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Hai ereditato un immobile in comunione con altri eredi e decidi di effettuare dei lavori di ristrutturazione. Anticipi le spese necessarie per i lavori aspettandoti che le stesse ti vengano rimborsate dagli altri comproprietari. Ma non è così.
Il tema dei lavori sulla proprietà indivisa per conservazione, manutenzione o ristrutturazione non è così infrequente e spesso è causa di controversie nelle aule di tribunale.
Le spese sostenute dal singolo coerede nell'inerzia degli altri, per la manutenzione straordinaria dell'immobile, potranno essere in qualche modo recuperate?
La risposta la troviamo nella sentenza della Corte di Cassazione n.5135/2019 che ci spiega come avviene la divisione del bene comune una volta apportate allo stesso delle migliorie e quali sono le legittime pretese di chi ha intrapreso i lavori.
La vicenda esaminata dai Giudici Supremi trae origine dalla controversia insorta fra tre fratelli che avevano ereditato dal padre un immobile di tre piani in parti uguali indivise.
L'immobile, concesso per anni in locazione da un fratello e una sorella, veniva posto in ristrutturazione a spese dei due coeredi interessati alla manutenzione che avevano goduto del bene.
Il fratello che non aveva mai utilizzato l'appartamento, conveniva in giudizio gli altri due, allo scopo di ottenere la divisione giudiziale dell'immobile unitamente al pagamento degli utili ricavati per la concessione in locazione. I fratelli, costituitisi in giudizio, non si opponevano alla richiesta di divisione, ma avanzavano anch'essi alcune pretese.
L'uno domandava il rimborso delle spese sostenute per la ristrutturazione e l'altra invocava l'avvenuto acquisto della proprietà per usucapione a seguito utilizzo ventennale dell'immobile.
Vediamo quale è stata la soluzione proposta dalla Corte di Cassazione per la parte che qui ci interessa, ovvero le migliorie apportate al bene comune.
Prima di entrare nel merito delle conclusioni cui giungono i Giudici Supremi nel definire la controversia sottoposta alla loro attenzione, è necessario inquadrare la fattispecie descritta.
Cerchiamo innanzitutto di precisare che cosa si intenda per miglioria, un concetto che spesso ricorre nelle disposizioni di legge e che presenta rilevanti risvolti giuridici.
Con tale termine si fa riferimento alle trasformazioni o diverse sistemazioni che vengono apportate al bene, con conseguente aumento di valore dello stesso. Le migliorie non sono caratterizzate da una propria individualità rispetto al bene, in quanto vengono incorporate a esso e ne aumentano il godimento, la produttività e la redditività.
Certamente la ristrutturazione dell'immobile oggetto del caso esaminato rientra nel concetto di miglioria e le opere realizzate divengono parte del bene comune, in base al principio dell'accessione.
La domanda da porsi, in un caso come quello descritto, è se il coerede abbia diritto al rimborso delle spese effettuate o abbia diritto al rimborso di una somma pari all'incremento di valore dell'immobile ristrutturato.
Vediamo cosa dice la Corte di Cassazione sul punto.
Facendo riferimento ai precedente giurisprudenziali in materia, la Corte di Cassazione, nel caso concreto, esclude l'applicazione dell'articolo 1150 codice civile, comma 1, 2 e 3 che dispone quanto segue:
Il possessore, anche se di mala fede, ha diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie. Ha anche diritto a indennità per i miglioramenti recati alla cosa, purché sussistano al tempo della restituzione. L'indennità si deve corrispondere nella misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti, se il possessore è di buona fede; se il possessore è di mala fede, nella minor somma tra l'importo della spesa e l'aumento di valore. Art. 1150 cc, commi 1,2,3
In sede di divisione giudiziale del bene, il coerede che abbia apportato delle migliorie sul bene comune da lui posseduto, non deve invocare quanto previsto dall'articolo 1150 codice civile, ovvero un'indennità pari all'aumento di valore del bene. A fronte dei costi sopportati per i lavori di ristrutturazione nessuna indennità viene riconosciuta.
Egli potrà richiedere, in quanto mandatario o utile gestore degli altri eredi partecipanti alla comunione ereditaria, il rimborso delle spese sostenute per realizzare la miglioria, cui andranno aggiunti gli interessi legali. Dai Giudici Supremi viene specificato che si esclude la rivalutazione monetaria, poiché trattasi di debito di valuta e non di valore.
Da considerare che nella fattispecie trattata, la ristrutturazione aveva comportato la demolizione e ricostruzione dell'edificio. Di fatto si era in presenza della costruzione di un nuovo fabbricato.
Un elemento in più dovrà essere aggiunto nella disamina del caso.
La Corte di Cassazione, per giungere alla conclusione, invocava quanto disposto dall'articolo 934 del Codice civile che statuisce quanto segue:
Qualunque piantagione, costruzione o opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo quanto è disposto dagli articoli 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge. Art. 934 cc
Ne deriva che la costruzione eseguita su suolo comune dal comproprietario diviene, per accessione, di proprietà comune agli altri comproprietari del suolo.
Questi ultimi saranno tenuti a rimborsare al comproprietario le spese per la costruzione da lui effettuata, in proporzione alle quote di proprietà.
È proprio questo un altro punto da sottolineare: il rimborso deve avvenire in proporzione alle quote di proprietà dei coeredi. Il rimborso per i miglioramenti non sarà integrale ma solo pro quota.
In sede di divisione, il miglioramento da restituire non coincide con l'incremento di valore del bene ,quale risulti dopo i lavori di ristrutturazione ma con l'ammontare della spesa sostenuta per l'esecuzione degli stessi, che dovrà essere debitamente documentata.
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