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Manutenere un bene vuol dire conservarlo nello stato idoneo all'uso preservandone la funzionalità ed eliminando quegli elementi in grado di incidere negativamente sulla stessa.
Nell'ambito di un edificio in condominio, la manutenzione può riguardare tre tipologie di beni:
- quelli in proprietà esclusiva;
- quelli in proprietà comune.
Qui ci soffermeremo sull'ultima tipologia di beni; prima di entrare nel merito della questione è utile svolgere delle considerazioni terminologiche.
Il codice civile, in relazione alla manutenzione dei beni comuni, fa riferimento a due tipologie d'intervento:
- opere di manutenzione ordinaria;
- opere di manutenzione straordinaria.
La terminologia appena utilizzata assume in campo condominiale una valenza propria e alle volte differente da quella che le qualificazioni così indicate hanno nel settore edilizio.
Non solo: la catalogazione dell'intervento nell'ambito della manutenzione ordinaria o straordinaria incide sulla competenza a disporre l'intervento; competenza che è generalmente posta in capo all'assemblea ma che, si vedrà, lascia uno spazio d'intervento anche all'amministratore condominiale.
Il codice civile, inoltre, fa riferimento a interventi conservativi (art. 1123, primo comma, c.c.) nonché a riparazioni straordinarie (art. 1136, quarto comma, c.c.).
Come ha avuto modo di chiarire la Corte di Cassazione (sent. n. 8292/00) l'imprecisa formulazione normativa non deve trarre in inganno: la sostanza è sempre la stessa.
In buona sostanza la natura degli interventi conservativi o riparativi è la medesima di quelli manutentivi.
Che cosa deve intendersi, in relazione al condominio negli edifici, per interventi di manutenzione ordinaria? Chi ha il potere di disporli?
Partiamo dalla definizione: la manutenzione ordinaria è quella che viene periodicamente svolta, in quanto prevista in sede di approvazione del preventivo di gestione, in relazione a beni e impianti comuni. Sono interventi di manutenzione ordinaria quelli connessi alla cura del verde condominiale, alle piccole riparazioni connesse all'uso delle cose comuni, ed ancora gli interventi edilizi di piccola portata (si pensi alla pitturazione di un muro dell'androne, alla pitturazione dell'inferriata posta sul confine dell'edificio, ecc.).
La nozione di manutenzione ordinaria in ambito condominiale sostanzialmente coincide con quella che altre disposizioni di legge declinano in relazione a specifici settori.
Si pensi alla definizione di manutenzione ordinaria fornita dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (d.p.r. n. 380/01) e a quelle contenute nel regolamento dettato in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici (d.m. n. 37/2008).
Si è detto che la manutenzione ordinaria condominiale è individuabile in ragione della sua ricomprensione nell'ambito delle spese inserite nel preventivo di gestione: ciò vuol dire che questa e solamente questa è da considerarsi manutenzione ordinaria?
Ad avviso di chi scrive non è così. Per quanto dettagliato possa essere un preventivo, può accadere nel corso dell'anno di gestione che sia necessario, ovvero semplicemente opportuno disporre interventi qualificabili come ordinari e ivi non indicati.
Ciò ci porta a dare soluzione al secondo quesito, quello riguardante la disposizione delle opere in esame.
Non vi è dubbio che l'assemblea abbia pieni poteri di individuazione degli interventi di manutenzione ordinaria: questa, salvo manutenzioni periodiche imposte dalla legge (es. sugli ascensori, ex d.p.r. n. 162/99, ovvero sugli estintori, ai sensi del d.m. 7 gennaio 2005), può stabilire cosa e quando debba essere fatto. Prendiamo l'ipotesi del giardino condominiale, ovvero dei piccoli interventi di pitturazione di parti comuni. È certo che l'assemblea possa prevederli nell'ambito dell'approvazione del preventivo di spesa, connotandoli così di quella periodicità che sicuramente ne consente la qualificazione come ordinari.
C'è poi il potere dispositivo dell'amministratore di condominio, il quale per la giurisprudenza (si veda ad es. Cass. n. 454/2017) è sicuramente detentore del potere di disporre autonomamente le stesse opere ordinarie decise dall'assemblea, che ha poi potere di valutazione e ratifica in sede di approvazione del rendiconto consuntivo.
Con riferimento ai quorum deliberativi, è bene specificare che l'assembla può disporre interventi di manutenzione ordinaria, nonché ratificare quelli ordinati dall'amministratore:
- in prima convocazione, deliberandoli con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti (personalmente e per delega) all'assemblea e di almeno la metà del valore millesimale dell'edificio;
- in seconda convocazione, deliberandoli con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti (personalmente e per delega) all'assemblea e di almeno un terzo del valore millesimale dell'edificio.
Chiariti gli elementi fondamentali degli interventi di manutenzione ordinaria, passiamo alla manutenzione straordinaria.
Sono da ritenersi opere di manutenzione straordinaria quelle non inserite nel preventivo di gestione e che comunque non possono essere considerate tali anche se ivi non indicate.
È straordinario ciò che esula dalla normale attività conservativa di una parte comune dell'edificio. È ordinario e normale che si fulmini una lampadina dell'impianto di illuminazione delle scale; lo è meno, che sia necessario sostituire il motore elettrico del cancello ad apertura automatica.
