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In tempi passati, ma nemmeno tanto, il riscaldamento centralizzato era un impianto presente molto di frequente nei condomini.
Continua a esserlo, anche se la legge n. 10 del 1991 per lungo tempo ne ha favorito la dismissione.
Risultato?
In tanti condomini esistono dei locali centrale termica dismessi.
Rispetto a questi vani, la domanda sorge spontanea:
Partiamo dalla nozione: stando al quadro delle definizioni uniformi allegate all'Intesa tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l'adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all'articolo 4, comma 1-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, il locale centrale termica va considerato un volume tecnico. Esso è definito come vano o spazio strettamente necessario a contenere e consentire l'accesso alle apparecchiature degli impianti tecnici al servizio dell'edificio (idrico, termico, di condizionamento e di climatizzazione, di sollevamento, elettrico, di sicurezza, telefonico, ecc.).
Il volume tecnico, una volta dismesso l'impianto resta tale, salva restando la possibilità di valutare, in ragione di dimensioni e posizionamento, una diversa destinazione oltre che fattuale anche e soprattutto urbanistico catastale.
È fondamentale che prima di ogni decisione circa la possibilità di utilizzare il vano centrale termica in modo differente, ci si assicuri che questa forma d'uso sia fattibile e si regolarizzi urbanisticamente e catastalmente la variazione.
L'assemblea, dottrina e giurisprudenza sono concordi sul punto, è l'organismo strutturale, naturale e insopprimibile nell'ambito della gestione condominiale. Anche il condominio minimo deve essere gestito dall'assemblea composta dai due partecipanti, solo urgenze o ricorso giudiziale per il caso di stallo.
È all'assemblea che spetta, in prima e in ultima istanza, assumere le decisioni sulle cose comuni, ivi comprese le modalità d'uso.
È all'assise condominiale che è attribuito per legge il potere principale di stabilire modalità e regole d'uso delle cose comuni, purché ciò non incida negativamente sui diritti dei condòmini.
Regolamentare l'uso, quindi, vuol dire predisporre una disciplina in favore di tutti e mai un divieto contro qualcuno.
L'assemblea, rispettando le indicazioni di legge, specie le misure di prevenzione incendi, può consentire l'uso come deposito, eventualmente vietando il deposito di specifici beni e materiali, ma non può impedire a uno specifico condòmino di farne quell'uso.
Le regole per l'utilizzazione del locale centrale termica possono essere dettate mediante una specifica decisione assembleare oppure mediante inserimento nel regolamento di uno o più articoli espressamente dedicate alle modalità d'uso di questo spazio condominiale.
E se i condòmini (uno o più d'uno è indifferente ai nostri fini) considerassero la delibera o le norme del regolamento illegittime?
Essi potrebbero impugnare quella decisione, previo esperimento del tentativo di mediazione; laddove si trattasse di delibera che incide sui diritti dei singoli, essa andrebbe considerata nulla e non annullabile, quindi non soggetta al termine di trenta giorni di cui all'art. 1137 c.c.
Come detto in precedenza, in prima istanza è l'assemblea a decidere sulle modalità d'uso del locale centrale termica. Un ruolo certamente non secondario, concorrente o suppletivo, e di responsabilità è posto in capo all'amministratore di condominio.
Il mandatario dei condòmini, in virtù di ciò che dispone l'art. 1130 c.c. è tenuto a:
Indicate queste prerogative e quindi responsabilità, ne discende che sia l'amministratore a:
Le decisioni dell'amministratore considerate illegittime possono essere contestate, giusta quanto disposto dell'art. 1133 c.c., con ricorso all'assemblea ovvero all'Autorità Giudiziaria, in tal caso previo esperimento del tentativo di mediazione.
Valutiamo, infine, ma solamente in termini di elencazione, l'ipotesi di uso individuale, cioè il diritto d'uso locali centrale termica dismessa che ciascun condòmino ha, indipendentemente o in concorso con le disposizioni collettive.
Il codice civile e non, pone in capo al condòmino uno specifico diritto d'uso di questo spazio comune, ma più in generale il diritto di utilizzare le cose comuni.
Il riferimento è l'art. 1102, primo comma, c.c., che recita:
ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine, può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
È una regola dettata in relazione alla comunione in generale, che trova applicazione pure per il condominio in quanto l'art. 1139 c.c. rimanda alle norme sulla comunione, se compatibili, per la regolamentazione degli aspetti non specificamente normati. A ben leggere, nessuna norma di cui agli artt. 1117-1139 c.c. specifica quali siano i diritti d'uso dei singoli rispetto alle cose comuni.
La Cassazione e dei giudici di merito (la giurisprudenza) l'hanno interpretata affermando che l'uso da parte del singolo, oltre ai limiti indicati espressamente dall'art. 1102 c.c., non deve nuocere alla sicurezza e alla stabilità dell'edificio, nonché alterare il decoro dello stabile.
Esempio: il locale centrale termica dismessa quasi sempre può essere utilizzato come deposito di materiali inerti; diverso il caso di materiali infiammabili, per ragioni connesse alla prevenzione degli incendi.
Gli usi considerati illegittimi possono essere contestati con diffida e in caso di perseveranza posti al vaglio dell'Autorità Giudiziaria al fine di ottenere la loro cessazione.
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