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Che rischi si corrono ad acquistare un'abitazione da un imprenditore che poi viende dichiarato fallito?
Per quanto si possa essere prudenti, non si può escludere a priori il rischio di acquistare da un imprenditore che poi fallisce, ahimè!
Infatti, in buona parte dei casi si acquista da imprese costruttrici; e può capitare, comunque, di acquistare il bene da un 'impresa, anche se non costruttrice.
Negli ultimi anni la crisi ha portato, come noto, alla stasi del mercato immobiliare e dell'edilizia, dunque al moltiplicarsi dei fallimenti delle imprese nel settore.
Tali eventi possono andare a ripercuotersi sull'ultimo degli anelli della catena, il più debole: il consumatore che ha acquistato il bene, alle volte con i sacrifici di una vita.
Tale evenienza spaventa, come è giusto, gli acquirenti.
Allora, se il rischio che l'impresa fallisca non può fugarsi del tutto, possiamo però informarci il più possibile; e ciò vorrà dire: effettuare delle ricerche onde sapere qual è lo stato dell'impresa, ma anche apprendere come la legge disciplina la materia.
Nei casi dubbi sarà meglio rivolgersi ad un esperto.
Dal punto di vista normativo, la Legge Fallimentare (di cui al Regio Decreto n. 267/1942) ha negli anni visto dei correttivi che riducono di gran lunga i rischi del consumatore.
Qui ne vediamo uno in particolare, quello previsto per il caso di revocatoria fallimentare con riferimento all'acquisto dell'abitazione principale; l'articolo come sempre non può avere pretesa di esaustività e non può risolvere fattispecie concrete, che devono essere studiate specificmaente da un esperto.
Vediamo allora innanzitutto cos'è la revocatoria fallimentare.
La Legge Fallimentare ha un'apposita sezione (la terza, del capo terzo, del titolo secondo) dedicata agli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli per i creditori.
Nell'ambito di tale sezione, gli artt. 66 e 67 prevedono l'azione revocatoria, ordinaria e fallimentare.
Infatti, l'art. 66 prevede che il curatore fallimentare possa chiedere che siano dichiarati inefficaci (che quindi siano revocati) gli atti compiuti dall'imprenditore in danno ai creditori secondo le norme del codice civile, esercitando dunque l'azione revocatoria ordinaria di cui all'art. 2901 e ss. c.c.
Tale norma richiede, quali condizioni per l'esercizio dell'azione: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.
La norma poi aggiunge: Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito.
Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto.
L'inefficacia dell'atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione.
Facciamo poi presente che l'art. 2904 c.c. fa salve le disposizioni sull'azione revocatoria in materia fallimentare e penale.
Mentre l'azione revocatoria di cui all'art. 2901 c.c. ha effetto solo nei confronti del creditore che la esperisce, l'azione revocatoria ex art. 66 L.F. ha effetto nei confronti della massa dei creditori (v. Cass. n. 9170/2015).
Il successivo art. 67 indica gli altri atti (e le condizioni) che possono essere revocati, con l'azione legale detta appunto revocatoria fallimentare.
Così indica al comma 1 quelli che possono essere revocati a meno che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore.
Tra essi, ad esempio, il n.1) dello stesso comma indica gli atti a titolo oneroso compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso; mentre il n. 2) indica atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Quindi, attenti agli affaroni.
Il comma due dello stesso art. 67 indica poi che possono essere revocati se il curatore riesce a provare che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Infine, l'ultimo comma dell'art. 67 indica gli atti che non possono essere revocati.
Tra questi, sono espressamente indicati gli atti di acquisto dell'abitazione principale.
Infatti, la lett. c del comma 3 prevede in particolare: le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado...
La norma salva dunque sia gli atti di vendita che i preliminari, purchè sussistano determinate condizioni e cioè: quanto ai preliminari, deve trattarsi di atti trascritti presso i registri immobiliari ai sensi dell'art. 2645 -bis c.c.
Detto articolo, intolato Trascrizione dei contratti preliminari, al comma 1 prevede la trascrizione dei preliminari di vendita di beni immobili (oltre che altri atti oltre alla vendita indicati dall'art. 2643 co.1 nn. 2,3,4 c.c.) se detti preliminari sono stati redatti per atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.
Al comma 2, l'art. 2645-bis c.c. prevede che la trascrizione del definitivo (o di altro atto che costituisca esecuzione del preliminare di vendita (ma anche di altri atti oltre alla vendita indicati dagli artt. 2643 co.1 nn. 2,3 e 4 c.c.) o della sentenza che accoglie la domanda volta a ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre (sempre con riferimento alla vendita di beni immobili e di altri atti indicati dall' artt. 2643 co.1 nn. 2,3 e 4 c.c.) prevale sulle trascrizioni e iscrizioni di altri atti effettuate dopo la trascrizione del preliminare.
Inoltre, gli effetti della trascrizione non devono essere cessati: ovvero, ai sensi del comma 3, dell'art. 2645-bis c.c., il definitivo deve essere trascritto entro l'anno dalla data convenuta dalle parti per la conclusione del definitivo e comunque entro tre anni dalla trascrizione del preliminare (o di altro atto che costituisca esecuzione del contratto preliminare o dell'atto giudiziale volto ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre, di cui all'art. 2652 co.1, n. 2), c.c.).
Ai sensi poi dei commi 4, 5 e 6 dell'art. 2645-bis c.c. 4. I contratti preliminari aventi ad oggetto porzioni di edifici da costruire o in corso di costruzione devono indicare, per essere trascritti, la superficie utile della porzione di edificio e la quota del diritto spettante al promissario acquirente relativa all'intero costruendo edificio espressa in millesimi.
5. Nel caso previsto nel comma 4 la trascrizione è eseguita con riferimento al bene immobile per la quota determinata secondo le modalità di cui al comma stesso. Non appena l'edificio viene ad esistenza gli effetti della trascrizione si producono rispetto alle porzioni materiali corrispondenti alle quote di proprietà predeterminate nonché alle relative parti comuni. L'eventuale differenza di superficie o di quota contenuta nei limiti di un ventesimo rispetto a quelle indicate nel contratto preliminare non produce effetti.
6. Ai fini delle disposizioni di cui al comma 5, si intende esistente l'edificio nel quale sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità, e sia stata completata la copertura.
Innanzitutto, come si evince dalla lettura del testo della norma, l'immobile acquistato ad uso abitativo è escluso dalla revocatoria se il prezzo di vendita è stato giusto.
Inoltre, non basta che l'immobile sia destinato ad uso abitativo: deve trattarsi dell'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado...
Ricordiamo poi che anche per gli immobili da costruire è prevista l'esclusione dalla revocatoria fallimentare.
L'art. 10, D.Lgs. n. 122/2005 prevede infatti che: Gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili da costruire, nei quali l'acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dalla data di acquisto o di ultimazione degli stessi, la residenza propria o del proprio coniuge o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, se posti in essere al giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare, non sono soggetti all'azione revocatoria prevista dall'articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.
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