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La vita in condominio è spesso causa di svariati litigi: si pensi ai contrasti in merito alla ripartizione delle spese oppure alle difficoltà a trovare accordi in ordine alla effettuazione di interventi di manutenzione. Molte situazioni conflittuali riguardano la disciplina delle parti comuni del condominio.
Che cosa si intende per parti comuni di un condominio?
Quali sono gli obblighi e i diritti dei condomini su di esse?
Per non trovarsi impreparati sull'argomento è bene conoscere quelle che sono le modalità di uso delle cose comuni, nonché le norme previste dalla legge relative alle modifiche che si possono apportare ed entro quali limiti.
Le parti comuni di un edificio sono descritte all'articolo 1117 del codice civile come le parti che appartengono a tutti i condomini in maniera indivisa.
Il condominio, infatti, è una particolare forma di comunione in riferimento alla quale vi è la contitolarità di determinati spazi, appunto le parti comuni.
Al fine di evitare controversie o quanto meno ridurre le possibilità di lite, è opportuno innanzitutto conoscere quali sono le parti comuni del condominio e quelli che sono i comportamenti consentiti ai condomini al riguardo.
Molti dubbi sulla definizione di parti comuni sono stati superati grazie alla Riforma del Condominio attuata con la legge del 2012 con la quale sono state inserite ulteriori precisazioni all'interno della norma.
Le parti comuni possono essere suddivise in tre macrocategorie:
In linea più generale, si tratta di quelle parti che strutturalmente sono destinate all'uso comune e che hanno la caratteristica di essere strumentali al godimento della proprietà esclusiva.
L'elenco del legislatore non è tassativo né esaustivo in quanto altri beni possono ritenersi comuni purché se ne accertino le sopra menzionate caratteristiche.
Abbiamo detto che la titolarità delle parti comuni è indivisa.
Lo afferma l'articolo 1119 del codice civile, in base al quale la divisione è possibile solo qualora non si renda più incomodo l'uso della cosa comune a ciascun condomino e previo consenso di tutti i partecipanti.
Come stabilito dall'articolo 1118 del codice civile, rispetto alle parti comuni, ciascun condomino può ritenersi proprietario in proporzione al valore della rispettiva proprietà privata.
Le parti comuni devono essere utilizzate dai condomini:
- secondo la loro normale destinazione (vedremo in seguito come la stessa può essere modificata);
- rispettando le norme contenute nel regolamento condominiale;
- senza compromettere o ledere l'uso della cosa comune da parte degli altri condomini.
Il partecipante alla comunione non può rinunciare alle parti comuni, nemmeno per ottenere una riduzione degli oneri condominiali.
Ciascun condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni.
Tuttavia la legge consente al condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto di riscaldamento o condizionamento centralizzato, qualora dal suo distacco non derivino:
- uno squilibrio nel funzionamento dell'impianto;
- un aggravio di spesa a carico degli altri condomini.
Il rinunciante sarà comunque tenuto a partecipare alle spese di manutenzione straordinaria, conservazione e messa a norma.
Un altro aspetto da ricordare, nel momento in cui si analizza i diritti in capo a ciascun condomino è che il condomino, nell'utilizzo della proprietà esclusiva non può mai ledere i diritti degli altri condomini sugli immobili di proprietà esclusiva né arrecare danno alle parti comuni.
In ogni caso è doveroso darne notizia all'amministratore che riferisce all'assemblea.
Quando si parla di modifiche da apportare alle parti comuni di un edificio condominiale è necessario innanzitutto fare riferimento al regolamento di condominio.
Per poter valutare se possibile o meno aggiungere elementi ulteriori, effettuare variazioni alle parti esistenti, innovazioni, migliorie ecc.,. punto di riferimento è certamente il documento che disciplina, tramite accordo tra i condomini, quella serie di questioni che vengono in esso descritte.
Nell'ambito del condominio, rientra tra le facoltà di ciascun condomino quella di apportare delle migliorie alle parti comuni.
La libera iniziativa del singolo deve tener conto di taluni limiti: abbiamo detto che non si può compromettere il godimento degli altri condomini né apportare delle variazioni alla destinazione d'uso delle parti comuni.
Non si può dunque trasformare il giardino in un parcheggio modificando l'uso cui esso è destinato.
Nel rispetto dei limiti sopra evidenziati, tuttavia, ciascun condomino, può apportare delle modifiche finalizzate a migliorare il godimento delle parti comuni, anche a proprie spese (articolo 1102 codice civile).
Diverse dalle modifiche in questione, consentite al singolo condomino, sono quelle che il codice civile definisce come delle innovazioni, che hanno delle caratteristiche ben precise.
Sono opere di trasformazione che incidono in maniera consistente sull'uso della cosa comune.
Per questo motivo è richiesto l'intervento dell'assemblea che deve liberare con determinati quorum e non sono mai consentite al singolo condomino.
Qui di seguito vedremo quale sia la procedura da porre in atto per dare luogo a delle innovazioni in ambito condominiale. Le innovazioni sono disciplinate dall'articolo 1120 del codice civile che riporta quanto segue:
I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.
I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto:
1. le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;
2. le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio, nonché per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;
3. l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto.
L'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all'adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma.
La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni.
Sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. Art. 1120 cod.civ.
Sulle parti comuni del condominio possono essere effettuate delle innovazioni.
Per innovazioni si intendono, in base alla nuova formulazione del codice civile, quegli interventi diretti al miglioramento, all'uso più comodo, o al maggior rendimento delle cose comuni.
Come definite dalla giurisprudenza, sono una particolare modificazione dunque che rende, per così dire, nuova la cosa, con trasformazioni e cambiamenti dell'originaria funzione e destinazione o con un'alterazione della sua entità sostanziale (si veda Cassazione 18334/ 2012).
La maggioranza richiesta per tali innovazioni è quella degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno i due terzi dei millesimi.
Diversa maggioranza è necessaria per le altre innovazioni elencate dalla norma. Sia che si tratti di modificazione d'uso (come vedremo) che di innovazione l'intervento non può compromettere, sicurezza, stabilità e decoro architettonico del bene comune.
Altro limite, previsto solo per le innovazioni, è che esse rendano inservibili le cose comuni, all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Eventuali modifiche e variazioni della destinazione d'uso delle parti comuni devono essere deliberate nel corso dell'assemblea condominiale.
Le modifiche delle destinazioni d'uso sono disciplinate dall'articolo 1117 ter, articolo introdotto con la Riforma del condominio che afferma quanto segue:
Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio, può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni.
La convocazione dell'assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione.
La convocazione dell'assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d'uso.
La deliberazione deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti di cui ai precedenti commi.
Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d'uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico. Art. 1117 ter cod. civ.
Si tratta delle modifiche finalizzate a soddisfare esigenze di interesse condominiale per le quali viene richiesto un quorum dei 4/5 dei partecipanti al condominio e 4/5 dei millesimi.
Complessa è inoltre la procedura per la convocazione dell'assemblea: l'invio della convocazione con lettera raccomandata o con posta certificata deve pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione e deve essere affisso per non meno di trenta giorni nei locali di maggior uso o negli spazi a tal fine destinati.
Con l'articolo 1117 quarter è stata introdotta dalla Riforma del condominio una norma di riferimento, a tutela di eventuali azioni o interventi che possano ledere la destinazione d'uso delle parti comuni.
Esso afferma che:
In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni, l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l'esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie.
L'assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell'articolo 1136. Art. 1117 quarter cod.civ.
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