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Quando si fa riferimento al condominio, in molti usano pensare che le norme applicabili siano quelle dettate in materia di ripartizione spese condominiali, tipo l'art 1124 cc, oppure quelle in materia di convocazione dell'assemblea, ecc.
Chi è più addentro alla materia, sa che non è così.
Esiste una norma del codice civile, l'art. 1102 primo comma, che è dettato in materia di comunione, ma trova applicazione anche in relazione al condominio negli edifici.
La norma disciplina l'uso delle cose comuni da parte dei singoli condòmini: norma che riguarda la possibilità d'ognuno di fare un uso più intenso dei beni comuni, perché la disciplina dell'uso delle cose comuni da parte dell'assemblea o dell'amministratore, invece, trova disciplina in altre norme di cui si dirà tra poco.
Vediamo adesso quali sono i diritti dei condòmini in relazione all'uso delle cose comuni.
Ciascun partecipante al condominio, tanto si trae dall'art. 1102 c.c. può servirsi della cosa comune nel modo più consono alle sue necessità, ossia anche in una modalità diversa rispetto all'usuale modo d'uso, purché:
- non ne alteri la destinazione;
- non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
La giurisprudenza, interpretando la disposizione in esame, ha specificato che diritto al pari uso non vuol dire diritto all'uso identico e contemporaneo, ma possibilità per tutti di trarre dai beni comuni la medesima utilità (si veda, tra le tante, ad esempio, Cass. 21 dicembre 2011, n. 28025).
La stessa Cassazione ha avuto modo di affermare che l'uso più intenso ed individuale, oltre a quanto esplicitato dall'art. 1102 c.c., non può:
- ledere il decoro dell'edificio;
- creare problemi per la sicurezza e la stabilità del condominio.
In sintesi, date queste coordinate, non vi sono dubbi che i condòmini, al fine di abbellire le scale condominiali possano apporvi, di propria iniziativa, quadri e altro genere di raffigurazioni grafiche, a patto che le stesse non siano tali e tante in numero da rappresentare una bruttura o da impedire ad altri condòmini di farvi pari uso, ovvero tranciare di netto la possibilità d'utilizzo di quei muri secondo la loro normale destinazione. Fatto quest'ultimo, al parere di chi scrive, davvero improbabile.
Un ruolo rilevante può averlo il regolamento condominiale. Questo, se di origine assembleare, può disciplinare l'uso delle cose comuni in generale e magari con specifico riferimento ai quadri. Se di natura contrattuale può addirittura vietare ogni modificazione o aggiunta, ivi compresa quella dell'affissione di quadri.
Un conto, come su detto, è l'uso degli spazi condominiali da parte dei singoli condòmini, di propria iniziativa, altro è la decisione dell'assemblea e/o dell'amministratore, organismi deputati alla regolamentazione e disciplina dell'uso delle cose comuni.
L'assemblea ai sensi dell'art. 1138 c.c., nell'adottare il regolamento condominiale detta anche norme riguardanti l'uso delle cose comuni. Tale norma non riguarda solo il contenuto del regolamento, ben potendo essere dettate norme del genere anche al di fuori di esso.
La disciplina dettata dall'organismo condominiale supremo può limitarsi a indicare dei limiti di utilizzo, ma non dei divieti sic et simpliciter. È chiaro che determinati limiti sono divieti a tutto tondo (si pensi ai divieti di sosta); ciò che si vuol dire è che l'assemblea ha potere di disciplinare e quindi, in via residuale, di vietare, ma non ha generale potere di escludere modi d'uso se compatibili con la normale destinazione della cosa.
Non solo. Disciplina dell'uso delle cose comuni vuol dire anche loro abbellimento: è del tutto normale, quindi, che l'assemblea decida l'installazione di quadri nelle scale condominiali.
Tale decisione deve essere assunta con le maggioranze prescritte dalla legge che possono essere così individuate:
Resta inteso che le decisioni assembleari inerenti l'acquisto e l'installazione di quadri non debbano alterare il decoro, limitare il normale uso delle cose comuni e creare problemi per la sicurezza e la stabilità dello stabile.
Ci sono poi i compiti dell'amministratore, che ai sensi dell'art. 1130 n. 3 c.c. ha il dovere di disciplinare l'uso delle cose comuni in modo tale che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condòmini. Egli ha, dunque, il potere di fare installare quadri nelle scale condominiali. Quanto all'acquisto, vi sono dei dubbi sull'autonomo potere di spesa, alla luce di quell'orientamento di pensiero che vede nell'amministratore un mero esecutore delle delibere assembleari.
Decisa l'installazione di quadri per le scale condominiali, quale il criterio di ripartizione spese condominiali si deve applicare?
Il riferimento è qui alla decisione assembleare, perché il costo dell'iniziativa del singolo, ai sensi dell'art. 1102 c.c., resta a suo carico.
Trova applicazione il criterio generale, in base ai millesimi di proprietà, ovvero quello di cui all'art 1124 cc?
Ad avviso dello scrivente, si deve applicare il criterio generale, cioè quello dei millesimi di proprietà e non quello specifico di riparazione e sostituzione scale e ascensore previsto dall'art 1124 cc. Il motivo?
La spesa non attiene a manutenzione delle scale, ma più generalmente a un intervento teso all'abbellimento dell'edificio, rispetto a quale le scale rappresentano un mero luogo di installazione e non la ragione fondante di un uso diverso.
Resta salva la possibilità di una diversa convenzione, cioè di un differente accordo tra tutti i condòmini.
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