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La Cassazione, con la sent. 18 gennaio 2010 n. 657, torna ad occuparsi del sempre attuale tema della ripartizione delle spese condominiali e lo fa in relazione alla scelta del criterio ed alle conseguenze nel caso in cui tale scelta si riveli sbagliata.
Secondo il Supremo Collegio la selezione di un criterio di ripartizione, piuttosto che di un altro, se fatta a maggioranza e senza la volontà d'introdurre una deroga ai canonici criteri di riparto, comporta l'annullabilità e non la nullità della deliberazione.
Si prenda, ad esempio, il caso in cui l'assemblea per errore, decida di ripartire la spesa per l'assicurazione dello stabile (per la quale si utilizza la tabella millesimali di proprietà) con la tabella relativa alla manutenzione e ricostruzione delle scale.
In questi casi, il condomino dissenziente e quello assente, se vorranno far valere il loro dissenso rispetto a questa deliberazione e vederne dichiarata l'invalidità, dovranno impugnare la deliberazione davanti al Tribunale competente, ossia quello del luogo in cui è ubicato l'immobile, entro 30 giorni.
La decorrenza del termine per il comproprietario presente all'assemblea, ma dissenziente, decorrerà dalla data della deliberazione, mentre per l'assente si dovrà tenere in considerazione la data di comunicazione della decisione.
È dubbio se gli astenuti possano anch'essi impugnare poiché nè in dottrina, nè in giurisprudenza v'è uniformità di vedute sulla loro equiparazione ai contrari.
Può accadere, invece, che l'assemblea decida deliberatamente ed a maggioranza di derogare ad un criterio legale (o convenzionale) di ripartizione delle spese.
Ad esempio, la riunione dei condomini si potrebbe decidere di suddividere il costo della polizza assicurativa in parti uguali piuttosto che sulla base dei millesimi di proprietà.In questi casi, salvo che non vi sia un accordo tra tutti i partecipanti al condominio , la deliberazione dovrà essere considerata nulla poiché adottata in violazione dei criteri di ripartizione (legali o convenzionali) precedentemente scelti.
Che cosa accade se l'assemblea decidesse, erroneamente, di applicare un criterio di ripartizione delle spese errato e le tabelle fossero, anch'esse, errate?La questione era alla base della sentenza oggetto di questo commento.
A parere dei giudici di legittimità, l'erroneità delle tabelle non incide sul vizio d'invalidità della delibera.In sostanza le tabelle, scelte per errore per suddividere un costo di gestione, possono essere corrette o sbagliate, ma ciò non ha nessuna influenza sulla deliberazione che rimarrà sempre annullabile.
Che cosa dovrà fare il condomino che oltre a non essere d'accordo con la scelta adottata in relazione alla singola spesa, si renda altresì conto che le tabelle millesimali dovrebbero essere riviste in quanto non conformi al valore reale delle unità immobiliari?
Secondo la Cassazione, che nella sentenza n. 657/10 aderisce alle conclusioni cui erano giunti entrambi i giudici di merito, la deliberazione nel caso di errori simili a quello descritto deve essere impugnata dalla (...) nel termine di decadenza indicato dall'art. 1137 c.c., non essendo affetta da nullità in quanto meramente attuativa di un criterio di ripartizione di spese condominiali disposto ed imposto (anche se in astratto erratamente) dal regolamento condominiale contrattuale e non contenente un nuovo o diverso criterio di ripartizione di dette spese (così Cass. 18 gennaio 2010 n. 657).
A questo, l'interessato, che volesse vedere ridefinite le tabelle millesimali, dovrebbe accompagnare l'azione di revisione delle tabelle prevista dall'art. 69 disp. att. c.c.
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