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Chi concede in locazione un appartamento deve farlo consentendo che lo stesso sia utilizzabile per l'uso convenuto. Se un appartamento è dotato di un impianto di riscaldamento questo deve funzionare, in quanto accessorio diretto alla più confortevole fruizione dell'abitazione nel periodo invernale.
Eccezione alla regola generale: che al momento della stipula del contratto, anzi già in fase di trattative, sia chiarito che l'impianto non funziona e che è onere del conduttore ripararlo laddove intenda usufruirne.
Ricordiamo che nel corso della locazione, qualunque sia la pattuizione in merito all'iniziale situazione dell'impianto, la conduzione del medesimo, ossia la manutenzione ordinaria e le verifiche periodiche connesse all'uso sono a carico del conduttore quale utilizzatore dell'impianto.
Del fatto oltre che nella prassi quotidiana desumibile dalla contrattualistica in materia di locazione, si trova conferma anche nella legge n. 392/78 (che pone le spese per il riscaldamento tra gli oneri accessori in capo al conduttore), nonché più dettagliatamente nel decreto ministeriale 16 gennaio 2017 recante, tra le altre, indicazioni in merito alla ripartizione delle spese tra locatore conduttore in relazione ai così detti contratti 3+2, transitori e per studenti universitari: principi che, non v'è ragione di dubitare, hanno valenza anche in relazione ai contratti 4+4.
Date queste premesse e coordinate di carattere generale, passiamo al dettaglio delle fattispecie che quotidianamente, specie in periodo invernale, è facile ricorrano.
Se il riscaldamento non funziona o funziona male, il conduttore può procedere in autonomia alla riduzione del canone di locazione – del genere pago 100 al posto di 150 – oppure addirittura sospendere la corresponsione del suddetto canone?
Salvo particolari disposizioni contrattuali, la risposta alla domanda – in più occasioni fornita anche in sede giurisdizionale – è stata negativa.
Ragione: il canone di locazione è il corrispettivo complessivo per il godimento dell'immobile. Una disfunzione o un inadempimento che riduce ma non elimina completamente quel godimento non trova tutela nell'ordinamento giuridico nella facoltà per il conduttore di determinare autonomamente quanto pagare. È un giudice che, eventualmente, dovrà sancire la riduzione applicabile in ragione del ridotto godimento nell'arco del tempo.
Come è stato evidenziato, egregiamente ad avviso di chi scrive, dal Tribunale di Milano, in una sentenza resa nel 2012, sospendere o ridurre il pagamento del canone di locazione è opzione legittima solamente allorquando vi sia una sproporzione tra la corresponsione del conduttore e l'inadempimento del locatore; tale sproporzione va valutata oggettivamente e non semplicemente in rapporto alla rappresentazione soggettiva delle parti (insomma non basta dire che la casa era molto fredda per non pagare il canone).
Solo se oggettivamente c'è una evidente sproporzione tra pagamento e godimento allora può ritenersi giustificata una sospensione del pagamento del canone di locazione (Trib. Milano 6 dicembre 2012, n. 13682).
Allo stesso modo deve concludersi per la riduzione del canone di locazione.
In generale ciò, si ribadisce, è dovuto al fatto che salvo in rare ipotesi, il codice civile non prevede strumenti di autotutela nei rapporti tra le parti, o almeno, non li prevede quando in un contratto a prestazioni corrispettive, qual è il contratto di locazione, non vi è assoluta mancanza del godimento del bene, ma una menomazione non chiaramente quantificabile.
Una delle ragioni del non funzionamento, ovvero del cattivo funzionamento dell'impianto di riscaldamento è che la caldaia è rotta e dev'essere sostituita. In tal caso il problema potrebbe essere esteso anche all'acqua calda sanitaria.
Che cosa può fare il conduttore in questi casi? Può sospendere o procedere a una riduzione canone locazione?
Anche sul punto la giurisprudenza che s'è pronunciata lo ha fatto negativamente. In particolare, in una sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno (sent. 11 febbraio 2014 n. 57) – proprio riguardante una caldaia rotta dalla quale il conduttore trasse ragione per sospendere il pagamento del canone di locazione – è stato detto che il conduttore non è legittimato ad astenersi dal versare il canone, oppure di auto ridurlo, qualora si verificasse una riduzione o una diminuzione nel godimento dell'appartamento; ciò anche quando l'evento che ha dato la stura alla sospensione/riduzione del canone sia ricollegabile al fatto del locatore.
Motivo? Perché sospendere totalmente o parzialmente l'adempimento dell'obbligazione del conduttore è scelta legittima solamente in quelle ipotesi in cui venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore; solo in questo caso infatti si addiviene ad una tale alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Inoltre, secondo il principio inadimplenti non est adimplendum, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede. In tal senso si esprime da anni anche la Suprema Corte di Cassazione (si vedano ad es. Cass. 10 gennaio 2008 n. 261, Cass. 8 ottobre 2008 n. 24799, Cass. 23 giugno 2011 n.13887).
Data questa situazione, che cosa può fare il conduttore nelle ipotesi in cui il riscaldamento non funziona?
Queste le possibili ipotesi:
- recesso dal contratto per gravi motivi, salvo azione di risarcimento del danno;
- richiesta prima stragiudiziale e successivamente, nel caso d'inadempimento, giudiziale per il ripristino del funzionamento con contestuale richiesta di rideterminazione del canone di locazione per tutto il periodo dell'inadempimento;
- richiesta giudiziale di risoluzione del contratto per inadempimento, con annessa eventuale richiesta risarcitoria, ove la mancanza del riscaldamento sia stata tale da consentire il ricorso a questa ipotesi di chiusura del vincolo contrattuale.
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