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Ci capita spesso, in questo canale del nostro quotidiano, di parlare di diritto di veduta.
L'argomento suscita interesse perché in molti siamo costretti a confrontarci con le azioni dei vicini che alle volte ci danno la sensazione, e non solo, di aver tolto luce ed aria ai nostri affacci o addirittura di aver creato essi stessi un affaccio sul nostro fondo.
Detta diversamente: se i vicini possono affacciarsi e guardare sul nostro fondo, noi possiamo agire per ottenere la rimozione della veduta che sia stata edificata in contrasto con le regole che ne disciplinano la distanza dal fondo altrui.
Ai sensi dell'art. 900 c.c.:
Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci, quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono intervenute per specificare che affinché sussista una veduta a norma dell'art. 900 c.c., è necessario, oltre al requisito della inspectio anche quello della prospectio nel fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale (Cass. SS.UU. 28 novembre 1996 n. 10615).
Come detto in precedenza, il legislatore si è premurato di evitare che l'apertura di vedute possa recare danno o quanto meno disturbo alla riservatezza del proprietario del fondo sul quale tali vedute si aprono.
In questa direzione, quindi, è stato dettato l'art. 905 c.c. , che recita:
Non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi è la distanza di un metro e mezzo.
Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul fondo del vicino, se non vi è la distanza di un metro e mezzo tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere.
Il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi è una via pubblica.
La norma cita alcuni manufatti ma non parla delle scale e dei pianerottoli; essi, è notorio, sono elementi strutturali di un edificio destinati a consentire l'accesso all'edificio medesimo ed alle unità immobiliari in esso ubicate.
Ci si è domandati: tali parti dell'edificio possono costituire costruzioni ai fini del rispetto delle distanze per l'apertura di vedute?
La risposta della giurisprudenza è stata affermativa.
In un caso recentemente risolto dalla Cassazione si litigava attorno alla costruzione di una scala a chiocciola che, secondo il promotore del giudizio doveva essere rimossa in quanto costituiva veduta edificata in violazione delle distanze legali.
Dopo il rigetto della richiesta in primo e secondo grado, l'attore si è rivolto ai giudici di piazza Cavour che gli hanno dato ragione.
Si legge in sentenza che la scala di un edificio, pur avendo una sua peculiare funzionalità, configura una veduta, e soggiace quindi alla relativa disciplina, quando, per le particolari situazioni e caratteristiche di fatto, risulti obiettivamente destinata, in via normale, anche all'esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino (Cass. 16 marzo 1981, n. 1451).
Quando da un pianerottolo sia possibile esercitare una comoda inspectio e prospectio e tale esercizio rappresenti un uso normale dell'opera, considerata alla stregua dei suoi elementi obiettivi di carattere strutturale e funzionale, a nulla rileva che essa serva anche a collegare la rampe di una scala, in quanto tale diversità non vale ad esercitare l'obiettiva esistenza di una servitù di veduta (Cass. 4 agosto 1977 n. 3502).
Le porte, i ballatoi e le scale di ingresso alle abitazioni, che in genere non costituiscono vedute, in quanto destinate fondamentalmente all'accesso, e solo occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l'affaccio, possono configurare vedute quando, per le particolari situazioni e caratteristiche di fatto, risultino obiettivamente destinate, in via normale, anche all'esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino (Cass. 6 marzo 1976 n. 763, etc.).
In sostanza, il fatto che obbiettivamente sia possibile la inspectio e la prospectio comporta la configurabilità di una veduta normale, a prescindere dalla destinazione primaria al manufatto di cui ciò si verifica, se per tale esercizio non bisogna far ricorso all'ausilio di mezzi artificiali per sporgersi od affacciarsi (Cass. 5 novembre 2012, n. 18904).
Ciò vuol dire che per costruire una scala appoggiandola ad un palazzo (si pensi alle scale d'emergenza) bisogna tenere in considerazione anche le distanze dal fondo del vicino per non incorrere successivamente in una richiesta di rimozione.
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