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Il locatore può essere condannato per mobbing immobiliare

Il locatore può essere condannato al risarcimento dei danni per mobbing immobiliare, ossia per le ripetute molestie portate contro il conduttore dell'appartamento.
Pubblicato il

Proprietario di casa molesto


Che cos'è il mobbing immobiliare?

Quando può dirsi che il proprietario di casa sta ponendo in essere una serie di comportamenti vessatori e di conseguenza lesivi del diritto di fruire pacificamente dell'appartamento concesso in locazione?

ProprietarioCome valutare la persecutorietà delle condotte e quali sono i rimedi esperibili in sede giudiziale?

Sono queste, in sostanza, i quesiti qui si è trovata a dover dare risposta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 5044 resa dalla Terza Sezioni Civile mediante deposito in cancelleria il 28 febbraio 2017.


Il caso è particolarmente articolato: un ente, proprietario di un immobile, propone azione di licenza per finita locazione avverso l'inquilino per ottenere la liberazione dell'immobile.

La licenza o lo sfratto per finita locazione sono quelle azioni previste dal codice di procedura civile e tese ad ottenere un provvedimento giudiziario che consenta la liberazione forzata dell'immobile nel caso di mancato volontario rilascio.

L'ordine può essere chiesto sia prima della fine del contratto – per premunirsi del titolo utile all'azione coatta – sia successivamente. Sono sempre salve le azioni per danni da ritardato rilascio.

Nel primo caso – tecnicamente parlando – si deve fare riferimento alla licenza per finita locazione, mentre nell'ipotesi di azione successiva al termine del contratto di sfratto. La differenza è indicata nell'art. 657 del codice di procedura civile, ossia la norma che regole le suddette azioni.

In questo contesto il conduttore si opponeva tardivamente alla licenza specificando che tale tardiva opposizione era dovuta alle sue condizioni psicofisiche che gli avevano impedito la tempestiva costituzione in giudizio.

Tale motivo di opposizione non ha trovato accoglimento nei vari giudizi di merito e nemmeno nell'ambito del ricorso in Cassazione.

Diversa sorte per l'azione risarcitoria per così detto mobbing immobiliare.


Locazione e pacifico godimento


Con la stipula del contratto di locazione, il conduttore diviene titolare del diritto personale di godimento dell'immobile oggetto del contratto.

LocazioneIl proprietario, a fronte di questa situazione giuridica soggettiva, assume una serie d'impegni ed obblighi. Tra questi l'obbligo, sancito dall'art. 1585 c.c., di garantire all'inquilino il pacifico godimento del bene durante tutta la locazione rispetto alle molestie portate da terzi.

Pacifico godimento che si sostanzia nel dovere di evitare al conduttore quelle molestie di diritto portate da terzi che diminuiscono l'uso o il godimento della cosa.

Si badi: molestie di diritto, ossia pretese di avere su quel bene dei diritti. Se, invece, i terzi operano molestie di fatto (si pensi a rumori o altre immissioni intollerabili, infiltrazioni, ecc.), il proprietario (meglio il locatore) non può essere considerato responsabile, spettando al conduttore il diritto di agire immediatamente contro il molestatore. Sulla differenza tra molestia di fatto e di diritto e sulle conseguenze di tale differenziazione in relazione alle azioni esperibili dal conduttore, la giurisprudenza si è pronunciata più volte e ormai pacificamente sempre nello stesso senso (si vedano tra le tante Cass. 27-10-67 n. 2658; 25-10-72 n. 3261; 22-7-1971 n. 2410; 22-8-1977 n. 3831).

In questo contesto, spicca un fatto: se la molestia è portata da terzi, il proprietario potrebbe essere chiamato a risponderne (molestia di diritto); ma quando è il proprietario a molestare il conduttore nel possesso del bene?

È qui che entra in gioco il così detto mobbing immobiliare


Mobbing immobiliare e risarcimento del danno


Oltre che dalle molestie portate da terzi, nei limiti appena indicati, il codice civile impone al locatore di garantire al conduttore il pacifico godimento in generale. Ciò vuol dire anche obbligo di personale astensione dal portare molestie e più in generale disturbi?

Dalla sentenza in esame, secondo le argomentazioni portate dal ricorrente, no. O meglio: di tale molestie il locatore risponderebbe ai sensi dell'art. 2043 del codice civile e non dell'art. 1575.

Mobbing immobiliare cosa fare?Tesi che la Corte non considera e che, ad avviso dello scrivente, appare debole: il tenore letterale dell'art. 1575 c.c., infatti, impone al proprietario di garantire il pacifico godimento, specificando poi successivamente (art. 1585-1586 c.c.) i limiti di tale obbligo di garanzia in relazione alle condotte dei terzi. Sarebbe del tutto contraddittorio che la norma imponesse delle obbligazioni per il comportamento altrui e non per quello diretto del locatore.

Al di là di tale questione, oggetto della pronuncia è stata la questione del così detto mobbing immobiliare.

Il termine mobbing ricorda ai più le condotte perpetrate in danno dei lavoratori in ambito aziendale e consistenti in molestie psicologiche atte a non consentirgli un corretto svolgimento del proprio lavoro.

Caratteristica fondate del mobbing è al reiterazione delle condotte appena descritte: come per lo stalking (art. 612-bis c.p.), ciò che conta è la reiterazione finalizzata allo scopo.

È possibile riportare questo principio nell'ambito dei contratti di locazione e quindi ritenere illegittima perché mobbizzante la condotta del locatore che non consenta un sereno svolgimento del rapporto locatizio?

Il ricorrente nella causa che ha portato alla sentenza n. 5044 ha affermava che il mobbing immobiliare consisterebbe nelle pressioni, anche illegali, dei proprietari per cacciare gli inquilini allo scopo di sfruttare meglio l'immobile o in relazione ad un piano di trasformazione urbanistica.

La Corte di Cassazione ha ritenuto di riconoscere come possibile una simile fattispecie.

Insomma il conduttore di un immobile che si vede recapitate di continuo da parte del locatore intimazioni stragiudiziali o viene coinvolto in azioni giudiziali connesse al contratto di locazione, tutte e sempre infondate, può agire giudizialmente per ottenere il risarcimento del danno ove sia in grado di dimostrare che tali condotte abbiano avuto come unico scopo quello di indurlo a porre fine al vincolo contrattuale per meglio sfruttare il proprio cespite.

Nel caso di specie la Corte di appello, la cui sentenza è stato oggetto di impugnazione e successivamente censura, aveva escluso la configurabilità di tale azione, affermando che nell'ambito delle singole (eventuali) azioni giudiziarie in cui è convolto, il conduttore può sempre domandare la condanna alle spese per lite temeraria (ex art. 96 c.p.c.).

La Corte di Cassazione, nel censurare questa conclusione, ha specificato che il rimedio appena citato è cosa differente dal così detto mobbing immobiliare. In effetti, aggiunge chi scrive, tale tipo di vessazioni possono anche non arrivare mai nelle aule giudiziarie, ma pur sempre rappresentare indebite pressioni nello svolgimento di un contratto di locazione.

Una sentenza, quella appena citata, che, ne siamo certi, pone un principio di rilevante importanza specie in quei casi di locatori (proprietari) troppo invadenti e poco rispettosi della sfera personale del conduttore.

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Mobbing immobiliare, cos'è ?
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