 448/98, l'articolo 31, commi dal 45 al 48, ha permesso ai Comuni di mettere la parola fine ai rapporti con gli assegnatari dei predetti alloggi, mediante il pagamento del maggior valore attuale dell'area, sulla base dei corrispettivi calcolati ai sensi del comma 48, al netto delle somme già versate in sede di esproprio.
Concludendo, qualora i soci assegnatari volessero riscattare il valore dell'area rivalutata ad oggi, dovrebbero farne richiesta al Comune, come previsto dal comma 45 dello stesso articolo e, dopo aver stipulato l'atto oneroso di affrancazione, diverrebbero proprietari a pieno titolo del proprio alloggio, con la possibilità di cederlo a terzi e a prezzi di mercato, non essendo più legati alle norme della legge 167/62.
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