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30 Agosto 2019 ore 16:43 - Proprietà |
La Corte di Cassazione con sentenza 21726 del 27 agosto 2019 fornisce dei chiarimenti in relazione a quelli che sono i requisiti necessari affinché si possa configurare un possesso utile ai fini dell'usucapione di immobili.
La vicenda dalla quale trae origine la decisione della Corte Suprema ha ad oggetto la stipula di un contratto di compravendita immobiliare conclusa verbalmente e dunque affetta da nullità. Alla redazione dell'atto seguiva la consegna delle chiavi dell'appartamento. I compratori pretendevano il riconoscimento dell'avvenuto acquisto della proprietà per usucapione dell'immobile in loro favore. La concessione in comodato dello stesso non vale ai fini dell' usucapione . Irrilevante il fatto che l'acquirente vi avesse trasferito la residenza e le utenze.
Ecco la spiegazione fornita dalla Corte di Cassazione. Per aversi usucapione è necessario il possesso prolungato nel tempo (di 20 per i beni immobili), concetto ben diverso dalla mera detenzione che consegue ad un comodato d'uso. Ritengono i Giudici che, quando tra le parti viene stabilita la consegna delle chiavi di casa , non si verifica un'anticipazione degli effetti traslativi della compravendita e la riconosciuta disponibilità materiale dell'immobile si basa su un contratto di comodato collegato alla compravendita. La relazione instauratasi con il bene non può definirsi possesso ma detenzione qualificata, come tale non idonea ai fini dell'usucapione.
È fatta salva la possibilità di fornire prova contraria di interversione del possesso, utile a far decorrere il tempo necessario per l'usucapione.
Con interversione del possesso si fa riferimento alla condotta con la quale il detentore dimostra di mutare la detenzione in possesso.
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