Materiali e localismo

L'uso intelligente e attento dei materiali può fare la differenza tra una semplice edilizia e una vera architettura, dando una giusta lettura del contesto.
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L'edilizia è fatta di materia, di costruzione, in pratica di sostanza vera. Serve a concretizzare bisogni ed umane necessità, quelle di un rifugio che sia il luogo del riposo e della vita privata, dando loro ospitalità in maniera pratica. Quando l'edilizia, nel suo essere sostanza, incontra le idee e da loro forma, unitamente ai bisogni e alle richieste, ecco che ciò che costruiamo diventa architettura, perché esprime qualcosa di più elevato delle semplici umane urgenze.

Quando l'edilizia diventa architettura allora riconosciamo i luoghi in cui viviamo o soggiorniamo temporaneamente. Non a caso alcuni archetipi costruttivi ed alcune tecnologie sono strettamente legate ai luoghi che le hanno prodotte, tanto da farci subito pensare a questi posti specifici ogni volta che vediamo l'immagine di un determinato tipo di edificio o di costruzione che, altrove, non troveremmo.

Puglia: architettura locale rifinita con intonaco biancoTra gli elementi che maggiormente caratterizzano il localismo, cioè che identificano in maniera abbastanza chiara l'appartenenza di un manufatto ad una determinata realtà geografico-culturale, di sicuro quelli che maggiormente spiccano agli occhi, perché riconoscibili anche dai non addetti ai lavori, sono i materiali, in particolare quelli delle finiture esterne, che regolano il rapporto di una costruzione col mondo esterno.


Materiali e senso dei luoghi


Uno degli esempi più noti a livello globale è quello dell'architettura dei paesi di mare del Sud Europa, in particolare di Grecia e parte dell'Italia, caratterizzata dalla dominante chiara dei rivestimenti dei muri esterni. Due le possibili soluzioni tecnologiche utilizzate: la prima, meno diffusa perché più costosa e non alla portata di tutti, è quella del calcare chiaro o bianco, mentre la seconda, ben più diffusa perché più economica, è quella dell'intonaco bianco.

Le tipiche case dei villaggi greci e di parte dell'Italia meridionale (la Puglia, ad esempio) sono estremamente rappresentativi del rapporto tra materiali e localismo, perché ricorrono ad un materiale facilmente rintracciabile in loco (l'intonaco), con una finitura di colore necessaria per combattere l'eccessivo soleggiamento tipico di tali latitudini; così facendo, si caratterizzano e si identificano in maniera evidente i luoghi, unitamente ad alcune soluzioni costruttive che variano da luogo a luogo.

Napoli: Costruzione in tufo giallo a vistaIn maniera analoga, ancora, si può discutere della evidente persistenza dell'uso di tufo e pietra vulcanica in diverse zone del Lazio, della Campania e della Sicilia, data la nota presenza di aree vulcaniche più o meno attive in tali zone. A seconda dei luoghi, poi, cambia la composizione della lava che, raffreddandosi dopo le eruzioni, dà luogo ai vari tipi di rocce piroclastiche utilizzate in edilizia, ed è per questo che il tufo romano è diverso da quello napoletano o leccese, così come la Pietrarsa, tipica pietra lavica napoletana, è diversa dalla pietra lavica etnea e dal piperno.

È così che un palazzo nobiliare a Napoli sarà caratterizzato da un rivestimento basamentale in pietra lavica (perfetta per questo uso in quanto di colore scuro, su cui lo sporco è meno visibile), che si ritrova anche molto utilizzato nei bellissimi palazzi patrizi di Catania, ma le varianti locali del materiale ci faranno capire la differenza anche da un confronto fotografico.

La scelta di materiali locali, poi, è sempre stata una scelta semplice quanto necessaria, in tempi in cui non esisteva il mercato globale e la possibilità di importare con facilità da qualunque nazione, nonché economicamente conveniente perché spesso le cave erano a ridosso dei Puglia: costruzioni in pietra chiaranuclei abitati (Napoli è ricca di cavità sotterranee perché le stesse, sono, in realtà, luoghi di estrazione del tufo necessario per le costruzioni).

Un errore che è stato fatto da questo punto di vista, negli anni passati, è quello relativo all'uso di materiali lapidei non locali per la realizzazione di ampie zone pedonali pavimentate nei centri storici del Sud Italia. Negli anni '80 e '90, ad esempio, imperava l'uso dei cubetti di porfido, in genere proveniente dal Trentino, nelle principali vie e piazze di tantissime città meridionali, col risultato di snaturare la tipicità dei luoghi per aver scelto un materiale di qualità, certamente, ma assolutamente fuori contesto. Non a caso, al contrario, mai è accaduto che in Trentino importassero la pietra lavica per lastricare i propri centri storici.

Lo stesso errore, purtroppo, si riscontra anche nell'edilizia privata, luogo delle principali e diffuse brutture costruttive: a causa, a volte, di regolamenti edilizi non impeccabili, perché aperti con troppa facilità all'impiego di materiali non compatibili con le caratteristiche dei luoghi, si realizzano edifici a volte rivestiti con materiali assolutamente estranei al contesto, solo perché il committente, o il progettista, ne sono stati affascinati per averlo visto su una rivista.

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