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Importante sentenza della Corte di Cassazione relativamente alle liti condominiali ed alla loro eccessiva durata.
Vediamo perché.
In Italia, in virtù dell'adesione alla Convezione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (recepita con l. n. 855/1948), ogni persona ha diritto ad una durata ragionevole del processo (civile o penale) che la vede coinvolta.
Ciò significa che il procedimento non può essere eccessivamente lungo.
Il mancato rispetto di questa norma ha come conseguenza per il soggetto interessato il diritto ad ottenere un ristoro del danno subito.
Sul punto è significativo l'art. 2 della l. n. 89/01 (c.d. legge Pinto che disciplina per l'appunto l'equo indennizzo nel caso di irragionevole durata del processo) secondo cui:
chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione.
Gli altri articoli della legge Pinto specificano:-qual è la forma della domanda da presentare;-chi è il giudice competente a decidere;
-quali siano i tempi da rispettare per non incorrere in decadenze.
Nel corso del tempo ci si è posti il problema d'individuare il soggetto legittimato ad agire per ottenere l'indennizzo.In effetti, l'eccessiva laconicità della legge (che si limita a dire chi ha subito un danno) non aiuta.
Se il danno è stato subito da una persona fisica (un privato cittadino per intendersi) il problema non si pone.
Allo stesso modo, la Cassazione ha esteso tale diritto alle così dette persone giuridiche (società di capitali, tipo s.p.a. o s.r.l., ma anche società di persone, come s.n.c. o s.a.s.).
Il problema non era stato ancora affrontato per il condominio.
Con la sentenza n. 22558 del 23 ottobre 2009, i Giudici di legittimità chiariscono (per quei casi in cui il condominio è parte in causa ed ha diritto al risarcimento) chi è il soggetto legittimato a chiedere il risarcimento del danno.
Secondo la Corte di Cassazione l'amministratore, salvo il caso di autorizzazione scritta da parte di tutti i condomini, non potrà agire per ottenere questo tipo di risarcimento.
Egli, infatti, è un mandatario dei condomini solo in relazione alla gestione e conservazione delle parti comuni dello stabile e non anche per altre questioni.
Non vi è dubbio, infatti, dice il Supremo Collegio, che il diritto all'equo indennizzo per la irragionevole durata di un processo non spetti all'ente condominiale che è proposto unicamente alla gestione della cosa comune in quanto l'eventuale patema d'animo conseguente alla pendenza del processo incide unicamente sui condomini che quindi sono titolari uti singuli del diritto di risarcimento (così Cass. 23 ottobre 2009, n. 22558).
In sostanza il diritto al risarcimento del danno è un diritto inerente la persona dei condomini e non le parti comuni dell'edificio dalle stesse abitato.
Ciò vuol dire che qualora l'amministratore agisse per questo indennizzo, autonomamente o sulla base di una semplice delibera adottata a maggioranza, si vedrebbe eccepire la carenza di legittimazione a stare in giudizio, ossia il giudice non potrebbe far altro che constatare che quel soggetto non aveva diritto d'iniziare la causa.
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