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La misura dei contributi condominiali che ogni comproprietario è tenuto a versare per la conservazione ed il godimento delle parti comuni di un edificio è stabilita in due documenti; si tratta del preventivo e del rendiconto consuntivo.
In sostanza con il preventivo, come fa intuire il termine, si calcola in anticipo quanto necessario per l'erogazione dei servizi comuni (es. assicurazione stabile, compenso amministratore, spese per luce e pulizia scale, ecc.).
Nel corso dell'anno, quindi, la quota indicata a preventivo sarà quella che dovrà essere versata poiché, presumibilmente, l'amministratore (o comunque chi s'impegna a gestire il condominio) dovrà spendere.
Al termine della gestione annuale l'amministratore è tenuto a rendere il conto della gestione.
In questo caso si parlerà di rendiconto consuntivo per indicare la valutazione finale delle spese effettuate e per verificare se quanto versato è sufficiente, insufficiente o addirittura sovrabbondante.
Entrambi i documenti sono atti che devono essere predisposti dall'amministratore e sottoposti all'assemblea di condominio per la loro approvazione.
Tale approvazione è da ritenersi valida:
a) in prima convocazione, se la deliberazione che la riguarda è adottata dalla maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresentino almeno 500 millesimi (cfr. art. 1136, secondo comma, c.c.);
b) in seconda convocazione, se viene approvata dalla maggioranza dei presenti in assemblea che rappresenti quantomeno un terzo del valore dell'edificio (ossia 333 millesimi, cfr. art. 1136, quarto comma, c.c.).
Norma di riferimento è il primo comma dell'art. 1130-bis c.c. a mente del quale:
Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.
Si tratta di una norma inserita nel codice civile dalla così detta riforma del condominio; essa, in buona sostanza, ha ripreso le indicazioni della giurisprudenza riguardanti chiarezza, semplicità e trasparenza. È questo il significato da attribuire alla locuzione consentire l'immediata verifica.
Nel merito, poi, è bene specificare che il registro di contabilità dev'essere redatto secondo il criterio di cassa mentre il riepilogo finanziario secondo quello di competenza.
È utile rammentare che, ai sensi dell'art. 1130 n. 10 c.c., l'amministratore è tenuto a presentare il rendiconto di gestione all'assemblea entro centottanta giorni dalla chiusura dell'esercizio di riferimento.
La mancata presentazione dei entro tale termine legittima ogni condomino, senza il preventivo passaggio assembleare, a ricorrere al Tribunale competente (quello del luogo in cui è ubicato l'immobile) per ottenere la revoca giudiziale dell'incarico dell'amministratore (art. 1129 c.c.).
Accade sovente che nonostante l'approvazione del rendiconto condominiale uno o più condomini si rifiutino di pagare perché a loro modo di vedere i conteggi sono errati o, peggio ancora, le spese in esso inserite non sono veritiere.
Che cosa fare in questi casi?
Quando il condomino ha ragione e quando, invece, è tenuto a versare gli importi richiesti?
Prima della riunione è prassi, confermata dalle pronunce giurisprudenziali, che l'amministratore debba mettere a disposizione i documenti giustificativi di spesa al fine di consentire una discussione quanto più informata possibile in sede d'assemblea.
Nel corso dell'assise i condomini, discusso il rendiconto di gestione, possono:
a) approvarlo;
b) non approvarlo;
c) chiederne una modifica ed approvare quello risultante da tale richiesta.
In relazione alla non approvazione è necessario distinguere l'ipotesi dell'impossibilità di approvare per mancato raggiungimento della maggioranze richieste da quella della bocciatura sic et simpliciter dei conti.
Alla prima ipotesi segue la necessità di una ulteriore convocazione per sottoporre nuovamente i conti all'attenzione dell'assise.
Quanto al caso di bocciatura, invece, bisognerà valutare se l'assise non ha stabilito null'altro o se invece si siano richieste delle correzioni del conto di gestione (si pensi al non riconoscimento di alcune spese straordinarie non urgenti).
Nel primo caso, in assenza di utili indicazioni che facciano comprendere le ragioni della mancata approvazione, non è errato ipotizzare che l'amministratore debba riconvocare l'assemblea per permettere una nuova decisione (la sostituzione di deliberazione è pienamente legittima se fatta con le maggioranze necessarie per il singolo punto posto in discussione).
Nell'ipotesi di richiesta di modifiche, l'amministratore dovrà modificare il rendiconto e presentare quest'ultimo all'adunanza per l'approvazione dello stesso.
È utile ricordare che l'assemblea, con il voto favorevole della maggioranza dei presenti ad almeno 500 millesimi, può deliberare la revisione della contabilità condominiale per una o più annualità specificamente individuate. La spesa per la revisione contabile dev'essere ripartita tra tutti i condòmini secondo i millesimi di proprietà (art. 1130-bis c.c.).
Che cosa accade una volta approvato il rendiconto?
La legge è chiara nell'affermare che le deliberazioni assembleari sono obbligatorie per tutti i condomini (art. 1137 c.c.).
Ciò vuol dire che assenti, astenuti e dissenzienti, al pari dei favorevoli, dovranno rispettare la delibera e, quindi, eventualmente pagare i conguagli a debito che sono stati approvati.
Riprendendo i quesiti formulati all'inizio, la risposta è molto semplice: per contestare i conteggi, i condòmini devono impugnare la deliberazione con cui sono stati approvati.
Ciò vuol dire che se può ipotizzarsi l'annullabilità della deliberazione assenti, astenuti e dissenzienti potranno opporsi nei modi e nei termini di cui agli artt. 1137 c.c.
