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Vi chiedete se esiste una qualche forma di tutela nei confronti dei pregiudizi derivanti alle vostre proprietà dalle costruzioni pubbliche?
Non ci riferiamo agli espropri per pubblica utilità e nemmeno alla costituzione di servitù coattive, come quella rappresentata dalla fornitura del gas e o di elettrodotto.
Ci riferiamo proprio ai danni derivanti alla proprietà private a causa di opere costruite nei pressi delle stesse.
Costruzioni come passaggi ferroviari, ponti, strade, depuratori, passaggio di aerei e tutto quello che ne deriva: rumore, inquinamento, cattivo odore, lanci di oggetti.
Quando si compra una casa, chi può, è disposto a spendere di più quanto più piacevole immagina la sua vita in quella abitazione; ecco, infatti, che molti scelgono una casa anche in considerazione di elementi come la posizione in una zona esteticamente gradevole, la distanza da agenti inquinanti come rumore e smog, etc.
Sono scelte che non tutti possono permettersi, perché spesso tali elementi incidono sul prezzo di vendita delle abitazioni, aumentandolo.
Poi magari succedere che quella stessa zona subisca delle modifiche peggiorative a causa di costruzioni pubbliche, e in tal caso il bene si deprezza.
È prevista una forma di tutela per questo tipo di situazioni?
Ebbene, la norma, anche se guardandoci intorno sembrerebbe di no, esiste e anche da moltissimo tempo.
In realtà ha ricevuto un restyling, data la sua veneranda età, ma è ancora viva e vegeta!
Ci ha pensato a ricordarlo la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 13368 del 26 maggio 2017.
La norma cui si riferisce la Corte è, udite udite, contenuta nell'art. 46 della L. 2359 del 1865.
Avete letto bene: la legge è del 1865!
In realtà, dobbiamo parlare al passato, perché l'attuale fonte normativa è il DPR 327 del 2001, il quale ha infatti abrogato la L. 2359 del 1865.
Nel DPR 327, infatti, vi è una norma, precisamente l'art. 44, che per quanto qui interessa, appare sostanzialmente identico al precedente.
Testualmente il vecchio art. 46 prevedeva che
È dovuta una indennità ai proprietari dei fondi, i quali, dall'esecuzione dell'opera di pubblica utilità vengano gravati di servitù, o vengano a soffrire un danno permanente derivante dalla perdita o dalla diminuzione di un diritto. art. 46, L. 2359/1865
Mentre, oggi l'art. 44 invece prevede, per quanto qui interessa, che
È dovuta una indennità al proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell'opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà. art. 44, DPR 327/2001
L'abrogazione è comunque successiva ai fatti cui si riferisce il giudizio deciso con la sentenza n. 13368.
Dunque, pur essendo cambiati gli estremi dell'atto normativo, la norma nella sua sostanza esiste ancora oggi.
Nel caso deciso dalla recente sentenza n. 13368, la controversia era stata attivata da un condominio nei confronti del comune per i danni derivanti da una strada costruita - nel rispetto della legge ma - passante su un muro di sostegno di elevata altezza addossato al muro di cinta.
L'edificio era posto in zona residenziale e di particolare panoramicità, era costruito con rifiniture eccellenti, dotato di aree verdi e posti auto; i danni arrecati dalla costruzione della strada erano consistiti in lanci di oggetti dalla strada, pregiudizio alla vista panoramica, alla luce.
Secondo l'orientamento della giurisprudenza che appare prevalente, l'indennità prevista non riguarda opere pubbliche illecite, dunque realizzate senza il rispetto della legge, ma opere lecite.
Il punto è stato ribadito anche nella più recente sentenza, quella in commento.
In effetti, una delle distinzioni tra risarcimento del danno e indennizzo risiede, come si studia sui manuali sin dai primi anni del corso di laurea in giurisprudenza, proprio nella differenza tra illiceità e liceità della condotta.
Nel primo caso abbiamo il risarcimento (di cui all'art. 2043 c.c.), mentre nel secondo abbiamo l'indennizzo, cioè una compensazione riconosciuta dalla legge a titolo solidaristico per il sacrificio richiesto al singolo per un attività lecita compiuta, in questo caso ad esempio, nell'interesse della comunità.
Quale pregiudizio merita tale tipo di tutela?
Secondo buona parte delle sentenze deve trattarsi di un danno permanente, e, naturalmente, tra l'opera pubblica e il deprezzamento deve sussistere un nesso causale.
Ma il punto, nella sentenza in commento è: quali pregiudizi dobbiamo considerare?
In particolare, la perdita di luce, di aria e veduta, sono aspetti considerabili?
La sentenza osserva che la posizione tenuta in considerazione non è quella del proprietario rispetto alla costruzione pubblica, ma quella del proprietario rispetto alla sua abitazione.
Già in precedenza è stato considerato che a causa della costruzione legittima di un'opera pubblica il proprietario può perdere utilità, non definibili marginali, come la luminosità, la panoramicità e, in genere, la godibilità dell'immobile.
Tale perdita porta a una riduzione della capacità abitativa, in sostanza l'immobile diviene meno interessante per il mercato e dunque il suo potenziale valore commerciale si riduce.
Da qui, conclude la sentenza, si è detto che la perdita di tali utilità, portando a una diminuzione o una riduzione della possibilità di esercizio del diritto di proprietà con conseguente diminuzione del valore venale del bene, comporta l'obbligo di indennizzo a carico della Pubblica Amministrazione.
In proposito vengono citate sentenze (quali Cass. n. 16619/2013 e Cass. n. 15223/2014).
Dunque non si tratta solo di badare al minor valore di mercato, prosegue la sentenza, ma di una diversa valutazione del pregiudizio arrecato ad aspetti come il panorama, la visuale, la luminosità, il rumorosità, l'inquinamento e la privacy dell'immobile.
Molte sentenze hanno affermato che la costruzione di cui il proprietario assume di avere subito un deprezzamento deve essere conforme alla legge: è stato ad es. negato l'indennizzo all'abitazione abusiva e non sanata, salvo casi particolari come quando si lamenti un danno generico alla proprietà del suolo (ad es. Cass. 19305/2014).
Inoltre, l'opera pubblica, è stato affermato, il privato dvee avere inziato la sua opera prima che sia stato approvato il progetto di quella pubblica (v. ad es. Cass.19305/ 2014).
Chi scrive si concede alcune osservazioni personali.
La legge appronta dei rimedi, ma i casi in cui possono essere fatti valere devono essere studiati con attenzione. Bisogna inoltre soffermarsi, sin da prima dell'acquisto, sulla zona di ubicazione e informarsi su cosa è previsto per quella parte del territorio dai programmi urbanistici.
Per il resto, a parte situazioni non facilmente evitabili, fa piacere poter riscontrare che la sensibilità della nostra società - a fronte delle ancora troppo diffuse brutture costruttive - è sempre più attenta ad aspetti della vita che non sembrano direttamente quantificabili economicamente.
Tali aspetti, però, incidono sul valore dei nostri beni, perché cominciano a essere apprezzati, e dunque ad avere un peso sulle nostre scelte economiche.
Sensibilità che la nostra società, almeno in parte, ha comunque da molto tempo, se pensiamo che la Legge è del 1865.
La materia è complessa e non può essere esaurita con un articolo; pertanto, come sempre, si consiglia di rivolgersi a un avvocato per conoscere bene quale tutela è possibile ottenere per la propria situazione concreta.
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