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È possibile per un condomino installare nelle parti di proprietà comune un impianto fotovoltaico (o comunque di produzione di energia da fonti rinnovabili) a servizio della sua unità immobiliare?
La risposta è positiva; vediamo perché accennando brevemente alla disciplina di carattere generale dettata in tema di uso dei beni comuni nonché accennado alle prime pronuce giurisprudenziali in merito alle novità introdotte dalla riforma del condominio.
In tema di condominio negli edifici e più in particolare di utilizzazione a fini individuali delle parti comuni esiste una norma, l'art. 1102, primo comma, c.c., che recita:
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
La norma appena citata è dettata in relazione alla comunione, ma è pacificamente applicabile anche al condominio negli edifici in ragione del richiamo a queste norme contenuto nell'art. 1139 c.c.. Quello che viene sancito è il diritto all'uso paritario con obbligo di rispetto del pari diritto d'ognuno.
Che cosa vuol dire esattamente uso paritario?
La Cassazione, che più volte è intervenuta sulla materia, ha affermato che chi partecipa alla comunione ha diritto di utilizzare i beni comuni per uno scopo esclusivo, consentendogli ciò la possibilità di ricavare dal bene una specifica utilità differente rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri comunisti, purché tale uso individuale non alteri la consistenza e la destinazione di esso, e non impedisca l'altrui pari uso.
In questo contesto, dicono i giudici di legittimità, la nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l'art. 1102 c.c. non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione (così, tra le varie, Cass. 5 ottobre 2009, n. 21256).
Questo il quadro normativo generale riguardante l'utilizzazione individuale dei beni comuni.
La riforma del condominio (legge n. 220/2012) ha introdotto nel codice civile una norma, l'art. 1122-bis specificamente dedicato a questa particolare tipologia d'uso delle parti comuni.
Il secondo comma dell'art. 1122-bis c.c. recita:
È consentita l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell'interessato.
Sono due le procedure previste dall'articolo in esame:
a) quella senza intervento dell'assemblea, rispetto alla quale l'art. 1122-bis, secondo comma, c.c. si limita a dire quanto appena riportato;
b) quella con deliberazione assembleare (facoltativa e con le maggioranze prescritte al quinto comma dell'art. 1136 c.c.) qualora si rendessero necessarie modificazioni delle parti comuni (art. 1122-bis, terzo comma, c.c.).
Si badi: l'intervento dell'assemblea non ha carattere autorizzatorio dell'opera, ma può semplicemente disciplinare l'uso dei beni comuni.
Esattamente quando l'assemblea ha il potere d'intervenire?
Il terzo comma dell'art. 1122-bis c.c. specifica che qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l'interessato ne dà comunicazione all'amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi.
Devono modificare una parte di tetto per consentire un più facile appoggio dei pannelli? Allora ho l'obbligo di comunicarlo all'amministratore, il quale dovrà, senza ritardo, convocare l'assemblea per le più opportune decisioni.
L'assise condominiale può (l'esercizio del potere è, quindi, facoltativo):
a) prescrivere adeguate modalità alternative di esecuzione delle opere o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio;
b) provvedere, a richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto;
c) può altresì subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.
Il tutto, ci ricorda il terzo comma dell'art. 1122-bis c.c., dev'essere deliberato con il voto favorevole della maggioranza dei partecipanti all'assemblea e 2/3 del valore millesimale dell'edificio.
Questa la nostra lettura della norma riguardante l'installazione di pannelli fotovoltaici ad uso individuale sulle parti comuni di un edificio in condominio.
Una sentenza resa dal Tribunale di Milano in data 7 ottobre 2014, ci fornisce conferma della bontà della nostra interpretazione; vediamo perché.
Nel caso di specie un condominio aveva impugnato una delibera, fra la altre cose, perché l'assemblea gli aveva vietato l'installazione sul tetto comune di una serie d'impianti fotovoltaici finalizzati alla produzioni di energia elettrica a vantaggio della propria unità immobiliare.
Il Tribunale meneghino gli ha dato ragione, annullando quella delibera. A dire il vero l'invalidazione è avvenuta per altri motivi, come si suole dire in gergo tecnico assorbenti rispetto al resto delle doglianze, ma il giudice adito ha comunque inteso dare una propria lettura dell'art. 1122-bis c.c., sancendo l'illegittimità della decisione assembleare.
In sostanza il Tribunale ha specificato che:
a) l'art. 1122-bis c.c. altro non è che una norma speciale rispetto al precetto generale contenuto nell'art. 1102 c.c.;
b) in conseguenza di ciò all'assemblea non spetta alcun potere autorizzativo rispetto all'installazione di pannelli fotovoltaici ad uso individuale sulle parti comuni, ma il mero potere di disciplinare tale uso;
c) in ragione di queste considerazioni, pertanto, le delibere che dispongano diversamente, meglio che vietino l'uso individuale travalicando rispetto a quanto prescritto dall'art. 1122-bis c.c., devono essere considerate nulle per violazione del diritto soggettivo del condominio ad utilizzare le parti comuni (cfr. in tal senso Trib. Milano 7 ottobre 2014 n. 11707).
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