In un articolo pubblicato recentemente su questo blog ci siamo occupati delle conseguenze pratiche e giuridiche legate alla realizzazione di una veranda.Lo
In un
articolo pubblicato recentemente su questo blog ci siamo occupati delle conseguenze pratiche e giuridiche legate alla realizzazione di una veranda.Lo spunto c'è stato fornito da una sentenza della
Corte di Cassazione (la n. 15186 dello scorso 11 luglio), secondo la quale la chiusura del balcone non può in alcun modo menomare il diritto di veduta dei vicini del piano superiore.In quel caso la veranda ledeva il diritto di avere una veduta sul fondo del vicino,
diritto tutelato dall'art. 907 c.c.Nell'esporre le proprie difese la condomina, che nel giudizio d'appello era stata condannata alla demolizione del manufatto, affermò che la costruzione doveva ritenersi lecita in quanto, tra le altre cose, era stata l'assemblea a ritenerla tale per lo meno nei rapporti interni alla compagine.La
Cassazione, nella medesima sentenza succitata, ha ritenuto infondata quest'argomentazione sostenendo che l'assemblea, non avendo adottato alcuna decisione in merito alla veranda con il consenso di tutti i condomini, non poteva disporre a maggioranza dei diritti dei singoli condomini.Nel caso di specie, in sostanza,
l'adunanza non poteva decidere di derogare alle norme che tutelano il diritto di veduta.Ciò perchà,
si legge in sentenza,
le limitazioni al contenuto dei diritti di proprietà esclusiva spettanti ai singoli condomini - quali quelle consistenti nel divieto di dare alle singole unità immobiliari una o più destinazioni possibili, per l'utilità generale dell'intero edificio - introdotte con un regolamento di condominio approvato in assemblea, poichà generano dal lato passivo degli oneri reali incidendo sulla proprietà dei singoli, richiedono, a pena di nullità, l'unanimità dei consensi dei condomini e nel caso che taluno di essi si sia fatto rappresentare in assemblea è necessario che il conferimento del mandato risulti da atto scritto secondo la previsione di cui agli artt. 1392 e 1350 c.c. (Cass. n. 7630 del 1990).Infatti, le norme del regolamento condominiale che incidono sulla utilizzabilità e la destinazione delle parti dell'edificio di proprietà esclusiva, distinguendosi dalle norme regolamentari, che possono essere approvate dalla maggioranza dell'assemblea dei condomini, hanno carattere convenzionale e, se predisposte dall'originario proprietario dello stabile, debbono essere, pertanto, accettate dai condomini nei rispettivi atti di acquisto o con atti separati ; se deliberate, invece dall'assemblea, debbono essere approvate all'unanimità, dovendo, in mancanza, considerarsi nulle, perchà eccedenti i limiti dei poteri dell'assemblea (Cass. n. 4632 del 1994) (
Cass. 11 luglio 2011 n. 5186).
Sintetizzando: nell'ambito delle disposizioni che hanno ad oggetto la limitazione dei diritti individuali le delibere ed i regolamenti devono essere adottati con il consenso di tutti i condomini e non da una decisione adottata a maggioranza.Ciò perchà
l'assemblea è organo deputato alla gestione delle parti comuni dell'edificio e non anche a disporre dei diritti dei partecipanti alla compagine.