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In commercio la trovate in finissime scaglie di un colore bruno dorato più o meno intenso, dall'inconfondibile sapore antico, che non può non riportarvi alla memoria i celebri violini di Stradivari.
Parlo della gommalacca, finitura per eccellenza di legni ai quali si desidera dare un calore e una luminosità senza tempo, che sa resistere senza paura alla mutevole alternanza delle mode e non disdegna ardite collocazioni in abbinamento a mobili e finiture di carattere contemporaneo.
Disciolta in un capiente recipiente di vetro (più affidabile delle bottiglie in PET che alcuni utilizzano), con la giusta quantità di alcool di gradazione maggiore di 94°, può essere applicata con un tampone in lana, lino e cotone sulla superficie da trattare; alcuni restauratori suggeriscono l'uso di un pezzetto di ovatta racchiuso all'interno di un sacchetto di cotone.
Lo strumento applicatore rudimentale così ottenuto è detto anche stoppaccio perché può anche essere riempito di stoppa ed è comunque sempre chiuso da un legaccio,
Quel che è certo è che tutta l'operazione di lucidatura richiede tempo e pazienza, come asserisce il Maestro Carlo Ferrari di Arte Del Restauro perché, come insegnano i più esperti e anziani artigiani, nulla è più estraneo al processo che la velocità con la quale siamo abituati ad ottenere, belli e finiti, gli oggetti di produzione industriale.
Non penso che guasti qualche accenno all'origine della gommalacca, definita da più voci plastica naturale per la somiglianza della sua struttura di polimero naturale con i vicini parenti sintetici.
La sua origine è da ricercare lontano, nel subcontinente indiano e nelle regioni ad esso limitrofe.
Il suo minuscolo e instancabile produttore è un piccolo insetto della famiglia delle cocciniglie, ben note e particolarmente funeste per chi si occupa di giardinaggio e di coltivazione di piante in casa.
La sua secrezione di colore rosso scuro funziona come una sorta di scudo denso e vischioso che l'insetto utilizza per proteggersi dalle aggressioni esterne e per ancorarsi saldamente alla corteccia dell'albero che lo ospita.
Anche se la genesi e le caratteristiche sono in realtà molto diverse, viene naturale pensare ad una somiglianza con l'ambra (che è una resina fossile), in particolare per la presenza di inclusioni che pian piano vengono inglobate nel materiale e che ne intaccano la purezza.
Parti vegetali e residui dello stesso insetto si trovano inevitabilmente inglobati nella gommalacca che, prima di poter essere utilizzata nella forma che conosciamo, deve essere lavata e purificata.
Borma Wachs produce gommalacca in scaglie pura donando alle superfici un particolare effetto di brillantezza, asciutto e vellutato al tocco, evidenziando le venature del legno, dando un piacevole effetto estetico.
In passato, prima della diffusione a vasta scala dell'anilina, il prodotto derivante dal primo lavaggio veniva addirittura usato come tintura e aveva un rilevante valore commerciale.
L'uso della gommalacca per il trattamento di finitura di superfici in legno è relativamente più recente e prevede delle fasi lavorative ben precise, caratterizzate da specifiche ricette calibrate in funzione dell'ottenimento del miglior risultato finale.
Per ottenere un mobile lucidato a specchio, in cui le venature siano ben evidenti, sebbene ammorbidite dalla lucentezza e uniformità dell'ultimo strato che le riveste, i passi fondamentali da seguire sono essenzialmente tre.
Prima di accanirsi sul vecchio mobile della nonna, accertatone il valore, consiglio comunque di effettuare qualche prova su legnaccio di seconda scelta, al fine di evitare danni irreparabili e la perdita di importanti testimonianze della nostra eredità familiare.
La prima operazione è la cosiddetta pomiciatura o sbozzatura, che ha come obiettivo la chiusura dei pori che caratterizzano la superficie del legno, specie se nuovo e integrato a parti già trattate.
Il riempimento delle imperfezioni avviene tramite una polvere finissima di pomice, di grana doppio zero come una comune farina, contenuto all'interno di un tampone / filtro che serve a spolverare la superficie con il giusto quantitativo di prodotto.
Dopo aver distribuito la pomice sarà necessario procurarsi un secondo tampone da bagnare in una soluzione molto leggera di 100 grammi di gommalacca diluiti in 2 litri di alcol.
Oltre che alle dosi, però, occorre porre molta attenzione a come si effettua il trattamento. I movimenti del braccio e della mano sopra la superficie in legno devono essere ampi, decisi e circolari e il corpo deve accompagnarli dolcemente.
Al tampone deve essere impressa molta forza in modo che la gommalacca che lo imbeve riesca a catturare i granelli di pomice e a farli penetrare in profondità nei pori.
Se, nell'eseguire il trattamento, si rileva una certa resistenza allo scorrimento, è opportuno procedere con alcune passate di gommalacca molto diluita, senza la preventiva spolveratura di pomice.
Bisogna infatti prevenire la formazione di scie biancastre e di zone meno omogenee di altre.
Non è possibile indicare un numero di mani predefinito per questa fase iniziale; queste dipendono dalla natura del legno da trattare e dal suo stato di conservazione.
Il risultato finale deve essere una superficie perfettamente liscia, le cui imperfezioni siano invisibili anche controluce con illuminazione radente.
Chiusa la pomiciatura si può procedere con la lucidatura vera e propria, tanto più delicata quando eseguita da non esperti. L'ingrediente principale, qui, oltre alla miscela più concentrata di gommalacca, è la mano sicura dell'artigiano, che sa compiere gesti veloci e precisi ed evita le cosiddette bruciature (passaggi su gommalacca non ancora asciutta che causano imperfezioni difficili da correggere).
Il tampone, ben bagnato ma non gocciolante, va passato in più mani (da eseguire a distanza di un giorno una dall'altra) seguendo di volta in volta direzioni diverse, per evitare che le modalità dell'intervento siano visibili in superficie a trattamento concluso.
Alcuni consigliano di alternare, ad ogni passata, movimenti lineari a movimenti circolari e addirittura a otto, avendo cura di non soffermarsi al centro del piano quando ci si accorge che il tampone è scarico.
In quel caso è preferibile avvicinarlo velocemente al bordo, concludendo il movimento e uscendo rapidamente e lateralmente dalla superficie.
Passando da una mano di finitura a quella successiva è opportuno diminuire progressivamente la concentrazione della gommalacca, arrivando a una soluzione analoga a quella utilizzata in fase di pomiciatura e adatta a completare il lavoro con la brillantatura finale.
Quest'ultima fase ha il compito di eliminare ogni imperfezione della lavorazione e di dare la superficie lucidata a specchio come desiderato.
Sembra quasi inutile specificarlo, ma cimentarsi con lavori del genere è molto più che un hobby.
Prima di procedere, consiglio di documentarsi accuratamente sul comportamento dei diversi materiali e strumenti che andremo a impiegare e, se possibile, di osservare il procedimento eseguito da mani più esperte delle nostre.
A titolo informativo (con funzione antipanico!): se procurate delle bruciature sulla superficie (nell'accezione spiegata qualche riga sopra), potete correggerle in extremis con una spugnetta di lana d'acciaio a grana molto fine, passandola delicatamente sulla superficie.
Il problema sarà però che perderete qualche mano di finitura e che, almeno in parte, dovrete ricominciare daccapo.
La gommalacca può anche essere impiegata in tecniche miste di lucidatura di legno.
In questi casi è possibile utilizzarla in combinazione con la cera (per l'ultimo strato di finitura) o con l'olio (come coadiuvante nel trattamento turapori).
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