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Non incorre nel vizio di ultrapetizione la sentenza che decida che la delibera condominiale è annullabile anziché, come affermato nella domanda introduttiva del giudizio, nulla o, viceversa, se però il deciso si basa sulle ragioni giuridiche prospettate nella stessa domanda.
Lo ha stabilito la sentenza della Corte di Cassazione n. 19800/2014.
La decisione è di rilievo, perché rasserena i pensieri di chi deve decidere per quale vizio, se nullità o annullabilità, contestare una delibera condominiale.
Andiamo per ordine.
Ai sensi dell'art. 1421 c.c. il giudice può rilevare d'ufficio la nullità di un contratto.
Inoltre, ai sensi dell'art.113, c.p.c., co.1, nel pronunciare sulla causa il giudice deve decidere secondo diritto; la norma recepisce il brocardo iura novit curia (il giudice conosce il diritto) per il quale il giudice è tenuto ad individuare la norma o le norme giuridiche applicabili alla controversia, indipendentemente dalle qualificazioni giuridiche offerte dalle parti.
Nel decidere secondo diritto il giudice deve però rispettare i limiti dati dall'art. 112 c.p.c., che vuole che egli risponda a tutto il chiesto e non oltre di esso: trattasi della cosiddetta corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Inoltre, egli non può pronunciare d'ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti.
Ciò nel rispetto del principio della domanda e del potere dispositivo delle parti all'interno del nostro processo.
In che rapporto sono i due valori espressi dagli articoli 112 e 113? Si riporta il testo di una delle tante sentenze espressesi: in materia di procedimento civile, sussiste vizio di ultra o extra petizione ex art. 112 c.p.c., quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato. Tale principio va peraltro posto in immediata correlazione con il principio iura novit curia di cui all'art. 113 c.p.c., comma 1, rimanendo pertanto sempre salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonché all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. (Cass. n. 25140/2010).
L'attività del giudice si deve quindi orientare tra questi due principi, la cui applicazione pratica non sempre è semplice; non è cioè sempre agevole comprendere se una determinata sentenza è stata emessa nell'esercizio corretto della qualificazione giuridica o sconfinando i paletti di cui all'art. 112.
Ecco perché la casistica giurisprudenziale soccorre in aiuto nell'eliminare i dubbi nei casi specifici. Ed ecco l'utilità della sentenza in esame, peraltro in una materia dove non sempre per l'interprete è agevole discernere tra nullità e annullabilità.
Allora, rientra nei poteri del giudice ai sensi dell'art. 1421 quello di rilevare d'ufficio la nullità di un contratto.
D'altronde, come sappiamo, i vizi delle delibere condominiali sono riconducibili alla nullità, che si può far valere in ogni tempo, oppure all'annullabilità, da far valere entro 30 giorni dall'approvazione dell'assemblea o dalla ricezione del verbale di assemblea, per gli assenti.
Il quesito di diritto cui ha risposto il Giudice di Legittimità in questo caso era: dica codesta Ecc.ma Corte se nullità e annullabilità delle delibere assembleari del Condominio siano forme di invalidità nettamente distinte e se, pertanto, debba escludersi che l'una azione sia compresa nell'altra e, conseguentemente, se proposta dalla parte esclusivamente l'azione di nullità, il Giudice che dichiari l'annullamento della delibera assembleare esorbiti dai suoi poteri. In buona sostanza, secondo l'appellante il giudice dell'appello aveva errato nel rilevare l'annullabilità della delibera quando la parte ne aveva chiesto la nullità, in ciò violando, appunto, l'art. 112 c.p.c.
La risposta della Corte è stata negativa, entro determinati parametri: secondo la Corte non incorre nel cosiddetto vizio di ultrapetizione, pertanto non sarà fondatamete impugnabile, la sentenza che decida in tal senso, se però accolga la domanda sulla base delle ragioni esposte dalla parte.
Così si afferma: se è vero, infatti, che alle delibere condominiali si applica il principio dettato in materia di contratti, secondo cui il potere attribuito al giudice dall'art. 1421 cod. civ. di rilevarne d'ufficio la nullità deve necessariamente coordinarsi con il principio della domanda ex art. 112 cod. proc. civ., sicchè il giudice non può dichiarare d'ufficio la nullità della delibera sulla base di ragioni diverse da quelle originariamente poste dalla parte a fondamento della relativa impugnazione (Cass. n. 13732 del 2005; Cass. n. 4973 del 2007), è altresì vero che, nella specie, il Tribunale, prima, e la Corte d'appello, poi, non hanno accolto una domanda diversa da quella proposta dalla odierna resistente, ma si sono limitati ad attribuire alle deduzioni della parte il loro significato giuridico, nel senso che le ragioni per le quali veniva chiesta la dichiarazione di nullità della delibera assembleare rientravano appieno nella azione di annullamento.
D'altra parte, soggiunge la Corte, le innumerevoli sentenze emesse in fatto di nullità e annullabilità delle delibere condominiali individuano una casistica che è d'ausilio al giudicante e nel caso di specie, secondo la giurisprudenza richiamata, è certamente annullabile e non nulla la delibera condominiale impugnata per mancanza di giustificativi sulle voci di bilancio riguardanti la quota supercondominiale di pulizia del palazzo e le spese bancarie.
I risvolti pratici della decisione non sono da poco se si pensa che se al contrario il giudice avesse rigettato la domanda perché annullabile, ma non nulla, come invece chiesto dalla parte, il rigetto della domanda avrebbe precluso l'impugnativa, essendo trascorso il termine di 30 giorni previsto per le delibere annullabili.
Ad ogni modo, per evitare ogni rischio, la scelta più pratica è quella di far valere contestualmente sia il vizio di nullità che quello di annullabilità.
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