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Il codice civile disciplina in modo preciso e particolareggiato la questione inerente la proprietà dei muri di confine (artt. 874 e ss. c.c.).
Vale la pena, senza seguire pedissequamente l'ordine delle norme, esporre le principali caratteristiche afferenti la proprietà del muro e le conseguenti implicazioni in materia di spese di manutenzione e ricostruzione.
L'art. 880, primo comma, c.c. specifica che il muro che serve alla divisione tra edifici si presume comune fino alla sua sommità e qualora gli edifici avessero altezze differenti, la comunione si presume fino al punto in cui uno degli edifici comincia a essere più alto.
La norma è chiusa dal secondo comma a mente del quale si presume parimenti comune il muro che serve di divisione tra cortili, giardini e orti o tra recinti nei campi.
Si tratta di una presunzione di comunione iuris tantum, ossia di una presunzione che può trovare smentita che dev'essere presente nel contenuto degli atti d'acquisto.
In sostanza se l'atto non dice nulla e il muro è posizionato sul confine tra le due proprietà esso dovrà considerarsi in proprietà comune.
Tuttavia, il successivo articolo 881 c.c. pone un'eccezione a questa presunzione specificando che il muro divisorio tra i campi, cortili, giardini od orti si presume appartenga al proprietario del fondo verso il quale esiste il piovente e in ragione del piovente medesimo.
Al secondo comma è specificato che se esistono sporti, come cornicioni, mensole e simili, o vani che si addentrano oltre la metà della grossezza del muro, e gli uni e gli altri risultano costruiti col muro stesso, si presume che questo spetti al proprietario dalla cui parte gli sporti o i vani si presentano, anche se vi sia soltanto qualcuno di tali segni.
Laddove invece il muro dovesse trovarsi su uno dei fondi in posizione tale da fungere sostanzialmente da muro di confine, il proprietario del fondo a esso attiguo può chiederne la comunione.
Ciò perché ai sensi dell'art. 874 c.c. (Comunione forzosa del muro sul confine) il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui può chiederne la comunione per tutta l'altezza o per parte di essa, purché lo faccia per tutta l'estensione della sua proprietà. Al fine di ottenere la comunione del muro, specifica la norma, il richiedente deve pagare la metà del valore di esso, o della parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito, fermo restando l'obbligo di eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino.
Con tale locuzione s'intende dire che si può instaurare un procedimento giudiziale per quei casi in cui, inizialmente, non sia stato possibile giungere a un accordo per mezzo dell'alternativa stragiudiziale, ossia di quella consistente nella stipula di un contratto da trascriversi presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari.
Dopo un anno dall'entrata in vigore della così detta legge sulla mediazione civile (cioè dal marzo 2011 e poi dal settembre 2013 in seguito alla pronuncia d'incostituzionalità dell'originaria formulazione del d.lgs n. 28/2010), prima d'iniziare un giudizio sarà necessario esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione.
Nel caso di azione giudiziale, la sentenza costitutiva della comunione forzosa dovrà essere trascritta nei pubblici registri immobiliari al pari dell'atto convenzionale.
Se il muro non è sul confine, ma è eretto entro una determinata distanza da esso, al pari del caso del muro contiguo al confine, seppur solo per determinati scopi, il titolare del fondo non proprietario della struttura può chiederne la comunione forzosa.
La norma di riferimento è l'art. 875 c.c. a mente del quale:
Quando il muro si trova a una distanza dal confine minore di un metro e mezzo ovvero a distanza minore della metà di quella stabilita dai regolamenti locali, il vicino può chiedere la comunione del muro soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso, pagando, oltre il valore della metà del muro, il valore del suolo da occupare con la nuova fabbrica, salvo che il proprietario preferisca estendere il suo muro sino al confine.
Il vicino che intende domandare la comunione deve interpellare preventivamente il proprietario se preferisca di estendere il muro al confine o di procedere alla sua demolizione.
Questi deve manifestare la propria volontà entro il termine di giorni quindici e deve procedere alla costruzione o alla demolizione entro sei mesi dal giorno in cui ha comunicato la risposta.