Qui si pone l'utilità di esplicitare una differenza terminologica connessa all'ambito di riferimento: ciò che è straordinario in campo condominiale può non esserlo riferendosi ad altri settori.
Così, ad esempio, è straordinaria la spesa connessa all'intervento di mera pitturazione della facciata condominiale principale (o delle facciate, ai nostri fini è indifferente), mentre l'intervento così descritto rientra nel novero di quelli che dal punto di vista edilizio vengono considerati di manutenzione ordinaria.
Chiariti questi aspetti, vediamo adesso chi può disporre opere di manutenzione straordinaria.
Le conclusioni sono differenti rispetto agli interventi conservativi di tipo ordinario.
La legge sul punto è chiara: la decisione in merito a interventi di manutenzione straordinaria spetta all'assemblea, la quale contestualmente deve pure deliberare la istituzione di un fondo di pari ammontare alla spesa prevista per i lavori (art. 1135, primo comma n. 4, c.c.).
In capo all'amministratore di condominio residua il potere di disporre interventi manutentivi straordinari solamente nel caso di urgenza, con obbligo di riferire alla prima assemblea (art. 1135, secondo comma, c.c.). Si ipotizzi la rottura di un componente dell'impianto di autoclave che precluda o metta a forte rischio il corretto funzionamento dell'intero impianto. Non vi è dubbio che l'amministratore possa disporre tale intervento e di conseguenza obbligare il condominio a sostenere la relativa spesa.
La Corte di Cassazione (es. sent. n. 2133/1995) e la giurisprudenza più in generale (es. Trib. Milano 14 maggio 2012 n. 5518) hanno specificato che sebbene rappresenti un eccesso di potere la condotta dell'amministratore che ordini interventi straordinari non urgenti sulle parti comuni, l'assemblea ha il potere di ratificarli.
Con riferimento ai quorum deliberativi, è bene specificare che l'assembla può disporre interventi di manutenzione straordinaria, nonché ratificare quelli ordinati dall'amministratore:
- in prima convocazione, deliberandoli con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti (personalmente e per delega) all'assemblea ed di almeno la metà del valore millesimale dell'edificio;
- in seconda convocazione, deliberandoli con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti (personalmente e per delega) all'assemblea ed di almeno un terzo del valore millesimale dell'edificio.
Il codice civile, all'art. 1136, quarto comma, fa riferimento a riparazioni straordinarie di notevole entità. La menzione, che abbiamo specificato equivale a individuare opere di manutenzione straordinaria, è inserita nell'ambito della individuazione dei quorum deliberativi.
Tali interventi, come prescritto dalla norma, necessitano sempre (cioè tanto in prima, quanto in seconda convocazione) del consenso della maggioranza degli intervenuti (personalmente e per delega) all'assemblea e di almeno la metà del valore millesimale dell'edificio.
Che cosa deve intendersi per notevole entità?
Si tratta di un concetto vago, cui la giurisprudenza (si veda ad es. Cass. 26 novembre 2014 n. 25145) ha dato significato concreto, specificando che tale connotazione va attribuita a seguito di una valutazione dei costi che
tenga conto dell'ammontare complessivo dell'esborso necessario, anche del rapporto tra tale costo, il valore dell'edificio e la spesa proporzionalmente ricadente sui singoli condomini. (Cass. n. 25145/2014)
Si tratta di elementi che non sono vincolanti per la decisione del giudice chiamato a dirimere la controversia sulla natura notevole o normale delle spese per interventi manutentivi.
Questi, tuttavia, rappresentano dei parametri sicuramente utili a considerare la natura della manutenzione straordinaria sotto il profilo economico. La giurisprudenza parrebbe escludere le condizioni economiche individuali dei singoli condòmini dal novero degli elementi da tenere in considerazione ai fini della valutazione in esame.
Un cenno finale merita la questione afferente la ripartizione dei costi per gli interventi di manutenzione, siano essi ordinari o straordinari.
Il primo elemento a cui guardare sono eventuali accordi tra i condòmini che possono essere contenuti in una delibera sottoscritta da tutti, negli atti di acquisto ovvero nel regolamento condominiale contrattuale, cioè accettato da tutti i condòmini.
E se questi atti non dicono nulla?
È allora che bisogna guardare al contenuto della legge. Il codice civile chiarisce che le spese di conservazione (cioè quelle di manutenzione comunque qualificabile) vanno ripartite in ragione dei millesimi di proprietà (art. 1123, primo comma, c.c.).
Fanno eccezione:
- la manutenzione dell'ascensore e delle scale, rispetto ai quali si applica l'art. 1124 c.c. (ossia con un riparto che per metà della spesa applica i millesimi di proprietà e per l'altra metà l'altezza piano);
- la manutenzione del lastrico solare in uso esclusivo, che va equiparato a quello in proprietà e uso esclusivo, che soggiace al criterio di ripartizione individuato dall'art. 1126 c.c. (un terzo della spesa in capo all'utilizzatore esclusivo e i restanti due terzi da suddividersi tra i condòmini.
È bene ricordare che nel caso di condominio parziale (es. condominio con più scale) le spese per interventi manutentivi di beni dai quali traggono utilità solamente alcuni condòmini, sono suddivise, in ragione dei criteri appena descritti, solamente tra i condòmini interessati.
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