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La responsabilità civile in capo al progettista e all'appaltatore di opere può essere sia di natura contrattuale che di natura extracontrattuale.
Nel primo caso deriva dall'inosservanza di norme stabilite dalla legge o dalle parti in sede di accordo e attiene infatti al contenuto del contratto, di prestazione d'opera intellettuale per il progettista e di appalto per la ditta costruttrice.
Nel secondo caso, consegue al compimento di un fatto illecito sanzionato dall'articolo 2043 codice civile.
In riferimento alla responsabilità civile per l'esecuzione di un'opera, l'articolo 1669 Codice civile si presenta come una norma che pone alcune perplessità e che nel tempo è stata di frequente oggetto di interpretazione da parte della giurisprudenza.
In caso di gravi difetti o rovina dell'opera, quali soggetti possono dirsi responsabili?
In quali casi sia il progettista che l'appaltatore possono essere condannati a risarcire i danni subiti dal committente o da terzi? Cerchiamo di fare chiarezza sulla natura e sulla tipologia delle diverse responsabilità in capo ai soggetti coinvolti.
Nel caso in cui si verifichino i presupposti di cui all'articolo 1669 Codice civile, il committente e i suoi aventi causa (nel caso in cui l'opera venga venduta) possono esercitare un'azione di responsabilità nei confronti dell'appaltatore. Per poter agire è necessario che sussistano i requisiti previsti dalla norma. Deve trattarsi di:
La responsabilità in capo al costruttore sussiste per 10 anni dal compimento dell'opera, purché i vizi siano stati denunciati all'appaltatore entro i termini ben precisi descritti dalla norma.
In particolare, il diritto del committente ad agire decade se, dopo un anno dalla scoperta, il vizio non sia stato denunciato alla ditta di costruzioni.
Una volta avvenuta la denuncia il committente non potrà adire l'autorità giudiziaria dopo un anno dalla denuncia, per decorrenza del termine di prescrizione.
Il dettato della legge, apparentemente semplice, sembrerebbe attribuire al solo appaltatore la responsabilità nei confronti del committente. Non così per la giurisprudenza che, secondo l'interpretazione maggioritaria, estende la responsabilità anche nei confronti del progettista e del direttore dei lavori, qualora l'appaltatore si sia avvalso di tali figure.
I giudici, quindi, allargano la responsabilità a tutti coloro che hanno in qualche modo contribuito a realizzare la costruzione, anche assumendo l'incarico di progettista o di direttore dei lavori.
Che ruolo assume in questo contesto il professionista abilitato che ha redatto il progetto e che tipo di responsabilità assume?
Una precisazione deve essere subito fatta: la giurisprudenza prevalente ha ritenuto che la norma di cui all'articolo 1669 codice civile configuri una responsabilità di tipo extracontrattuale, che prescinde cioè dalla violazione di norme di origine contrattuale.
Essa viene sancita a tutela dell'ordine pubblico, essendo la norma posta oltre che a salvaguardia del committente e degli aventi causa, a tutela di finalità di interesse pubblico.
Prevale l'esigenza di conservazione degli edifici destinati a lunga durata. Infatti, la norma può essere invocata anche dal terzo estraneo che abbia subito un pregiudizio dalla rovina dell'immobile. Prescindendo dai rapporti contrattuali inter partes si configura una responsabilità aquiliana da fatto illecito.
Le attività poste in essere dai soggetti nei confronti dei quali si applica la normativa possono concorrere nella produzione del danno pur assumendo ruoli diversi.
Possono dunque essere chiamati a risarcire il danno per rovina di edificio:
In conclusione, qualora l'opera sia eseguita in forza di un contratto di appalto e presenti gravi difetti connessi a errata progettazione, il progettista sarà responsabile con l'appaltatore (che non abbia riscontrato con diligenza i vizi progettuali), verso il committente.
Essi si rendono entrambi responsabili dell'unico illecito extracontrattuale e rispondono in solido del danno cagionato. Trattandosi di responsabilità extracontrattuale sarà irrilevante la natura dell'obbligazione di risultato o mezzi assunta dal professionista.
In base a quanto affermato con la recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 16323 del 21 giugno 2018 se l'unico evento dannoso è imputabile a più persone, è sufficiente, per ritenere esistente la solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuna, abbiano concorso in modo efficiente a produrre l'evento, essendo ininfluente che costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse.
In caso di solidarietà, il danneggiato potrà indifferentemente rivolgersi all'uno o all'altro per il risarcimento dell'intero danno e il debitore escusso ha verso l'altro corresponsabile, azione per la ripetizione della parte da esso dovuta. Si veda quanto stabilito in linea generale dall'articolo 2055 codice civile, in base al quale se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.
In base al disposto normativo il soggetto leso potrà rivolgersi alla parte ritenuta più solvente, la quale dovrà pagare il danno per intero. L'appaltatore potrà essere condannato in forma specifica alla eliminazione dei vizi dell'opera, ad esempio mediante la demolizione e ricostruzione della stessa. Il progettista potrà essere chiamato a risarcire i danni subiti per equivalente monetario, corrispondendo al danneggiato una somma di denaro a ristoro del pregiudizio arrecato.
I soggetti diversi dal committente dell'opera, che abbiano patito dei danni a seguito del crollo dell'edificio, come ad esempio dei passanti oppure i proprietari degli edifici vicini, potranno agire davanti al giudice, in forza dell'articolo 2043 codice civile, che disciplina la responsabilità extracontrattuale in via più generale.
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