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Piano di ripartizione spese condominiali: cos'è e a cosa serve

Il piano di ripartizione delle spese condominiali, specie se approvato dall'assemblea, è fondamentale per una corretta gestione delle spese in un condominio.
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Ripartizione spese condominiali


Chi è condòmino, cioè proprietario di un'unità immobiliare facente parte di un edificio in condominio (anche nella definizione allargata di cui all'art. 1117-bis c.c.) deve pagare le spese condominiali.

In realtà, anche il conduttore è tenuto al pagamento di queste spese: nel suo caso, però, esse prendono il nome di oneri accessori e sono dovute al locatore, che ha poi l'obbligo giuridico di versarle al condominio (art. 9 legge n. 392/78), nonostante la prassi lasci supporre che le spese condominiali siano dovute direttamente dal conduttore verso il condominio.

Piano ripartizione spese
Le spese condominiali sono dovute dai condòmini perché questi, divenendo tali, assumono verso il condominio una obbligazione di contribuire agli oneri di gestione e conservazione delle cose comuni.

Obbligazione detta propter rem, cioè che segue la cosa, nel nostro caso l'unità immobiliare, senza necessità di assenso del titolare del diritto di proprietà.

Si badi: non sono le obbligazioni a seguire il proprietario, ma l'obbligo di pagamento genericamente inteso (Cass. 18 aprile 2003 n. 6323). Se oggi sorge una obbligazione, il titolare è il proprietario odierno e se domani l'appartamento viene venduto, chi acquista non diviene titolare di quell'obbligo, ma semplicemente obbligato in solido rispetto a esso (art. 63 disp. att. c.c.).

Quanto detto fin qui riguarda l'obbligo, il perché si paga, per dirla semplicemente; quanto si paga, ossia la misura dell'obbligo è dato dal combinato disposto di due elementi:

- la convenzione di ripartizione, rappresentata per legge dai millesimi, ma derogabile con l'accordo tra tutti i condòmini;

- il piano di ripartizione delle spese, cioè un prospetto nel quale la somma complessiva della spesa o delle spese è suddivisa tra tutti i condòmini.


Ripartizione spese: compiti di amministratore e assemblea


Chi ripartisce le spese condominiali?

Nei condomini senza amministratore – ammesso che questi condominii abbiamo le tabelle millesimali o comunque siano gestiti, ortodossamente, tramite l'assemblea – la ripartizione spetta a un condòmino volenteroso o a persona appositamente delegata dall'assise.

Nei condomini che siano provvisti di amministratore, è certo che la predisposizione del piano di ripartizione è di competenza del medesimo.

Ripartizione spese condominiali
Si badi: tanto nella prima tipologia di condomini, quanto in quelli che hanno un amministratore, c'è una persona competente a stilare il piano di ripartizione, ma un conto è tale attività, altro la sua approvazione.

L'approvazione del piano di riparto è sempre di competenza dell'assemblea. Si tratta di una competenza inderogabile; essa non può essere, ad esempio, demandata al consiglio di condominio, che per legge (art. 1130-bis, secondo comma, c.c.) ha mere funzioni consultive e di controllo dell'operato dell'amministratore di condominio.

In sintesi:

- il condòmino partecipa al pagamento delle spese di gestione e conservazione delle parti comuni dell'edificio in quanto tale;

- la misura della partecipazione nell'obbligo di pagamento è dato dalle tabelle millesimali, ovvero dalla diversa convenzione sottoscritta da tutti i condòmini (art. 1118-1123 c.c. e 68 disp. att. c.c.);

- l'individuazione della effettiva quota di partecipazione alla spesa, secondo il criterio di ripartizione applicabile è data dal piano di riparto;

- il piano diripartizione delle spese condominiali è predisposto dall'amministratore, o in assenza da persona che ne assume l'onere, e successivamente approvato dall'assemblea.


Piano di ripartizione spese condominiali e ricorso per decreto ingiuntivo


Il piano di ripartizione delle spese condominiali è fondamentale ai fini dell'ottenimento di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nonostante opposizione.
Lo stabilisce chiaramente l'art. 63, primo comma, disp. att. c.c.

Il decreto ingiuntivo per oneri condominiali provvisoriamente esecutivo fa sì che trascorsi dieci giorni dalla sua notifica unitamente al precetto (o comunque dieci giorni dopo la notifica di quest'atto, se successiva a quella del decreto), si possa procedere a esecuzione forzata.

Spese condominiali
Si badi: a tali fini la norma in esame non richiede solamente la esistenza del suddetto piano di ripartizione, ma anche che lo stesso debba essere approvato dall'assemblea condominiale. Come dire: il riparto senza l'ok assembleare non è sufficiente ottenimento del decreto ex art. 63 disp. att. c.c., ma può servire a qualcos'altro?

Risposta: sì, può essere utile per chiedere un decreto ingiuntivo ordinario, cioè non munito della formula di provvisoria esecutività. Rispetto al decreto provvisoriamente esecutivo si allungano i tempi di esecuzione, dovendo trascorrere quaranta giorni dalla notificazione del decreto medesimo affinché sia possibile apporvi la formula esecutiva.


Piano errato di ripartizione spese condominiali e conseguenze



Che cosa succede se l'amministratore predispone un piano di ripartizione secondo un criterio errato e l'assemblea lo approva, ovvero se l'assemblea dà indicazione all'amministratore di utilizzare per il riparto un criterio sbagliato?

Al riguardo, seppur incidentalmente, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno avuto modo di rimarcare una differenza fondamentale tra conseguenze per l'approvazione di un piano di ripartizione con un criterio errato e deroga di un criterio ripartitivo (Cass. SS.UU. n. 4806/05).

In breve: nel primo caso (es. si utilizza il criterio generale previsto dall'art. 1123 c.c. al posto di quello dettato per la manutenzione dell'ascensore, proprio in relazione a una spesa per questo impianto) la deliberazione va considerata annullabile, cioè impugnabile da dissenzienti, astenuti o assenti entro trenta giorni dalla deliberazione (per i primi due) ovvero dalla sua comunicazione (per il terzo).

Le delibere che approvano deroghe ai criteri vigenti – cioè non scelta errata tra uno di quelli esistenti, ma creazione di uno nuovo (es. ripartizione in parti uguali piuttosto che secondo millesimi di proprietà), vanno considerate nulle, cioè impugnabili in ogni tempo, anche anni dopo (salvi gli effetti della prescrizione), da chiunque vi abbia interesse (cioè anche da chi ha votato favorevolmente, cfr. Cass. n. 6714/2010). In quest'ultimo caso la nullità può essere fatta valere anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, senza necessità di apposita impugnazione della delibera (almeno secondo quanto sancito da Cass. n. 305/2016).

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