La risposta alla domanda è contenuta nell'art. 882 c.c., rubricato per l'appunto riparazioni del muro comune, che recita:
Le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a carico di tutti quelli che vi hanno diritto e in proporzione del diritto di ciascuno, salvo che la spesa sia stata cagionata dal fatto di uno dei partecipanti.
Il comproprietario di un muro comune può esimersi dall'obbligo di contribuire nelle spese di riparazione e ricostruzione, rinunziando al diritto di comunione, purché il muro comune non sostenga un edificio di sua spettanza.
La rinunzia non libera il rinunziante dall'obbligo delle riparazioni e ricostruzioni a cui abbia dato causa col fatto proprio.
Sintetizzando la norma in un unico pensiero è possibile affermare quanto segue: tutti i comproprietari, in relazione alle proprie quote, debbono partecipare alle spese di manutenzione e ricostruzione potendo, tuttavia, defilarsi dal concorso a tali spese rinunciando alla proprietà di quel bene sempre che esso non sostenga parte della sua proprietà e sempre che la riparazione non sia stata resa necessaria da un suo fatto.
S'ipotizzi che Tizio e Caio sono proprietari di due fondi, Alfa e Beta, e che il muro che segna il confine tra i due predi sia in comunione.
Si supponga che Caio ceda la sua proprietà a Sempronio che, di conseguenza, diviene anche proprietario del muro.
Si supponga, ancora, che poco prima della cessione le parti si fossero messe d'accordo sull'opportunità di eseguire alcuni interventi conservativi del muro ma che nell'atto di vendita non si faccia menzione di tale accordo.
In questo contesto è lecito domandarsi: le spese devono essere sostenute da Caio o da Sempronio?
Secondo la Corte di Cassazione, che ha reso una sentenza rispondendo, di fatto, a un quesito molto simile, dipende dalla natura degli interventi.
Si legge nella sentenza che le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune, cioè le spese per quelle cause di deterioramento dipendenti dal suo uso normale, sono a carico di tutti coloro che vi hanno diritto e in proporzione del diritto di ciascuno: l'obbligo della contribuzione si innesta nel rapporto reale di comunione e si trasferisce in capo a chiunque sia proprietario della cosa nel momento in cui si presenta la necessità della riparazione o della ricostruzione (Cass. 30 marzo 1994 n. 3089).
Ciò in linea generale.
Cosa accade, invece, se la necessità della spesa di riparazione del muro comune nasce da un fatto imputabile a uno dei comproprietari?
In tal caso – è sempre la Cassazione, nella medesima sentenza, a ricordarlo – alla responsabilità personale del comproprietario segue la titolarità esclusiva, in suo capo, delle spese di riparazione; l'obbligazione di pagamento, infatti, pur aderendo al rapporto reale di condominio, conserva la propria autonomia ed assume carattere personale, e per tale ragione non si trasferisce al condomino succeduto, a titolo particolare, all'autore del fatto.
In tale ultima evenienza, chi ha provocato il danno viene ad assumere la figura di terzo nei confronti degli attuali partecipanti alla comunione ed è obbligato al suo risarcimento; ciò non toglie, però, che i condomini non possono esimersi dagli obblighi inerenti al loro diretto rapporto di comunione, salvo il diritto di promuovere tempestiva azione personale verso il responsabile del danno (Cass. 30 marzo 1994 n. 3089).
Insomma a meno che la riparazione non sia conseguenza di un fatto proprio di uno dei comproprietari, allora anche in caso di compravendita l'onere della riparazione spetterebbe a lui; i costi per tali interventi sono sempre a carico degli attuali comproprietari.
Che cosa accade se si rende necessario un intervento conservativo ma uno dei comproprietari si disinteressa di partecipare alla spesa indispensabile per effettuarlo?
Semplice: il comproprietario più diligente può anticipare la spesa e poi rivalersi, pro quota, sugli altri comunisti.
In tal caso, almeno questo è il parere della Cassazione, al fine di applicare l'art. 882 c.c. per il quale le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a carico di tutti coloro che vi hanno diritto, è sufficiente accertare il carattere necessario delle riparazioni eseguite, mentre è irrilevante ai predetti fini che le stesse siano anche conformi alle prescrizioni contenute in un'ordinanza del sindaco che le ha imposte a salvaguardia della pubblica incolumità (Cass. 20 agosto 1981 n. 4944, in Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 8).
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