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Difficoltà economiche e abitative, sovente possono essere fra le principali cause di fenomeni di occupazioni abusive, ovverosia appartamenti occupati abusivamente da parte di soggetti che, sine titulo, si stabiliscono presso una abitazione altrui.
Esempio più frequente si realizza nei casi di contratto locazione scaduto occupazione senza titolo, in altri termini, nelle ipotesi di mancato di rilascio di immobile, oggetto di un precedente contratto di locazione.
In tali casi, si realizza una occupazione abusiva casa privata in gergo anche occupazione sine titulo e cioè occupazione immobile senza titolo.
Cosa fare in questi casi?
Come liberare una casa occupata abusivamente?
L'ordinamento giuridico riconosce una serie di tutele nei confronti del proprietario dell'immobile, per mettere fine alla occupazione illegittima immobile.
Si tratta di rimedi che possono essere attivati sia in sede civile sia, in casi più complessi e caratterizzati da una maggiore gravità, in sede penale.
Per quanto concerne la tutela civile, l'avente diritto alla restituzione dell'immobile può attivare azioni petitorie e/o azioni possessorie.
Si tratta di azioni civili, a cui è possibile ricorre in ragione della esistenza o meno di un titolo legittimante l'occupazione indebita di immobile.
Nelle ipotesi di immobile occupato sine titulo, è possibile ricorrere, in sede civile, attivando, come rilevato, apposite azioni, in particolare azione di rivendica e azione di restituzione, la cui scelta è vincolata dalla sussistenza o meno di un titolo legittimo, in origine.
Al riguardo, risolutiva è apparsa la giurisprudenza nazionale, la quale ha chiarito i confini e le differenze fra azione di restituzione e azione di rivendicazione.
La distinzione fra le due tipologie di azione non è solo terminologica ma ha anche una valenza da un punto di vista probatorio.
Ai fini dell'azione di restituzione occorre dimostrare, mediante prova documentale, la mera titolarità della proprietà, mentre nel caso di azione di rivendica è richiesta la c.d. probatio diabolica, ovverosia dimostrare la legittimità della proprietà, che, in alcuni casi, può rivelarsi particolarmente spinosa, in ragione della insussistenza di un titolo.
L'azione di rivendicazione, disciplinata dall'art. 948 c.c., è un'azione possessoria che prevede che il proprietario dell'immobile occupato rivendichi la casa occupata da chiunque la possiede o detiene.
Nello specifico, con l'azione di rivendica, il proprietario chiede la condanna al rilascio o alla consegna nei confronti di chi dispone di fatto di case occupate sine titulo anche sin dal principio (Cass., 10 ottobre 2018, n. 25052; Cass., 14 giugno 2021, n.16742).
Occorre agire mediante azione di rivendita nel caso di occupazione terreno senza titolo, ai fini dell'usucapione.
In tal caso, il proprietario è tenuto a presentare una citazione per occupazione senza titolo e adire l'autorità competente, ovverosia il Tribunale civile competente territorialmente, dimostrando, mediante prova documentale, di essere il proprietario dell'immobile occupato, al fine di rientrare nel possesso della casa occupata abusivamente.
Allorquando il proprietario o il soggetto che ne ha diritto non possa dimostrare la titolarità di proprietà mediante apposito titolo, in tal caso, deve ricorrere mediante azione di restituzione.
L'azione di rivendica è imprescrittibile, ovverosia non è soggetta ad alcun termine, salvi gli effetti dell'acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione.
L'azione di restituzione immobile è destinata a ottenere l'adempimento dell'obbligazione di ritrasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa, in forza di negozi giuridici quali la locazione, il comodato, il deposito.
Si tratta di una azionecon la quale il proprietario chiede di rientrare in possesso di un immobile occupato da abusivo in casa, in ragione di un titolo giuridico invalido (annullabile o nullo) o inefficace (scaduto).
In tale categoria a titolo esemplificativo rientra il contratto locazione scaduto occupazione senza titolo.
