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Dando una lettura al dizionario della lingua italiana, si apprende che il sottotetto è l'ambiente di un edificio compreso tra l'ultimo solaio piano e il tetto: lo stesso che soffitta e, talora, sinonimo di mansarda (ma solo quando sia abitato) (cfr. Dizionario Treccani on-line).
Dello stesso avviso la dottrina e la giurisprudenza che hanno fornito una definizione tecnico giuridica di questa parte dell'edificio.
Il problema che spesso ci si è posti riguarda la proprietà di questa parte dello stabile: vedremo qui di seguito come lo stesso è stato affrontato e risolto dalla giurisprudenza – in assenza di specifiche indicazioni normative – e come il Legislatore, intervenendo per modificare le norme, pur inserendo il sottotetto nel novero delle parti comuni non sia stato di grande aiuto.
Vediamo perché.
Se l'edificio è di proprietà di una sola persona nulla quaestio: anche il sottotetto è di sua proprietà.
Stesso discorso se l'intero stabile è in comunione tra due o più persone.
E se, invece, l'edificio è in condominio?
Di chi è il sottotetto?
Di uno dei condomini?
O si può parlare di proprietà condominiale di questa parte di edificio?
Al riguardo è utile evidenziare che prima dell'entrata in vigore della così detta riforma del condominio (l. n. 220/2012) era inutile cercare una risposta nelle norme codicistiche: nessuna traccia, nemmeno indiretta, della soluzione: insomma, per dirla più chiaramente: l'art. 1117 c.c., che è poi, quello che contiene l'elencazione delle parti comuni di un edificio in condominio, non citava il sottotetto.
La situazione è formalmente cambiata dopo il 18 giugno 2013 – data di entrata in vigore della legge n. 220 del 2012 – ma nella sostanza a ben poco è servita l'aggiunta nell'art. 1117 c.c. del riferimento al sottotetto; ma facciamo un passo indietro anche per meglio comprendere l'attuale situazione. Chiaramente il nostro excursus riguarda quelle ipotesi in cui gli atti d'acquisto o il regolamento contrattuale non dicano nulla in merito al sottotetto, perché invece se la proprietà di questa porzione di edificio è individuata in questi atti, nulla quaestio.
La giurisprudenza e com'essa la dottrina – che per anni si sono cimentate sulla questione del sottotetto in condominio e della sua proprietà – affermano, ormai da lungo tempo, che le parti di proprietà condominiale non sono solamente quelle indicate dalla norma succitata: insomma l'art. 1117 c.c. contiene un'elencazione meramente esemplificativa dei beni soggetti al regime del condominio.
La condominialità di una parte dello stabile, se non esclusa dagli atti d'acquisto, può essere determinata in ragione della sua destinazione: in pratica se il bene è funzionale al godimento delle porzioni di piano di proprietà esclusiva potrà dirsi in proprietà condominiale.
Questo ragionamento di carattere generale è stato riproposto anche con riferimento al sottotetto.
Si legge in una pronuncia resa dalla Suprema Corte di Cassazione pochi mesi prima dell'approvazione della legge n. 220 del 2012 che l'appartenenza del sottotetto di un edificio deve essere valutata innanzitutto in base al titolo (cioè atti d'acquisto, in particolare modo il primo atto con cui è stata ceduta la prima unità immobiliare del condominio, e regolamento di natura contrattuale); in mancanza di riferimenti in questi documenti, poiché il sottotetto non era compreso nei novero delle parti comuni dell'edificio essenziali per la sua esistenza o necessarie all'uso comune, la presunzione di comunione ex art. 1117 c.c. veniva considerata applicabile solo nel caso in cui il vano di cui trattiamo risultasse, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato all'uso comune oppure all'esercizio di un servizio di interesse condominiale (condizione, questa, che la Corte territoriale ha escluso, essendo, invece, pervenuta, sulla scorta dei riscontri oggettivamente rilevati e valorizzati, alla conclusione dell'appartenenza all'immobile oggetto di aggiudicazione) (Cass. ord. 23 luglio 2012, n. 12840).
In definitiva: il sottotetto può essere condominiale e la valutazione di questa circostanza, nel silenzio degli atti d'acquisto, dev'essere svolta caso per caso.
La legge n. 220 del 2012 ha novellato l'art. 1117 del codice civile inserendo al suo interno uno specifico riferimento al sottotetto. Nonostante ciò non si può dire che la situazione sia cambiata. Vediamo perché.
L'attuale art. 1117 c.c. pur menzionando il sottotetto, specifica che è da considerarsi parte comune – salvo diversa indicazione del titolo – quando è destinato, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune.
Niente di diverso rispetto a quanto affermava la giurisprudenza.
La problematica connessa a questa menzione sostanzialmente conforme all'elaborazione giurisprudenziale degli anni precedenti, sta nella necessità di svolgere sempre e comunque un accertamento che, invece, non è richiesto per le altre parti comuni o meglio che per le altre cose menzionate dalla norma si dà per presupposto (quella che più o meno impropriamente viene definita presunzione di condominialità). Un esempio, al solito, aiuterà a comprendere meglio la situazione.
Guardiamo alle scale: esse sono di proprietà comune, salvo diversa indicazione nel titolo. Esse anche se la condominialità non è esclusa dal titolo, possono comunque essere considerate non comuni se la loro destinazione non fosse funzionale al miglior godimento delle unità immobiliari, insomma, se dovesse loro mancare la condominialità.
Questo accertamento dovrebbe essere portato avanti da chi ne ha interesse e fino ad allora, nel silenzio del titolo ed in ragione del disposto dell'art. 1117 c.c., dovremmo considerare le scale di proprietà comune. L'accertamento servirebbe a stabilire che non lo sono mai state.
Così non è per i sottotetti: questi, dice la norma in esame, vanno considerati parti comuni se destinati per caratteristiche strutturali e funzionali all'uso comune.
La norma, così come posta, parrebbe indicare che tale verifica debba essere svolta ogni volta prima di poter dire che il sottotetto è comune e che non sia da darsi per presupposta come avviene – ad esempio – per le scale.
È chiaro che nel dubbio sulla proprietà ed in assenza di unanime concordia tra i condòmini, tale accertamento spetti all'Autorità Giudiziaria.
Appurata – nei vari modi testé indicati – la proprietà del sottotetto è utile un cenno alle spese necessarie per la sua conservazione e sua utilizzazione.
In quanto parte comune, anche il sottotetto dovrà essere manutenuto e gestito dai comproprietari in ragione della loro quota di partecipazione espressa dai millesimi di proprietà, oppure nella differente misura concordata nell'accordo tra tutti quanti (art. 1123 c.c.).
Quanto all'uso, molto dipende dalla effettiva destinata che verrà accertata. Vi potranno essere allocate parti d'impianti tecnologici o essere adibito a zona deposito oppure ancora non essere utilizzato in nessuno di questi modi a seconda della sua conformazione e, quindi, della sua reale destinazione anche nel novero delle parti comuni.
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