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È ormai noto che una buona prassi per mantenere lo stato di salute e la forma fisica dell'uomo è prestare attenzione a ciò che si mangia.
Ma la salute è condizionata anche da una serie di sostanze presenti nell'aria, che quotidianamente respiriamo.
Ed ora, sembra che sia importante prestare attenzione non solo al contenuto della dieta, ma anche agli elettrodomestici e agli accessori e le pentole che adoperiamo in cucina nella preparazione dei piatti.
Da alcuni anni ormai, non è raro leggere articoli che mettono in discussione le pentole e le padelle antiaderenti, a causa di una sostanza contenuta nei loro strati in fase di lavorazione, il PFOA.
A far scalpore e suscitare allarmi fra i consumatori era stato un comunicato, diffuso dal Codacons nel 2006 nel quale invitava a sequestrare 150 milioni di padelle al Teflon®.
In quell'occasione illustri studiosi come Franco Battaglia, docente di Chimica Ambientale all'Università di Modena e Gianni Fochi, docente di Chimica alla Scuola Normale Superiore di Pisa, chiarirono che gli allarmi erano frutto di un doppio abbaglio preso dal Codacons nell'interpretare un'iniziativa dell'Environmental Protection Agency (EPA) degli Stati Uniti.
Lo stesso Codacons riconobbe l'errore e tranquillizzò sulla vicenda, interrompendo ulteriori azioni e contribuendo al cessare delle preoccupazioni. L'allarme lanciato dalle autorità americane, riguardava infatti non il Teflon® del pentolame, ma un'altra sostanza, l'acido perfluoroottanoico (C7F15COOH) e i suoi sali, principalmente quello di ammonio.
Le considerazioni a cui l'America faceva riferimento riguardano qualunque polimero fluorato che, avendo utilizzato il PFOA come additivo, abbia subIto processi simili a quelli subìti dal Teflon® nel ricoprimento del pentolame.
L'acido perfluoroottanoico veniva usato diffusamente in molti ambiti come coating impermeabilizzante per tessuti, pellame, carta e nella cera per pavimenti, in quanto dà alle superfici trattate proprietà di oleorepellenza e idrofobicità. Veniva inoltre usato nell'etching (incisione) del vetro, come schiuma negli estintori e per l'impermeabilizzazione dell'abbigliamento sportivo (nomex, gore-tex).
Il suo sale perfluoroottanoato viene usato industrialmente nella polimerizzazione in emulsione per la produzione di polimeri perfluorurati. L'acido sarebbe infatti utilizzato anche come emulsionante durante la preparazione dello strato antiaderente delle pentole, quelle che scegliamo per la loro tipica caratteristica di non fare attaccare il cibo al tegame.
Alcuni studi, come quello condotto dall'Università di Exeter negli Stati Uniti, mettono in relazione il PFOA con il crescente insorgere di varie patologie alla tiroide, soprattutto tra le donne.
Altri rilievi accusano il PFOA di essere una sostanza cancerogena, a causa delle alte temperature che il pentolame in teflon raggiunge in fase di lavorazione.
Altroconsumo sostiene invece che pentole e padelle antiaderenti non contengano il PFOA e per questa ragione possano tranquillamente essere utilizzate.
L'utensile finito, ossia la padella antiaderente che usiamo in cucina, non provocherebbe alcun tipo di rischio per la salute umana, visto che l'eventuale problematica sarebbe relativa alla fase produttiva. In altre parole, il PFOA sarebbe soltanto un coadiuvante, non presente nella padella pronta all'uso.
Le persone a rischio, dunque, sarebbero eventualmente i lavoratori nelle fabbriche produttrici, non i consumatori finali.
Intanto l'EPA (l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente) aveva chiesto ai produttori di acido perfluoroctanoico, PFOA usato nella fabbricazione del teflon, di ridurne le emissioni già entro il 2010, per eliminarlo del tutto entro il 2015, l'anno corrente.
Anche secondo l'Istituto Superiore di Sanità l'utilizzo di pentole con rivestimento antiaderente non pone necessariamente il consumatore in contatto con il PFOA e l'EFSA, l'Autorità Europea per la Sicurezza dei Cibi, sostiene che un campione di materiale fluoropolimerico, ottenuto con i metodi utilizzati per fare il teflon, non contiene alcuna traccia significative di PFOA.
L'EFSA ha quindi concluso che l'esposizione dei consumatori al PFOA è trascurabile per questo tipo di oggetti. Sembrerebbe dunque, secondo queste fonti, che non esista una correlazione tra l'utilizzo di pentole in teflon usate ai fornelli e i danni alla salute umana.
Detto questo, e sventato l'allarme sulla pericolosità dell'uso di pentolame in Teflon®, è importante usare padelle e pentole antiaderenti con attenzione.
Gli esperti in proposito invitano a seguire alcuni basilari e facili consigli: non cucinare mai con padelle graffiate, evitare di usarle come bistecchiere, ossia per la cottura senza condimento, perché l'assenza di olii aumenterebbe la temperatura in pentola.
A temperature molto elevate, come si diceva, il Teflon® potrebbe rilasciare gas che è meglio evitare di assumere, proprio come il PFOA.
Ricordiamo inoltre che si può scegliere di cucinare gli alimenti in altri tipi di pentole.
Hanno un buon potere antiaderente, per esempio, i tegami di terracotta, resistenti anche a temperature molto alte.
La terracotta inoltre non contiene né metalli né altre sostanze tossiche.
Valide alternative sono inoltre la ceramica, quella atossica è considerata infatti un prodotto ecologico, il vetro pirex, specifico per la cottura in forno e il titanio, molto resistente e duraturo.
Oltre a queste soluzioni resistono sul mercato, come materiali per cucinare, il tradizionale acciaio inox e la pietra.Quest'ultima garantisce ottimi risultati di cottura anche in assenza di condimento aggiuntivo in pentola. La pietra, in questi anni, è diventata un riferimento molto apprezzato, perché considerata sana, pratica e ideale in cucina.
Sono infine diverse le tipologie di pietre sulle quali far cuocere gli alimenti.
La pietra ollare, conosciuta anche come steatite o pietra saponaria, è una roccia diffusa in Italia e nel mondo, dalla colorazione che vira dal grigio al verde. Usata sia per la cottura sulla brace che in padella, offre un risultato uniforme e mantiene il calore costante.
Anche altri tipi di pietra possono essere usati, come quella lavica, o la pietra refrattaria, particolarmente indicata per la cottura di pane e pizza.
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