Nel caso di occupazione senza titolo, è possibile, in presenza dei presupposti ex lege previsti, promuovere un ricorso, secondo lo speciale rito sommario di cui all'art 702 bis c.p.c.
Si tratta di un procedimento sommario di cognizione, introdotto dalla L. n. 69/2009, che dovrebbe garantire una più celere tutela del proprio diritto di rientrare in possesso del bene immobile e liberarsi degli abusivi in casa.
Con riferimento ai presupposti previsti per l'attivazione di tale procedimento a cognizione sommaria, la giurisprudenza ha chiarito che il giudizio deve riguardare questioni definibili allo stato degli atti oppure attraverso un'istruzione sommaria, la quale deve essere intesa, non già in senso deteriore come istruttoria superficiale, ma come istruttoria più veloce, in ogni caso idonea a garantire una adeguata tutela giurisdizionale.
L'occupazione abusiva, ovverosia l'occupazione senza titolo oltre a costituire un illecito civile, in quanto tale oggetto di risarcimento, in taluni casi, configura una fattispecie penalmente rilevante e, nello specifico, il reato di invasione di terreni o edifici di cui all'articolo 633 codice penale, punito con la multa o con la pena della reclusione sino ad anni due.
Al fine di configurare il reato di invasione di terreni o edifici, previsto e punito dall'art 633 cp, occorre che il soggetto passivo si introduca illegittimamente in un immobile altrui con il fine preciso di impossessarsene o di utilizzarlo per trarne vantaggio.
Ne consegue che non configura il reato di cui all'art. 633 cp la condotta di chi si introduce solo momentaneamente presso l'immobile altrui, senza la volontà di occupare case private, potendo tale condotta eventualmente configurare il reato di violazione di domicilio di cui all'art. 614 c.p.
Al fine di ottenere tutela in caso di immobile occupato sine titulo, il proprietario deve presentare apposita denuncia occupazione abusiva alle Autorità competenti.
Per completezza, occorre precisare che anche allorquando si configuri una occupazione illegittima immobile, in taluni casi, al ricorre di specifiche condizioni, tale comportamento non configura un illecito penale.
L'esclusione della rilevanza penale dei comportamenti di occupazioni abusive si verifica, ai sensi dell'art. 54 c.p., il c.d. stato di necessità.
La legge penale stabilisce che non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Tale norma trova applicazione anche nel caso di occupazione senza titolo di immobile altrui.
Al fine di applicare tale scriminante che esclude la colpevolezza del reato, occorre tuttavia che l'occupazione sine titulo sia necessaria ed inevitabile per evitare un grave danno irreparabile.
Chi si trova nella situazione di aver subito occupazione illegittima immobile, generalmente agisce in giudizio per rientrare nel possesso della casa occupata ma anche per formulare la (condivisibile) richiesta all'ottenimento di un risarcimento del danno.
Acclarato il comportamento abusivo, ovverosia l'occupazione senza titolo, si considera automatico il diritto all'ottenimento di un ristoro, senza necessità di fornire prova di aver subito nocumento conseguente alla detenzione sine titulo.
In realtà, al riguardo la giurisprudenza negli ultimi anni ha affermato orientamenti spesso in contrasto in merito al diritto all'ottenimento del risarcimento del danno nei confronti di chi ha subito l'occupazione casa.
In particolare il punto controverso verte sull'onere della prova che il proprietario dell'immobile deve fornire in sede di giudizio, al fine di dimostrare di aver subito un danno da indennizzare.
Una parte della giurisprudenza ha affermato il diritto al risarcimento del danno in re ipsa, per il solo fatto di aver subito una occupazione abusiva casa privata.
Tale orientamento sembra in parte essere stato superato da altra e a oggi prevalente giurisprudenza, che ritiene, in caso di occupazione di un immobile sine titulo, che il danno subito dal proprietario non possa ritenersi in re ipsa, ma deve essere sempre provato, ancorché attraverso il ricorso a presunzioni semplici, che comunque rivelino l'intenzione concreta del proprietario di mettere l'immobile a frutto (Cass., n. 36251/2021).
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