Nel caso in cui, invece, può supporsi la nullità della decisione dell'assise, l'azione giudiziaria potrà essere avviata in ogni tempo e da chiunque vi abbia interesse (ivi compresi i condomini favorevoli).
Senza l'impugnazione e fino alla sentenza definitiva che decida in merito, nessun condomino potrà avanzare supposte causa d'invalidità della deliberazione al fine di non rispettarla (e quindi non pagare gli oneri condominiali); così facendo egli si esporrebbe ad un'azione giudiziaria per morosità per omessa pagamento degli oneri condominiali ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c.
Resta inteso che nel caso d'impugnazione il giudice, se richiesto, può sospendere l'efficacia della deliberazione di approvazione dei conti.
Solamente in questo caso il condomino sarebbe esonerato a pagare quanto contestato, fino alla definizione del giudizio.
Quali sono le conseguenze rispetto alla validità della delibera di approvazione del rendiconto, se si scopre che lo stesso è falso, ossia contiene voci (di entrata o di spesa) non veritiere? Quali le conseguenze per l'amministratore?
Le voci inserite nel documento contabile devono trovare riscontro nella documentazione in possesso dell'amministratore. In sostanza se nel rendiconto si dice che nell'anno 2015 sono stati spesi 1.000,00 € per manutenzione ascensore, tra le fatture in possesso dell'amministratore ve ne devono essere tante (o una) che diano riscontro a quel dato.
Lo stesso dicasi per le entrate: se Tizio ha versato 100 € dev'essere indicato nel rendiconto l'esatto ammontare del suo versamento.
Siamo abituati a ragionare in termini d'impugnazione del rendiconto per errori nei criteri di ripartizione. Che cosa accade, però, se ci si avvede che il rendiconto è falso? Con questa locuzione intendiamo fare riferimento ad una rendicontazione non veritiera, diversa dalla realtà sottostante.
Si pensi a versamenti non riconosciuti o peggio a spese inserite e mai sostenute. In tal caso il rendiconto dev'essere considerato nullo.
Vale la pena ricordare che, secondo la Cassazione, che sono da ritenersi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale e al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, che incidono sui diritti individuali, sulle cose, sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini o comunque invalide in relazione all'oggetto (Cass. SS.UU. n. 4806/05).
Una delibera di approvazione di un rendiconto falso (per dolo o per colpa del suo redattore) è nulla in quanto lesiva del diritto del condomino a conoscere l'esatto stato contabile della compagine.
Se, poi, vi fossero gli elementi utili a far ipotizzare una frode, ciascun condomino potrebbe denunciare l'amministratore di condominio per il reato di cui all'art. 640 c.p. vale a dire per truffa.
Alle volte, per esigenze di celerità e per urgenza, l'amministratore si trova a dover anticipare delle somme di denaro per il condominio.
In tal caso, anche in considerazione delle norme sul mandato, i condòmini devono rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte (art. 1720, primo comma, c.c.).
Per ottenere il rimborso, naturalmente, il legale rappresentante dei condomini dovrà dar prova d'aver anticipato delle somme.
La Cassazione ha più volte affermato che in materia di deliberazioni di assemblea condominiale, l'approvazione del rendiconto ha valore di riconoscimento di debito in relazione alle sole poste passive specificamente indicate.
Pertanto, l'approvazione di un rendiconto di cassa che presenti un disavanzo tra uscite ed entrate, non implica che, per via deduttiva, possa ritenersi riconosciuto il fatto che la differenza sia stata versata dall'amministratore utilizzando denaro proprio, ovvero che questi sia comunque creditore del condominio per l'importo corrispondente, atteso che la ricognizione di debito, sebbene possa essere manifestata anche in forma non espressa, richiede pur sempre un atto di volizione su di un oggetto specificamente sottoposto all'esame dell'organo collettivo, chiamato a pronunciarsi su di esso (così Cass. 9 maggio 2011 n. 10153).
Il rendiconto, quindi, per essere utilizzato in tal senso dall'amministratore, dovrà contenere la specifica indicazione delle somme per le quali egli ha effettuato le anticipazioni.
I condòmini possono lamentare una lesione del loro diritto alla riservatezza data dalla circostanza che i eventuali debiti verso il condominio siano inseriti nel rendiconto condominiale?
La domanda, in sostanza, è stata posta al Garante della privacy che ha risposto negativamente.
L'Autorità per la protezione dei dati personali ha avuto modo di specificare che anche per esercitare i controlli in ordine all'esattezza dell'importo dovuto a titolo di contributo per la manutenzione delle parti comuni e per l'esercizio dei servizi comuni, ciascun partecipante può essere informato in ordine all'ammontare della somma dovuta dagli altri; in ragione delle regole sul mandato, che (per costante giurisprudenza) trovano applicazione per regolare il rapporto tra i partecipanti e l'amministratore, questi informa i singoli partecipanti degli eventuali inadempimenti, sia nelle usuali forme del rendiconto annuale (art. 1130 c.c.), come pure, in ogni tempo, a seguito dell'esercizio del potere di vigilanza e controllo spettante a ciascun partecipante al condominio sull'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni (cfr. Cass., 26 agosto 1998, n. 8460; Cass., 29 novembre 2001, n. 15159; v. altresì, Provv. Garante 16 luglio 2003) (Provv. Garante 18 maggio 2006).
In pratica non solamente il singolo condomino deve sottostare a vedere inserita nel rendiconto la sua posizione contabile nei confronti della compagine ma deve pure tollerare, in quanto legittime, le eventuali richieste individuali rivolte da uno dei suoi vicini all'amministratore.
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