La legittimazione attiva del singolo condomino non si deve sempre interfacciare con la necessità di citare in giudizio tutti i suoi vicini in condominio.
Quali sono i limiti della legittimazione attiva del singolo condomino ed in che modo si correla con il litisconsorzio?
Proviamo a spiegarci meglio, insomma fuori dal linguaggio giuridico.
Che cosa accade se un condomino, o un soggetto estraneo alla compagine, pretende di essere proprietario esclusivo di una parte comune e l'assemblea o l'amministratore decidono di non far nulla?
Il rischio - in assenza di atti di tolleranza, ossia di un comportamento dal quale si evinca che quella condotta è accettata per quieto vivere - è che chi si proclama unico proprietario lo divenga grazie all'usucapione di quella parte dell'edificio.
In questo contesto, l'azione giudiziaria tesa a eliminare questa evenienza è il così detto accertamento negativo, vale a dire agire per ottenere una pronuncia che escluda che la proprietà sia solamente di un'unica persona.
Se il condominio non fa nulla, allora ogni condomino, singolarmente considerato, può agire contro l'usurpatore.
Ciò senza che sia necessario chiamare in causa tutti gli altri partecipanti al condominio.
Il perché di quest'affermazione è stato spiegato chiaramente dal Tribunale di Modena in una sentenza resa lo scorso 14 giugno.
Si legge nella decisione del giudice emiliano, che ciascun proprietario, in quanto titolare di un diritto che investe l'intera cosa comune, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, è legittimato ad agire o resistere in giudizio, anche senza il consenso degli altri, per la tutela della cosa comune, nei confronti dei terzi o di un singolo condomino.
In particolare, per quanto riguarda le azioni di accertamento negativo, e in particolare la domanda volta all'accertamento della invalidità di un atto compiuto in pregiudizio della cosa comune, la pronuncia non incide con effetti costitutivi sui diritti reali dei condomini, ma rimuove un titolo invalido, e quindi non deve essere pronunciata nei confronti di tutti i comproprietari.
La giurisprudenza ha espresso sul punto principi consolidati:
L'azione diretta all'accertamento del diritto di proprietà dell'attore ed al conseguenza obbligo di rilascio di un immobile da parte del convenuto non dà luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio necessario, ancorché l'esecuzione della relativa pronunzia giudiziale possa essere poi ostacolata dall'eventuale opposizione di altri interessati, rimasti estranei al processo.
La pronunzia, infatti, non può ritenersi inutiliter data, essendo essa idonea a produrre i suoi effetti e, in particolare, quello di escludere per intanto dal compossesso la parte convenuta in giudizio (Cass. II, 9/2/95, n. 1454);
Il diritto di ciascun condomino ha per oggetto la cosa comune intesa nella sua interezza, pur se entro i limiti dei concorrenti diritti altrui, con la conseguenza che egli può legittimamente proporre le azioni reali a difesa della proprietà comune senza che si renda necessaria la integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini" (Cass. II, 6/10/05, n. 19460);
Ai sensi dell'art. 1131, comma 2, cc, la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio sussiste, senza alcuna limitazione ed estendendosi anche in ordine alla interposizione d'ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario, per qualsiasi azione, anche di natura reale, promossa da terzi (od anche dal singolo condomino) relativamente alle parti comuni dell'edificio, avendo in tal caso l'amministratore il solo obbligo, di mera rilevanza in tema e non incidente sui suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire all'assemblea, con la conseguenza che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini (Cass. II, 10/11/10, n. 22886)
L'azione di rivendicazione, non inerendo ad un rapporto giuridico plurisoggettivo unico ed inscindibile e non tendendo ad una pronuncia con effetti costitutivi, non introduce un'ipotesi di litisconsorzio necessario, con la conseguenza che essa può essere esercitata anche da uno solo o da taluni dei proprietari (Cass. VI, 13/1/11, n. 685) (così Trib. Modena 14 giugno, n. 953).
Insomma ognuno è libero di difendere la proprietà comune senza dover chiamare in causa i propri vicini.