|
Come è noto, la convivenza in un condominio, a volte, può rivelarsi complicata, poiché caratterizzata da dissapori e contrasti, che non di rado assumono rilevanza penale, sfociando in contenziosi in Tribunale.
La rilevanza penale significa che, oltre a un risarcimento del danno causato dal comportamento che ha violato le zone di rispetto condominio, il singolo condomino, ritenuto responsabile può essere condannato a sanzioni pecuniarie e, in caso di fattispecie caratterizzate da un elevato grado di gravità, anche alla pena della reclusione o dell'arresto.
Le fattispecie penalmente rilevanti sono molteplici e coinvolgono il condominio, allorquando riguardano un uso improprio parti comuni condominio.
Le principali e più frequenti ipotesi di reati in condominio si verificano nei casi di danneggiamento, deturpamento delle parti comuni.
Diverse sono le ipotesi in cui le controversie abbiano ad oggetto esclusivamente beni dei singoli, poiché non interessano le parti comuni del condominio.
In tale diversa casistica, che attiene alla sfera privatistica si possono configurare diverse fattispecie delittuose quali: il disturbo delle occupazioni o del riposo (art. 659 c.p.); il getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.); stalking (art. 612 c.p.); violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 c.p.); interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.); violenza privata (art. 610 c.p.) ecc.
Preliminarmente è utile chiarire il soggetto legittimato ad agire, ovverosia il soggetto a cui è riconosciuto il diritto di presentare querela nel caso di reati in condominio.
Sul punto, negli anni si è registrato un acceso dibattito giurisprudenziale, che ha visto contrapporsi opposti orientamenti.
Di recente è intervenuta la giurisprudenza nazionale, la quale ha superato un precedente e consolidato orientamento che attribuiva il diritto di presentare querela, per i reati riguardanti le parti comuni nell'area condominiale, al condominio in via esclusiva (Cass., n. 2347/2015; Cass., n. 6197/2010; Cass., n. 249259/2000), in persona dell'amministratore di condominio.
Secondo un più recente approccio giurisprudenziale, oltre che all'amministratore condominiale, la legittimazione a presentare la querela per denunciare reati commessi, con riferimento agli spazi comuni condominiali, spetta anche a ciascun condomino (Cass., 14 dicembre 2021, n. 45902).
In altri più specifici termini, deve ritenersi valida la denuncia presentata dal singolo condomino anche nelle ipotesi in cui un reato sia commesso in danno delle parti comuni del condominio.
Le parti comuni in condominio li enumera il codice civile all' art 1117.
Il citato art. 1117 codice civile individua gli spazi comuni condominiali in tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, quali, a solo titolo esemplificativo (per un elenco completo si rinvia all'art 1117 cc) le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili, facciata di un edificio e i muri maestri, compresi i muri perimetrali (Cass., n. 11288/2018).
Rientrano nel novero delle parti comuni condominiali anche gli impianti destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento.
Fra le fattispecie delittuose, che generalmente interessano il comparto condominiale, si annovera il reato di danneggiamento delle parti comuni, previsto e punito dall'art. 635 c.p., con la reclusione da tre mesi a tre anni.
In linea generale, il reato che si configura esclusivamente nelle ipotesi in cui la condotta di danneggiamento sia realizzata con minaccia o violenza.
In altri più specifici termini, nelle ipotesi in cui la condotta del danneggiamento delle parti comuni non sia realizzata con minaccia e violenza, non si configura responsabilità penale.
È il caso del danneggiamento, a esempio, delle automobili nel parcheggio condominiale, senza minaccia o violenza.
Ciò nondimeno, il comportamento che ha cagionato il danno alle parti comuni può costituire il fondamento per un risarcimento del danno in sede civilistica.
Nel caso di beni esposti alla pubblica fede, cioè astrattamente aggredibili da chiunque, perché non custoditi, quali gli edifici pubblici e le pareti esterne dei condomini (compresi portoni, cancelli, muri perimetrali esterni), ai fini della configurabilità del reato non è richiesta la minaccia o la violenza.
In particolare, con riferimento all'edificio condominiale, risponde del reato di danneggiamento chi arreca nocumento ai muri esterni, all'ascensore o ai citofoni, o al lucernario di un portone d'ingresso di uno stabile di civile abitazione.
Dal danneggiamento si distingue il deturpamento o imbrattamento, che configura una diversa condotta criminosa. Si tratta di una fattispecie criminosa residuale, prevista dall'art. 639 c.p., che si configura fuori dei casi previsti dall'articolo 635 c.p., che punisce con la multa fino a euro 103, chi deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui.
Alto comportamento che, in taluni casi, può assumere rilevanza penale e che spesso viene sottovalutato, è l'abbandono illecito e contrario alla normativa di rifiuti in spazi comuni condominiali.
Tale reato è previsto dall'art. 256 del Testo unico in materia ambientale 2006 (D.lgs. n. 152/2006) che punisce chi abbandona rifiuti presso le parti comuni del condominio non adibiti o non idonei alla raccolta dei rifiuti.
Si tratta di una norma posta a tutela di un utilizzo legittimo degli spazi condominiali comuni e di contrasto a comportamenti che si concretizzano nella occupazione abusiva parti comuni condominio mediante lo stazionamento dei rifiuti.
La gravità della sanzione dipende dalla tipologia di rifiuto abbandonato nelle zone di rispetto condominio.
L'abbandono di rifiuti non pericolosi è punito con l'arresto da 3 mesi a un anno oppure con un'ammenda da 2.600 a 26.000 euro. La pena dell'arresto è aumentata da 6 mesi a 2 anni per il rilascio di rifiuti pericolosi negli spazi condominiali non idonei.
Per rispondere correttamente a tale interrogativo, occorre fare riferimento a un principio generale in materia penale, contenuto nell'art. 27 della Costituzione, a norma del quale, la responsabilità penale è personale.
Ciò significa che se un condomino danneggia o compie un atto vandalico o, in ogni caso, in danno a spazi condominiali comuni a tutti i partecipanti alla comunione, risponde penalmente della condotta prevista da una norma incriminatrice, ovverosia è chiamato a corrispondere la sanzione pecuniaria e, qualora previsto, a vedersi limitato nella propria libertà personale.
|
||