La riforma del condominio è intervenuta sul codice civile modificando l'art. 1122 o meglio,aggiornandolo alle pronunce giurisprudenziali che lo riguardavano
Opere su parti di proprietà esclusiva e riforma del condominio, ovvero il nuovo art. 1122 c.c.
La riforma del condominio, altrimenti nota come legge n. 220/2012, è intervenuta modificando una serie di articoli del codice civile e di varie altre leggi specificamente destinati alla disciplina del condominio.
Tra questi v'è anche l'art. 1122 c.c. Esso, nella versione originaria, rubricata Opere sulle parti dell'edificio di proprietà comune, recita:
Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell'edificio.
Il nuovo articolo 1122 c.c., quello che si applicherà a far data dal 18 giugno 2013, sarà rubricato Opere su parti di proprietà o uso individuale, e reciterà:
Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio.
In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea.
Differenze?Poche, diciamo solamente di forma e di aggiornamento dell'articolo all'elaborazione giurisprudenziale.
La prima differenza riguarda la rubrica, ossia l'intitolazione degli articoli.
Sicuramente la scelta di fare riferimento alle opere su parti di proprietà individuale è più azzeccata rispetto al passato.
Quanto al contenuto dell'articolo, si diceva in precedenza, esso, sostanzialmente, ricalca l'interpretazione fornitane dalla giurisprudenza.
La Cassazione, chiamata a delineare il concetto di danno indicato dall'art. 1122 (formulazione originaria), a specificato in più occasioni che non v'e dubbio che il concetto di danno, cui la norma fa riferimento, non va limitato esclusivamente al danno materiale, inteso come modificazione della conformazione esterna o della intrinseca natura della cosa comune, ma esteso anche al danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili della cosa comune, anche se di ordine edonistico od estetico (v. Cass. 27.4.1989, n. 1947), per cui ricadono nel divieto tutte quelle modifiche che costituiscono un peggioramento del decoro architettonico del fabbricato (così, tra le tante, Cass. 19 gennaio 2005, n. 1076).
Il Legislatore della riforma, pertanto, in questo caso s'è limitato ad una mera funzione notarile: ha condensato in un articolo di legge ciò che la giurisprudenza diceva da anni.
È stato anche inserito un secondo comma che prevede la comunicazione dei lavori all'amministratore che poi ne deve riferire all'assemblea.
In nessun caso, però, tale incombenza può bloccare l'esecuzione dei lavori che, salvo diversa indicazione di un regolamento contrattuale, continueranno ad essere liberi e dovranno essere rispettosi solamente delle indicazioni di cui al primo comma dell'art. 1122 c.c.